L’efficienza del parlamento e la casualità
I sistemi sociali fanno parte dei cosidetti “sistemi complessi”, sistemi cioè in cui l’interazione fra i costituenti non è deducibile dall’analisi dei componenti isolati. E’ una cosa che sappiamo tutti dalla logica, pensiamo per esempio a una folla, un gruppo, gli individui presi di per sè hanno comportamenti assolutamente diversi rispetto a quelli del gruppo. Non riusciremmo mai a comprendere le dinamiche di una folla studiando le singole persone che la compongono in modo isolato.
Quello che una volta era solamente intuitivo oggi grazie all’informatica, alla fisica e alla matematica può essere tradotto in numeri, eviscerato ed analizzato. La scienza ci permette di costruire modelli di analisi che possono essere utilizzati per spiegare in modo semplice la realtà che ci circonda, ma anche i comportamenti della società umana.E’ nata quindi una nuova branca della scienza che prende il nome di sociologia computazionale.
La fisica ci insegna che l’introduzione nei sistemi di perturbazioni casuali, cioè del “rumore”, possono dare dei vantaggi, magari anche rendendo stabili sistemi che altrimenti non lo sarebbero e, nulla ci vieta di esplorare questa possibilità anche nelle società umane. E’ già noto dagli anni ’60 che l’introduzione di casualità nelle strutture gerarchiche ne aumenta l’efficienza (vedi principio di Peter), studi recenti dimostrano che la casualità può aumentare anche l’efficienza del parlamento.
L’idea non è nuova nella storia umana, già gli antichi greci l’adottavano, infatti ad Atene le 30 trittie che governavano l’attica erano scelte per sorteggio e, anche oggi l’idea non è abbandonata, si pensi alla scelta delle giurie popolari nei processi, degli arbitri negli eventi sportivi o degli esaminatori nei concorsi.
E’ possibile attraverso l’uso della matematica e dei calcolatori simulare il funzionamento di un parlamento e prevedere se l’introduzione di una certa quota di parlamentari per sorteggio casuale possa migliorare l’efficienza del parlamento. Si presume che i parlamentari indipendenti e quindi non legate alle logiche di partito, tendano a votare in modo equamente distribuito leggi che daranno loro vantaggi personali e leggi che daranno vantaggi pubblici (leggi migliorative), invece i parlamentari appartenenti a un partito voteranno sempre e comunque le leggi proposte dai membri della loro coalizione.
Se non ci fossero i partiti probabilmente i parlamentari voterebbero secondo il proprio personale giudizio e le leggi peggiori non passerebbero mai ma, senza i partiti solo poche leggi passerebbero, cioè solo quelle con un indiscutibile valore sociale. Quindi senza i partiti il parlamento sarebbe assolutamente inefficiente, anche più di ora.
La matematica dimostra che l’introduzione di un certo numero di parlamentari estratti a sorte tra la popolazione renderebbe più facile l’approvazione di leggi slegate dalle logiche di partito ma con un vantaggio per l’intera società e, nel mondo anglosassone si sta già esplorando questa possibilità. Per chi volesse approfondire: “democrazia a sorte.” Caserta M., Garofalo C. Pluchino A., Rapisarda A. Spagano A., Casa editrice Malcor D’Edizione, Catania, 2012.
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