Milano, 1993. Per un giorno capitale della Padania con il borgomastro Marco Formentini
Elezioni comunali di ieri e di oggi; la vittoria a sorpresa del borgomastro leghista.
La storia personale del primo cittadino leghista di Milano e come arrivò la sua indicazione a sindaco, dopo che per mesi l’ex leader Umberto Bossi lasciò correre l’ipotesi di una propria candidatura diretta; la campagna elettorale e i primi 100 giorni da sindaco sono narrati nel saggio “Marco Formentini: La Lega dall’opposizione alla stanza dei bottoni”, 200 pagine scritte nel 1993 per la collana “Gli specchi” di Marsilio da Beppe Benvenuto e Vito Oliva, ai tempi collaboratori del Tg5.
In quella tornata elettorale, alla Lega Nord serviva un volto conosciuto, e Formentini era capogruppo alla Camera; moderato: Formentini è stato dipendente pubblico; che sapesse muoversi nella pubblica amministrazione e conoscesse la città: Formentini la frequentava dagli anni ’70 quando divenne segretario della prima giunta regionale della Lombardia guidata da Piero Bassetti (che fu anch’egli competitore in quella tornata elettorale, fermandosi però al 10%); nato a La Spezia (Ge) il 14 aprile 1930, Formentini era l’uomo giusto su cui Bossi puntò le carte e vinse.
1993-2016: Analogie e differenze
Leggendo il libro e rapportandolo ai giorni nostri, si nota la totale assenza nella campagna elettorale della tematica (oggi dominante) del lavoro e non si fa cenno a nessuna crisi economica che pure in quegli anni iniziava a intravedersi (si pensi alla crisi del tessile, che a metà anni ’90 portò alla chiusura di molte fabbriche); il comune era però visto solo come erogatore di servizi e non di lavoro, mediante l’impiego nella pubblica amministrazione. Lo stesso dicasi per progetti di riqualificazione urbanistica e riconversione delle aree industriali: come se il tema non esistesse perchè, evidentemente, il capoluogo lombardo aveva saputo difendere il suo tessuto produttivo.
Va da sé che, nel 1993, non si parlasse di internet mentre ci si stupiva dell’incidenza che la tv esercitava sul corpo elettorale.
Vi sono anche punti di contatto tra il periodo elettorale odierno e quello di 20 anni fa: chi vince accusa la “disastrosa eredità della gestione precedente”, l’opposizione si lagna di essere “inascoltata” e lo Stato che (già allora!) diminuisce i trasferimenti.
1993-1997: la lega al governo tra luci e ombre
Tra gli errori commessi dalla giunta Formentini ci fu senz’altro il progetto di privatizzazione delle aziende municipali, che col senno di poi non sono servite a migliorare i servizi; inoltre gli scontri tra Umberto Bossi e Marco Formentini, inizialmente sullo sgombero del centro sociale di sinistra Leoncavallo, davano l’idea di una città in mano alla Lega mentre nei fatti non era così. Quanto ci fosse di leghista in quella giunta è ancora una domanda su cui interrogarsi: di 8 assessori iniziali, solo 2 erano leghisti (Bedoni e il segretario provinciale del movimento, Grugnetti) mentre era pure incluso il cognato di Giorgio Bocca (Marco Giacomoni), penna per eccellenza della sinistra radical chic.
Leghisti erano invece i voti dei consiglieri comunali che consentirono all’amministrazione Formentini di terminare i quattro anni di mandato anche se, da 36 che erano all’inizio, ne rimasero 26 (quindi sotto la soglia di autosufficienza). A quegli anni si devono opere che i milanesi e i lombardi si godono ancora oggi: tra tutte, la pedonalizzazione del centro da piazza San Babila al Duomo fino a Largo Cairoli, il ripristino della fontana davanti al Castello Sforzesco, la Linea 3 della metropolitana fino a Maciacchini, con il prolungamento (poi realizzato e finito nel 2012) fino a Comasina e l’istituzione della Linea 4 per collegare la periferia sud-ovest della città con il centro (fermata di piazza Missori) e la possibilità di raggiungere sottoterra l’aeroporto di Linate.
A volte accadono fenomeni politici inspiegabili e così fu quella domenica 23 maggio di 23 anni fa: i milanesi, per le elezioni amministrative della loro città, votarono Lega Nord per il 40%, lasciando agli altri partiti il resto; plebiscito confermato 15 giorni dopo al ballottaggio con la sinistra guidata da Nando Dalla Chiesa (fratello della popolare conduttrice televisiva, Rita): con il 60% dei suffragi, Marco Formentini era il primo sindaco leghista del capoluogo lombardo e, nel corso dei suoi quattro anni di gestione (inizialmente la legge elettorale comunale, approvata all’inizio degli anni ’90, prevedeva un mandato di 4 anni e solo successivamente furono portati a 5), pur con mille difficoltà, lanciava comunque Milano ai massimi fasti storici.
Milano: anno Zero
I consensi per la Lega Nord a Milano, complice anche un nutrito numero di cittadini meridionali, non avevano mai superato il 20%; per capire l’eccezionalità di quel voto non basta ricordare che, non essendo ancora nata Forza Italia e non essendo ancora sceso in campo Silvio Berlusconi, c’era una parte notevole di elettorato senza riferimento; e sarebbe riduttivo riderci sopra come fecero i comici Gino e Michele nel loro pamplet “Il Pianeta dei Bauscia” (Baldini & Castoldi, 1993), secondo i quali nella acque di Milano scorreva in quei giorni la “pirlimpipite”.
Va ricordato piuttosto che in quegli anni il sistema politico era al collasso e la gente sfiduciata dal vedere una classe politica della quale non passava giorno senza che qualcuno venisse arrestato; quel che più era grave, il conclamato sistema tangentizio che emergeva aveva innalzato a dismisura il prezzo delle opere pubbliche: che i soldi delle tasse venissero usati per la corruzione era inaccettabile e la Lega Nord, ai tempi partito nuovo, era l’unico soggetto in grado di proporre un’alternativa credibile, una classe politica seria e non compromessa con il passato.
La voglia di cambiamento era incarnata anche dalla (allora) nuova legge elettorale: i cittadini non eleggevano più soltanto il consiglio comunale ma direttamente il sindaco, il quale assumeva maggiori poteri e responsabilità, tra cui nominare e revocare gli assessori. La nuova legge elettorale diminuiva drasticamente il numero dei consiglieri comunali: da 80 a 60 (ora sono 48) e lasciava in giunta solo 8 assessori.
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Altre “piccole” cose fatte:
Tutte le municipalizzate sono andate in attivo (ad eccezione di ATM) e privatizzate secondo il modello della public company (poi cancellato dalle giunte successive).
Stesura Prima rete in fibre ottiche (ebescom-fastweb), prima città al mondo.
Rifacimento piazze Duomo, Duca d’Aosta ecc..
Prima riqualificazione urbana: Pirelli-Bicocca, modello seguito per altri 10 interventi a Milano.
Ripresa lavori e complatamento sino a porta Venezia e inaugurazione Passante Ferroviario (base di tutti i successivi progetti di riqualificazione urbana: City Life, Porta Nuova, Fiera Milano-Expo, Porta Vittoria, Lancetti, Bovisa ecc..)
L’acqua di Milano è tornata potabile dopo molti anni.
Modello Milano per la raccolta differenziata e la termovalorizzazione dei rifiuti (esempio copiato in tutto il mondo).
Piano urbano del traffico.
Molto altro…, ma queste sono cose utili, alle persone interssa il gossip..