I racconti di Davide TrentarossiMagazineStoria e Cultura

La strada che non ho preso – giorno 2: il dongiovanni

SABATO 24 DICEMBRE<il dongiovanni> Questa mattina ero in centro a Milano per gli ultimi acquisti natalizi. Ora, rientrando verso casa, sono di nuovo alla Stazione di Porta Garibaldi, ad attendere il suburbano per Treviglio. Un po’ meno gente del solito, ma i ritardi sono gli stessi degli altri giorni dell’anno. Ho percorso quasi tutta la banchina, scrutando i volti dei miei compagni di viaggio: chi immerso nella musica, chi a parlare al telefono, chi ancora a guardare la marea di video e news che ci invadono in ogni momento della giornata. Forse sto invecchiando, ma mi viene da pensare che non ci si guarda più negli occhi: siamo costantemente incollati allo schermo dei nostri smartphone, che non ci vediamo più l’uno con l’altro. Mi fermo, quasi in testa al treno che è un po’ meno affollato: non molto, ma magari riesco a sedermi. E poi, carina la ragazza qui a fianco. I lunghi capelli biondi che le scendono da sotto quel buffo cappello di lana; un paio di occhiali innocenti non può nascondere due splendidi occhi azzurri che ti catturano senza lasciarti scampo. Lo sguardo, non riesco a comprendere se triste o semplicemente assorto nei suoi pensieri: i suoi occhi hanno incrociato i miei, ma non credo mi abbia visto. Dai che magari son fortunato e troviamo posto a sedere uno di fronte all’altra. Ecco il nostro treno, saliamo.

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Un solo posto libero: glielo lascio. Era l’ultimo prima del corridoio che unisce due carrozze; poco male: visto che devo stare in piedi, perchè non mettersi qui ed osservarla? Entrambi avevamo visto lo stesso posto libero; quando le ho fatto segno di sedersi, mi ha sorriso e per un istante il suo viso si è come illuminato, ma poi è tornato nella tristezza di prima. Ehi ma… e chi è questo tizio che si è messo in piedi accanto a me. Ha un aria molto familiare e anche lui ha notato la ragazza. Il treno intanto riparte. Quella familiarità che avevo visto inizialmente è più una somiglianza: a tratti mi sembra di vedermi allo specchio, magari con qualche anno di meno, ma sono io. Ora ha tirato fuori un piccolo foglietto e una penna: si è voltato dall’altra parte per non farsi vedere. Chissà cosa sta scrivendo. Lo confesso, normalmente non sono una persona curiosa di ciò che fanno gli altri, ma sui mezzi pubblici è più forte di me, la mia attenzione ricade inesorabilmente su ciò che i miei compagni di viaggio stanno guardando. Non ne vado fiero, ma non posso farci nulla.

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Ora il treno sta rallentando, mentre entra in stazione a Repubblica. Il mio vicino mi passa davanti, dirigendosi verso la porta. Passa accanto alla ragazza di prima e… ehi, ma che fa? Si china facendo finta di raccogliere qualcosa…è il foglietto che stava scrivendo prima! Lo dà alla ragazza: “Credo le sia caduto.” Lei rimane un secondo sbigottita: sa benissimo che non è suo, ma non ha il tempo di reagire. Il mio vicino ha calcolato i tempi alla perfezione: è sceso, le porte si sono richiuse e il treno sta ripartendo. La ragazza apre il biglietto e lo legge. Un sorriso, di nuovo, sulle sue labbra; questa volta però è forse meno evidente del precedente, ma certamente più intenso ed emozionato. Cosa le avrà scritto quell’uomo? La fortuna sembra aver girato dalla mia parte: il posto accanto a lei si è liberato e mi posso sedere. Lei continua ad aprire il foglietto per leggere il messaggio dello sconosciuto, poi lo richiude, quasi imbarazzata. Lo apre, sorride e lo richiude. Lo confesso, sono colpevole: la curiosità è troppo forte. Lo leggo anche io. Recita, più o meno, così: «Nei tuoi occhi ho visto la bellezza dell’universo. La notte di Natale, se anche tu mi vorrai conoscere, mi troverai in piazza del Duomo.»

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la scala Rho b&b

Non ci credo! Come può non pensare di essere scambiato per un maniaco, un serial killer? Non nego che anche a me sia passata per la testa l’idea di attaccare bottone con questa ragazza, ma il dubbio o, peggio, la paura di essere scambiato per qualcuno che non sono mi ha impedito di farlo. O, forse, era semplicemente l’imbarazzo e la vergogna per un eventuale rifiuto, magari pure pubblico. Non lo so e, probabilmente, non lo saprò mai, ma la ragazza sembra non essere rimasta indifferente a quel messaggio. Se devo giudicare dallo sguardo, da come tiene quel bigliettino con cura, quasi con amore, mi viene da dire che il pensiero del maniaco stia solo nella mia testa. Magari sta anche pensando di presentarsi all’appuntamento. Si piaceranno? Nascerà una storia d’amore? O sarà semplicemente un caffè? O, forse, entrambe le cose: sarà un semplice caffè e sarà anche la storia d’amore più bella che avranno mai vissuto. Come diceva quel film di qualche anno fa: «Niente avrebbe potuto essere più bello di così!» ?

Siamo ormai a Porta Venezia: è la mia fermata e devo scendere. Da spettatore esterno, continuo a ripensare agli effetti che quel semplice bigliettino ha avuto su di lei. Forse è solo un film che mi sto facendo, ma sembrava averle fatto dimenticare, almeno per un attimo, la tristezza che aveva nello sguardo. Ora, magari, lo avrà anche buttato e quell’uomo sarà ormai niente più di un ricordo sbiadito, ma per un istante, qualcosa è cambiato in lei. Del resto, che ne so io di lei: nulla! Solo che aveva lo sguardo triste e che le nostre esistenze si sono incrociate per lo spazio di alcune fermate di un treno. E, nonostante tutto, non posso fare a meno di pensare a me stesso. Quell’uomo mi somigliava tantissimo; non fosse stato per l’età, avrei detto che eravamo due gocce d’acqua e, non nego che l’idea del bigliettino mi aveva più che sfiorato. Io, però, non avrei mai potuto farlo! Troppi pensieri sulle conseguenze! Eppure, quell’uomo non era uno sconosciuto, non poteva esserlo. Se credessi alla teoria degli universi paralleli, avrei detto che fosse un altro me, che in passato ha fatto scelte diverse, o, meglio, che ha messo a tacere alcune voci interiori per lasciare più spazio all’istinto. Direi che quell’uomo, altri non era che una strada che non ho preso…

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Non perdetevi domani il finale di questa storia

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Davide Trentarossi

Nato a Milano, l’8 maggio… di qualche anno fa, ma cresciuto in provincia. Ho scoperto molto tardi la passione per la scrittura. Sono laureato in Ingegneria Informatica. Amo viaggiare, e questo mi ha portato a lavorare in giro per il mondo. Molti aeroporti sono stati il mio “Second Office”. Dall’Australia al Sud America, da Mosca a Miami, oltre all’Europa. Amo viaggiare leggero: nel mio trolley il computer su cui appuntare le idee per un nuovo libro, l’inseparabile smartphone, per restare connesso al resto del mondo e un paio di cuffie per ascoltare la musica, un’altra grande passione. Visita la mia pagina su Amazon: https://www.amazon.it/Davide-Trentarossi/e/B081QT913W/

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