Quand’è che la fantascienza anticipa davvero la realtà?
In che consiste la cosiddetta comunicazione terapeutica? Vi siete mai chiesti se le parole possono guarire? Secondo lo scrittore e sociologo Paul Watzlawick, autore del volume intitolato il linguaggio del cambiamento, guarire con le parole è possibile. Di diverso avviso invece lo scrittore beat statunitense William S. Burroughs, il quale tra deliri e momenti di lucidità, aveva ipotizzato una stravagante teoria, per cui le parole e il linguaggio costituissero più che una forma e un veicolo di comunicazione, funzionale per la nostra società, una sorta di virus da cui liberarsi.
Naturalmente questo punto di vista venne considerato ai tempi (si parla di una tesi elaborata a cavallo tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, del secolo scorso) come un qualcosa di inusuale e non valido a livello scientifico, né sociologico. Con il passare del tempo però anche questi scrittori, definiti ai tempi come anticonformisti, divennero oggetto di culto e di studio, visto che erano stati capaci con il loro pensiero di anticipare e di precorrere i tempi.
Case study: Burroughs e gli altri profeti della narrativa apocalittica
Sotto questo punto di vista Burroughs pur essendo legato al movimento Beat, con cui condivise alcuni tratti salienti e una certa propensione per la musica rock, il cinema e la video-arte, oltre che per i reading improvvisati, viene spesso associato alla narrativa di stampo fantascientifico e distopico. Ritenuti in alcuni casi come una sorta di caposcuola, il cui movimenti include altri autori di culto come James Ballard, conosciuto al grande pubblico per le trasposizioni filmiche di Crash (David Cronenberg) e soprattutto de L’impero del sole (Steven Spielberg) David Foster Wallace, Philip K. Dick e William Gibson.
Questi autori hanno in comune un certo pessimismo per la tecnologia, per la società industrializzata e postindustriale, per quello che viene considerato il progresso e l’avanzamento tecnologico. Nel testo La mostra delle atrocità l’inglese James Ballard esplora gli aspetti più cupi e claustrofobici della società dei consumi, evidenziando le falle di un sistema mendace che tende a opprimere i bisogni fondamentali dell’individuo.
Da Dick a Gibson: prende vita il filone del cyberpunk.
Si tratta di scrittori e sociologi che avevano sperimentato il consumo di droghe e sostanze lisergiche, per espandere i propri confini e dare sfogo alla loro creatività. Philip K. Dick e William Gibson, sono giustamente considerati come gli autori più rappresentativi del filone noto come cyberpunk. Dick in alcuni dei suoi romanzi getta le basi per questo tipo di discorso, legato alla tecnologia e a un mondo dove le risorse alimentari e il clima vengono portati al collasso. Gibson da par suo esplora alcuni aspetti legati alla rete internet, in un momento dove la tecnologia non era ancora stata perfezionata e resa di pubblico dominio. In molti casi questi autori si sono affidati alla loro inventiva, alla creatività per immaginare scenari e mondi verosimili, un po’ come avevano fatto in passato autori come Wells e Verne, su tutti.
Infinity Jest di David Foster Wallace
David Foster Wallace in uno dei suoi romanzi più celebri, Infinity Jest, parla di un format televisivo che ha degli effetti deleteri sugli individui che lo visionano. In anticipo rispetto al fenomeno odierno dello streaming video e quindi del fenomeno delle maratone binge watching, ma anche avanti rispetto al concetto stesso di cloud gaming, con cui oggi l’industria dei videogames inizia a fare i conti. Foster Wallace, che pubblicò il romanzo nel 1996 ebbe però un vantaggio non indifferente verso i vari Gibson, Ballard, Burroughs e via dicendo, dato che in quel momento Internet stava già muovendo i primi passi e le comunità virtuali, seppur a livello embrionale, erano già in fase di creazione.
Tuttavia l’idea che sta alla base di questo voluminoso libro di oltre 1100 pagine nella sua prima integrale versione, sembra trarre spunto da un film di culto come Videodrome di David Cronenberg. Ispirato sulle letture di Marshall McLuhan, il film racconta di una faida tra un autore televisivo e il fenomeno emergente dei cosiddetti snuff movie. Il regista canadese, associato al movimento del New Horror di Romero, Wes Craven e John Carpenter in uno dei suoi film degli anni novanta si concentra proprio sul fenomeno dei giochi da console.
Il film si chiama eXistenZ e uscì lo stesso anno del primo Matrix. Oggi è un titolo di culto visto che anticipa il fenomeno della dipendenza da videogames di cui sempre più persone vengono colpite. Oggi ad esempio il gioco online grazie all’utilizzo dei dispositivi mobili è stata favorita e viene praticata da un numero crescente di utenti attivi. Possiamo quindi accedere con facilità anche senza bisogno di conoscere le regole roulette tentando la sorte sui siti di casino online legali presenti in Italia e nel resto del mondo.