Al Parco Vettabbia. “Non mi va di lavorare per i Rom”
Gli orti urbani costruiti all’interno del parco Vettabbia, e destinati a pensionati o a famiglie con il pollice verde non trovano assegnatari. La colpa non è del progetto o della mancanza di strutture. Anzi, gli appezzamenti, i capanni, le colonnine dell’acqua sono proprio belle e di ottima qualitá.
Non mancano neppure, nella zona di Via Pismonte e via San Dionigi, persone che sarebbero felicissime di coltivare lì la frutta e la verdura che serve per la famiglia, per i vicini, o i fiori che preferiscono. Eppure i bandi di assegnazione delle aree per gli orti urbani vanno deserti.
La colpa è del campo rom abusivo che è stato costruito proprio sul confine con la zona dedicata agli orti. Casette abusive e tende che costituiscono un vero e proprio deterrente alla voglia di prendersi un pezzo di terra per fare l’orto. Infatti, dicono i possibili Pollici verdi, “se gli uccellini esagerano, puoi mettere uno spaventapasseri. Se altri animaletti prendono troppa confidenza con la frutta, si può intervenire con trappole e deterrenti. Ma contro i rom cosa puoi fare? Non vogliamo lavorare la terra per far mangiare loro”.
Al Vettabbia i Pomodori sono dei rom?
Un vero peccato perchè gli orti urbani del parco Vettabbia sono davvero belli e si sente la mancanza dei contadini e appassionati. Dal comitato san Dionigi sono chiari. Prima di fare altri bandi di assegnazione il comune di Milano deve sgomberare il campo rom abusivo. In questo campo abusivo vivono oltre a rom ed altre persone, anche dei Kossovari. I primi stanziamenti sono iniziati, infatti, nel 1999, all’indomani della guerra del Kossovo. Alcuni rifugiati, che magari a quei tempi avrebbero avuto diritto all’asilo politico temporaneo, si sono installati nel parco Vettabbia in Vaiano Valle.
Dal Comitato San Dionigi dicono ancora: “nessuna Amministrazione ha mai pensato a farne uno sgombero e a risolvere la situazione. Negli anni si sono appropriati e costruito villini come abitazioni con uso dell’elettricità, in alcuni casi attaccandosi ai pali della luce pubblica. Ora ci si chiede chi andrebbe mai a coltivare un pezzo di terra per fare un progetto come quello degli orti di Alessandrini, con al vicinanza di questi soggetti?” Sarebbe tempo perso, dicono ancora, e come dar loro torto?
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