La vendetta dei cavalleggeri americani nella guerra del Vietnam
Uno dei più grandi miti che celebrano la storia statunitense è senz’altro quello della battaglia di Little Big Horn: lo scontro che vide cinque squadroni del 7º Reggimento Cavalleggeri comandati dal Tenente Colonnello Custer essere circondati e distrutti dai Lakota guidati da Toro Seduto. Una grande vittoria oppure un massacro, a seconda delle parti, ha segnato la coscienza comune del popolo delle stelle strisce tanto che l’U.S. Army decise di mantenere i motti e le tradizioni dello storico reggimento ed adottarli anche per la neofondata 1ª Divisione di Cavalleria Aerea che venne impiegata per la prima volta durante l’intervento in Vietnam nei primi anni ’60.
Il Vietnam rappresentava il terreno per cui l’aeromobilità sembrava studiata appositamente, con i vari insediamenti e punti di rilevanza militare separati da una giungla quasi impenetrabile e molto spesso male collegati da strade che i francesi avevano costruito trent’anni prima. Proprio i soldati francesi avevano pagato con la sconfitta nella guerra di Indocina del 1954 la difficoltà nel muovere rifornimenti e uomini in un paese così privo di infrastrutture.
L’impiego dei nuovi elicotteri UH-1 combinato che le nuove tecniche sviluppate dai cavalleggeri avrebbe aggiunto 200 km/h alla guerra. In Vietnam gli elicotteri venivano già utilizzati dai consiglieri militari statunitensi inviati dall’amministrazione Kennedy per coadiuvare l’esercito del Vietnam del Sud nelle operazioni anti-guerriglia. Ad esempio, nel 1962 venne abbattuto un elicottero Piasecki CH-21 uccidendo i membri dell’equipaggio, che divennero i primi statunitensi caduti in Vietnam.
La prima grande operazione militare a cui parteciparono i cavalleggeri dell’aria fu l’operazione Silver Bayonet, che fu anche il primo grande scontro fra l’esercito statunitense ed i regolari di Hanoi. I combattimenti si svilupparono intorno alla valle del fiume Ia Drang, dove era stanziato il 66º reggimento nordvietnamita (unità che aveva vinto la decisiva battaglia di Dien Bien Phu contro i francesi) intenzionato a dividere l’intero Vietnam del Sud in due. Già dal 23 ottobre 1965 il comandante di tutte le forze Usa in Vietnam, il generale Westmoreland, aveva ordinato alla 1ª divisione di muoversi in operazioni “search and destroy” (cerca e distruggi) contro i reparti nordvietnamiti giunti nella valle tramite il sentiero di Ho Chi Minh. I primi sporadici combattimenti nella valle furono un tentativo vietnamita di saggiare le tecniche di combattimento nemiche, in attesa di un’occasione per distruggere le forze americane.
Le operazioni prima della battaglia dello Ia Drang cominciarono il 14 novembre 1965 alle 10:45, quando la compagnia Bravo guidata dal tenente colonnello Harold Moore venne sbarcata presso la zona di atterraggio X-ray da sedici elicotteri UH-1 “Huey”. Subito Moore fece disporre la compagnia ai margini della radura che compone la LZ (landing zone, zona di atterraggio) per stabilire un perimetro difensivo; i cavalleggeri catturarono un disertore nordvietnamita che li informò riguardo la presenza del reggimento vietnamita negli immediati paraggi e di un altro (il 320º) in marcia verso di loro da nord.
Alle 12:45 alcuni dei centosessanta uomini di Moore vennero attaccati dall’enormità degli uomini di Hanoi in uscita dalla foresta. Questi primi combattimenti degenerarono subito in combattimenti a breve distanza con i fucili di entrambi gli schieramenti impostati in full-automatic e con una quantità incedibile di proiettili che fischiano in ogni direzione.
Evento che divenne il simbolo di questa battaglia fu il plotone al comando del tenete Herrick, che dopo aver cercato di inseguire alcuni uomini in ritirata, si ritrovò circondato dai nordvietnamiti. Nel frattempo erano arrivate anche le compagnie Alpha e Charlie tramite il continuo collegamento fornito dagli Huey, che vennero disposte per rafforzare il perimetro difensivo della LZ. In questa fase dei combattimenti i cavalleggeri inflissero pesanti perdite al 66º, i cui uomini avanzavano compatti e disciplinati contro le posizioni nemiche.
