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Secondo referendum Brexit. Reato internet o un atto di guerra?

Londra – Tutte le televisioni d’Europa danno la notizia che ci si sono 3milioni di firme per avere un secondo referendum Brexit, ma le firme sono false. Cameron lo sconfessa. Poi si scopre che si è trattato di un brutto scherzo ai danni di un attivista dell’English Democrats party, Oliver Healey.

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brexit. secondo referendum frode Gli inglesi non sono abituati alle bugie. Non le dicono e quindi i fidano anche della parola altrui. Non si aspettavano certamente quello che sta succedendo in queste ultime ore. La fonte della notizia è la BBC. Da quando ci dice, il comitato per le petizioni della Camera dei Comuni sta indagando sulle accuse di frode in relazione alla petizione che chiede un secondo referendum sul Brexit. L’ indagine è focalizzata sulla possibilità che alcuni nomi siano falsi. Sembra sia un’accusa fondata perchè nelle ultime ore già 77.000 firme sono già state rimosse. Sul sito del parlamento, sulla pagina della petizione, c’erano più di 3 milioni e200mila firme. David Cameron, che è ancora primo ministro anche se è dimissionario ha già dichiarato che non ci sarà una seconda votazione. Il 52% del Regno Unito ha votato per lasciare l’Unione europea e, quindi, la decisione è presa.

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Beata e commovente ingenuità inglese

Helen Jones, presidente della commissione per le petizioni, ha lanciato un Tweet in cui dice che sta prendendo molto seriamente le accuse. “Chi ha aggiunto firme false alla petizione dovrebbe sapere che mina la causa che pretende di sostenere”, ha scritto. Beata ingenuità, vien voglia di dire. Volevano solo imbrogliare, non minare la causa. Il sistema inglese sulle petizioni popolari è molto semplice, e probabilmente nessuno fino a questo momento aveva tentato di prenderne il controllo, per cui non erano stati pensati sistemi per il controllo delle identità a priori. Di fatto si tratta dell’applicazione moderna di un’antica usanza inglese: il popolo può fare richiesta che in parlamento sia discusso un argomento o una legge raccogliendo le firme dei sostenitori di quella causa.

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Una volta presentata, la commissione decide se la causa (petition) può essere o meno discussa  in un dibattito. Nel dibattito sono espressi una serie di punti di vista. Dopo il dibattimento, l’emendamento è votato e può diventar legge. Un meraviglioso e democratico modo di partecipazione popolare all scrittura delle leggi. Immaginate cosa succederebbe in italia se usassimo lo stesso sistema. Mi ha sfiorato il dubbio che il bot ( robot automatico) che ha iscritto 3milioni di persone al sito in poche ore sia di origine italiana. in ogni caso il portavoce della commissione ha annunciato che la petizione sarà discussa settimana prossima.

La frode delle firme arriva da oltre Manica

C’è da diventare rossi di vergogna. E’ accertato che moltissime firme sulla piattaforma internet del Parlamento Inglese per le petizioni siano arrivate da oltre Manica. Lo sputtanamento di quello che passerà alla storia come il più stupido tentativo di imbroglio elettorale è avvenuto su twitter. L’origine delle firme false è stata resa pubblica sul social network. Solo i cittadini britannici o residenti nel Regno Unito sono autorizzati a firmare la petizione, tra cui cittadini britannici con sede all’estero. Anche se il metodo di raccolta è semplice (basta inserire una mail valida e un codice postale inglese) è ovvio che le identità sono controllate a posteriori. L’imbroglio così è stato scoperto. Il portavoce della commissione petizioni della Camera dei Comuni ha detto che continueranno a monitorare la petizione per le “attività sospette”.

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La petizione trattava di un emendamento alla legge del Brexit

La petizione è stata creata lo scorso 24 maggio dal brittannico Oliver Healey, un attivista del partito democratico. La sua richiesta era di discutere, in un dibattito parlamentare, un emendamento per il referendum Brexit. Diceva:”Se vi è un’affluenza inferiore al 75% e il voto vincente, per il remain o per il leave, è inferiore al 60%, bisogna ripetere il referendum”. Prima dell’annuncio di risultati del Brexit, due giorni fa, sulla pagina della petizione c’erano 22 firme. Non erano sufficienti per instaurare un dibattimento parlamentare. Oliver Healey su Facebook ha raccontato che aveva creato la petizione quando era improbabile che il Leave potesse vincere. La sua intenzione era quella di fare in modo che il Remain non fosse definitivo, per sempre. Dopo il risultato del Brexit, la pagina del suo emendamento è stata dirottata da sostenitori della campagna per il Remain.

Il messaggio di Oliver Healey su Facebook

Se volete leggerlo in inglese questo è il link al messaggio del creatore della petizione Oliver Haley Alla frode si è aggiunta la beffa, perchè il creatore della petizione è un antieuropeista convinto ed ora è un po’ preoccupato dalla sovraesposizione mediatica della petizione che risulta a suo nome.”Non c’era alcuna garanzia di una vittoria del Leave, in quel momento!!! Detto questo, se non fosse stato il mio, sarebbe stato orchestrato da qualcuno sulla campagna del Ramain. Tuttavia, dal momento che sono associato alla petizione e prima che la stampa mi associ ulteriormente con esso ho sentito il bisogno di chiarire meglio la mia posizione sulla questione, anche se sembra brutto. Sono il suo creatore, niente di più!” scrive ancora.

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Poi continua: “Da molti anni, per tutta la mia carriera politica, sono contrario alla natura burocratica e antidemocratica dell’Unione europea come istituzione privata. Ho sostenuto apertamente le campagne sia di Vota Leave sia di Grassroots. Perchè farlo se volevo rimenere nella UE? Sono allibito dal comportamento che alcuni stanno conducendo nel post referendum. Il referendum c’è stato, democraticamente approvato, ogni voto ha lo stesso peso. Ora bisogna tenervi fede. Credo che ciò che dobbiamo fare per il bene del paese è rispettare la volontà del popolo britannico e andare avanti attivando l’art. nr.50 del trattato di Lisbona e il processso per lasciare l’unione europea.

Nota della redazione
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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima come cronista, critica gastronomica e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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