Noi, i guerrieri di Bossi. Una risata ci ha seppellito
1996-2016: la Padania, 20 anni dopo, è un progetto fallito. Non ci sono dubbi che alla Padania ci credesse davvero, Umberto Bossi da Cassano Magnago, e ci credevamo anche noi; la si chiamasse secessione o indipendenza, autonomia o federalismo, voleva e volevamo quella cosa: dividere l’Italia.
La Repubblica del Nord
Lo abbiamo seguito ovunque, da quando ha dichiarato l’indipendenza della Padania il 15 settembre 1996 con una catena umana sulle rive del Po: i sindaci leghisti indossarono la camicia verde; furono emessi provvedimenti a vantaggio dei residenti; le amministrazioni provinciali sfrattavano le prefetture; negli enti locali dove la Lega Nord era all’opposizione si saltava sulle barricate; manifestazioni sul territorio, fiaccolate, volantinaggi, incontri pubblici: il progetto leghista coinvolgeva la gente dal punto di vista politico e morale.
Io sventolavo la bandiera della Padania dalla facciata del liceo classico Daniele Crespi, in pieno centro a Busto Arsizio, e da consigliere comunale scendevo dal palco quando veniva eseguito l’inno di Mameli; la prima mozione che presentai fu per chiedere al sindaco di “togliere la bandiera tricolore dalla facciata del municipio per metterla in un posto consono a come lo Stato italiano tratta i cittadini del Nord” e la reazione del comune fu la segnalazione alla procura della repubblica di Busto.
Il sogno finisce
Ad altri è andata peggio: chi ha avuto perquisizioni a casa nella notte (sequestrate spillette e cartine geografiche con l’Italia divisa). Un assessore è stato rimosso dal ministero dell’interno per aver scritto in un atto pubblico “Italia” con la “I” minuscola.
Era 20 anni fa e la Padania, dopo aver dichiarato la propria indipendenza, era e resta nazione non riconosciuta. Il progetto di Bossi è fallito non per l’offensiva, incisiva e oppressiva, della magistratura, ma per via dei collaboratori dello stesso Bossi, il quale fino al 2004 proteggeva chi era vittima della magistratura ma, dopo la sua malattia dell’11 marzo 2004, quando la gestione della Lega Nord passò al “cerchio magico”, i suoi componenti abbandonarono chi aveva problemi giudiziari, lasciando ad essi l’insostenibile peso di affrontare onerose spese processuali.
Ciò, per escludere dal movimento i concorrenti interni per i posti. La lotta non era più per la Padania ma per i posti, con l’avallo (probabilmente non consenziente) dello stesso Bossi.
Noi eravamo i guerrieri di Bossi: tra chi è finito espulso, chi estromesso, chi ha avuto una “fatwa” interna, chi deve gestire controversie legali, chi ha lo stipendio pignorato… dovevamo fare la rivoluzione: a guardare oggi, è un bilancio che fa pena. Roberto Colombo, militante Lega Nord dal 1995 e consigliere comunale di Marnate (Va) dal 1999 al 2004.
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