In aggiunta Moore poteva contare sul supporto di obici di artiglieria da 105 mm da ovest, degli elicotteri “cannoniera” dotati di mitragliatrici e razzi e successivamente della possibilità di bombardare le retrovie nemiche con i grandi B-52. I combattimenti durarono per tutta la giornata e la notte successiva, spingendo i cavalleggeri a restringere continuamente il perimetro difensivo della LZ, e soltanto l’arrivo di una quarta compagnia, la Delta, che Moore riuscì ad attestare una linea difensiva da cui lanciare il contrattacco. Durante quella notte il 7º battaglione della 66ª compagnia nordvietnamita si era posizionato segretamente nell’erba alta a sud del perimetro, zona difesa dalla compagnia Charlie.
Il violento attacco del 15 novembre contro la Charlie portò al ferimento del suo comandante, il capitano Edwards, e della maggior parte dei sottufficiali, lasciando l’intera unità senza comando. Dovette allora intervenire nuovamente il Ten. Col. Moore richiedendo una serie di bombardamenti di artiglieria per arginare l’avanzata nemica; complessivamente vennero sparati circa 4 000 proiettili di obice. Un ulteriore arrivo di rinforzi statunitensi arrivati a piedi riuscì a garantire una difesa tale da spingere il nemico ad interrompere l’attacco all’ormai decimata Charlie; quella stessa giornata cominciarono sei giorni di bombardamenti a tappeto continui contro le retrovie nordvietnamite.
Il pomeriggio il Ten.Col. Moore poté organizzare finalmente il salvataggio del plotone isolato del tenente Herrick, ridotto dalla disperata resistenza a sette uomini ancora operativi dei ventisette iniziali. La mattina del terzo giorno di combattimenti venne deciso dai comandanti nordvietnamiti di tentare un ultimo attacco per infrangere il perimetro difensivo della LZ nemica nella zona presidiata dalla già duramente colpita compagnia Charlie, zona che a cui era stata assegnata una nuova compagnia recentemente accorsa. Nonostante la determinazione dei vietnamiti delle due compagnie fresche impegnate nell’attacco, i cavalleggeri riuscirono facilmente a respingere l’assalto nemico.
La resistenza americana culminò alle 6:50 quando il Ten. Col. Moore diede l’ordine di concentrare tutto il fuoco disponibile dai suoi cavalleggeri (fucili d’assalto M16, mitragliatrici M-60 e lanciagranate M79 da 40 mm) e del supporto di artiglieria ed aereo. Quest’azione provocò le ingenti perdite ai militari nordvietnamiti che spinsero i loro comandanti alla ritirata finale, incominciata quello stesso pomeriggio. La cavalleria dell’aria aveva imposto il vantaggio di una guerra “200 km/h più veloce” sui vietnamiti, intenzionati a circondare e distruggere il nemico il maniera convenzionale come già fatto vent’anni prima con i francesi. Questo insegnamento diede prova della grande utilità dell’elicottero nella guerra moderna, tanto che durante l’apice delle attività statunitensi in Vietnam erano presenti almeno 5 000 macchine ad ala rotante.
I vertici dell’NVA (l’esercito nordvietnamita) capirono che gli americani potevano essere battuto solo in brevi combattimenti “mordi e fuggi”, pertanto cercarono di limitare le lunghe operazioni militari. La violenza e la brutalità di questo combattimento furono solo un anticipazione di quella che, per i dieci anni successivi, sarebbe stata la guerra in Vietnam. Questi combattimenti videro anche il primo grande impiego del fucile d’assalto M16 equipaggiato da soldati americani contro un nemico dotato dell’AK47, la celebre controparte sovietica.
Nonostante la bontà generale del progetto questo fucile non venne subito apprezzato dai militari, a causa di alcuni difetti presenti delle prime versioni e nella poca cura a cui erano soggetti gli M16 in Vietnam. Infatti il fucile era vittima dell’inceppamento a causa della ricetta della polvere da sparo dei proiettili oppure per via del metallo di cui era fatto i bossoli, che saltuariamente rimenavo incastrati dopo lo sparo.
Quando vennero risolti questi problemi ed il personale militare fu istruito alla cura adatta a quest’arma, l’M16 poté essere utilizzato al pieno delle sue capacità divenendo il nuovo fucile standard dell’esercito statunitense. Un’altra novità per il mondo delle armi leggere era la plastica in cui era realizzato il calcio dell’arma, prodotta dalla celebre ditta produttrice della Barbie, la Mattel. Capitava quindi, con grande stupore del soldato che lo impugnava, che l’M16 cadesse in pezzi dopo essere stato raggiunto dai proiettili nemici. Trovatisi circondati dal nemico, gli uomini del 7º Cavalleggeri erano riusciti a tornare alla base per raccontare di aver vendicato i commilitoni caduti quasi novant’anni prima.
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