Tari. Quando la tassa sui rifiuti ammazza le aziende
Tari. Sarebbe meglio chiamarla TaRi, cioè Tassa sui Rifiuti. E’ una tassa comunale che serve per pagare lo smaltimento dei rifiuti. Il suo calcolo è complicato e spesso nasconde delle vere e proprie sorprese. Non ci sono certezze per le aziende. Alcune pagano troppo rispetto al dovuto e sostengono i costi anche per chi, inconsapevolmente, paga troppo poco.
La sua storia inizia nel 1993 quando viene creata la Tarsu. La tassa obbliga a conteggi complicati. L’idea finale di ogni Comune è che ogni cittadino e ogni azienda paghi solo per i rifiuti che produce, ma per arrivare a quel punto cittadini, aziende sono sottoposti a errori e complicazioni di ogni tipo. In quei Comuni in cui, in qualche modo, si riesce a dimostrare che le uscite per il pagamento dei rifiuti equivalgono alle entrate, si passa alla Tia, Tassa igiene Ambietale.
Il sistema si fa anche più complicato, i rifiuti devono essere portati via in sacchetti speciali, muniti di codice a barre. Si fa la raccolta differenziata, ma la bolletta finale non è calcolata solo sui rifiuti, ma include persone residenti, spazi, metri quadri, e persino l’Iva. Già, ci facevano pagare l’iva su una tassa.
Qualcuno si accorge del’incongruenza, iniziano i ricorsi, e alla fine nasce una nuova tassa. La Tia 2. Più complicata, spesso più errata, delle precedenti. Per le aziende, che vorrebbero solo sapere, alla fine, quanto va pagato, diventa un problema in più.
Arriva la Tari
Nel 2014 arriva la TARi. Avrebbe dovuto semplificare tutto. Soprattutto i conteggi del dovuto, in base alle nuove leggi. Ogni comune fa il suo regolamento e prevede, in base ai suoi costi, quanto deve introitare. Questa è la parte semplice, ma quanto fa pagare ad ogni singolo cittadino? Su che base? Ebbene ogni Comune italiano ha un regolamento tari diverso che prevede calcoli differenti, e differenti introiti. Per la stessa tipologia di azienda, ad esempio un albergo, si arriva ad avere una forbice che passa da 1,82 euro a metro quadro a 12,34 euro a metro quadro. La differenza fra questi due Comuni è del 653% .
In mezzo ci sono tutte le altre differenze. E’ difficile credere che due alberghi con lo stesso numero di camere, ma in comuni diversi, abbiano una tale differenza di produzione rifiuti. Lo stesso capita ai parrucchieri che passano da un comune che applica 2,50 euro a metro quadro, a quello che applica la tariffa di 17.2 euro a metro quadro. Chissà, magari il parrucchiere del primo comune avrà tutti clienti con i capelli corti e il secondo tutti clienti con i capelli lunghi? Invece no, la differenza è tutta nel modo di calcolare la tassa, che varia da comune a comune.
Calcolo complicato e oltretutto spesso errato
Il problema più grave è però ingenerato dal fatto che spesso questi calcoli sono sbagliati. Perchè il caos burocratico che è stato generato dai vari cambiamenti di metodo di calcolo della tari, ha confuso gli impiegati comunali tanto quanto i contribuenti. In alcuni casi si paga troppo, in altri si paga troppo poco. Anche in questo secondo caso i rischi sono molti perchè è il contribuente che deve segnalare l’errore. Nel caso non lo faccia, potrebbe arrivargli una cartella esattoriale davvero molto pesante.
Cosa fare? Lo chiediamo a Conflavoro PMI
Abbiamo chiesto ad Enrico Bombelli segretario territoriale Milano Lombardia di Conflavoro Pmi, un sindacato datoriale che raccoglie numerose piccole e medie imprese sparpagliate in tutta Italia, di aiutarci a capire cosa dovrebbero fare le aziende per districarsi da questo caos burocratico e per essere certe che i calcoli del loro Comune sulla Tari siano giusti e che non li stiano invece tartassando.
“Non è semplice. Noi consigliamo di far esaminare le proprie Bollette Tari da degli esperti del settore. Devono essere veri esperti, perchè se si chiede la verifica della Bolletta agli sportelli comunali, ovviamente ripeteranno lo stesso calcolo, e potrebbe essere comunque sbagliato. Come Conflavoro PMI ci siamo attivati per sostenere le piccole e medie imprese in questo controllo. Possiamo indicare come far effettuare delle analisi della situazione aziendale e sostenere le aziende che decidono di chiedere il rimborso, quando hanno pagato in più del dovuto. E’ parte del nostro lavoro di sindacato datoriale.”
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