Milano e le spie. 2 italiani indagati per spionaggio per i servizi segreti russi: i retroscena
I servizi segreti russi pagavano, in criptovalute, 2 italiani per per fornire informazioni sensibili su installazioni militari e sulla videosorveglianza delle città di Milano e Roma. Tutto avveniva attraverso il famoso social russo, Telegram, noto per essere esagerato almeno quanto i suoi padroni e, dicono, molto libero. Alle volte, alla sera, arrivano delle notizie che hanno il potere di lasciare a bocca aperta. Questa è una di quelle sere. Dopo lo scandalo delle dossieraggi che ha scosso tutta la penisola, questa indagine dei Ros e della procura di Milano, che oggi ha chiuso le indagini preliminari sui due lombardi accusati di aver collaborato con l’intelligence russa, farà altrettanto scalpore?
Secondo gli inquirenti, i 2 sospettati erano agenti, o meglio spie, operative in alta Lombardia dal 2023 e avrebbero fornito informazioni riservate ai servizi segreti stranieri, quelli russi, in cambio di pagamenti in criptovalute. Come i due si procurassero le informazioni non è chiarissimo, ma avevano passato informazioni sulle strutture militari Italiane. Per Alta Lombardia si intende alto milanese, la provincia di Varese e quella di Como, cioè la zona fra Milano città e il confine con la Svizzera.
La cosa è un po’ imbarazzante. I lombardi sono abituati all’uso intensivo di Google Maps, e quindi è normale chiedersi cosa mai ci potrebbe di segreto in mappe che, in qualunque parte del mondo si sia, si possono consultare liberamente. Però, anche se le informazioni non erano veramente segretate, il reato che i due hanno commesso è di una gravità senza precedenti. Se fossimo ufficialmente in guerra con la Russia, e non siamo lontanissimi da questo scenario, sarebbero stati fucilati sul posto dell’arresto.
L’accusa: collaborazione con i servizi segreti russi
Tra le informazioni raccolte dai due indagati figurano documenti classificati, cioè segretati, fotografie di infrastrutture militari e informazioni su esperti di droni e sicurezza elettronica. Gli accordi, sempre secondo gli inquirenti, avvenivano dietro compensi versati in criptovalute. Le indagini sono state avviate nell’aprile 2024, è sono state condotte dal Raggruppamento Operativo Speciale (ROS) di Milano, con il supporto della Sezione Criptovalute del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria di Roma. Gli investigatori hanno scoperto che i sospettati comunicavano con contatti russi attraverso Telegram, dove venivano negoziate attività di spionaggio.
I piani di infiltrazione a Milano e Roma
L’indagine ha rivelato ulteriori dettagli inquietanti. L’intelligence russa sembrerebbe aver manifestato un forte interesse per la mappatura dei sistemi di videosorveglianza a Milano e Roma, puntando in particolare alle cosiddette “zone grigie”, ovvero le aree non coperte da telecamere. Inoltre, i due indagati avrebbero proposto a cooperative di taxi milanesi un progetto per installare gratuitamente dashcam sui veicoli. Il piano, però, avrebbe nascosto l’intento di affidare la gestione dei dati registrati all’intelligence russa, all’insaputa degli stessi tassisti.
Cosa rischiano le due spie
L’articolo 257 del codice penale italiano è particolarmente severo sulle spie e sulle attività di spionaggio politico e militare ed è compreso nelle accuse mosse ai due spioni. Recita: “Chiunque si procura, a scopo di spionaggio politico o militare, notizie che, nell’interesse della sicurezza dello Stato o, comunque, nell’interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni. Si applica la pena dell’ergastolo: 1) se il fatto è commesso nell’interesse di uno Stato in guerra con lo Stato italiano; 2) se il fatto ha compromesso la preparazione o l’efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.”
Le accuse nei confronti dei due sono invece più lievi. Includono la violazione dell’articolo 246 del Codice Penale, “corruzione del cittadino da parte dello straniero”, aggravata dall’articolo 270 bis, che tratta finalità di terrorismo ed eversione. Con questa accusa rischiano solo la reclusione da tre a dieci anni e una multa da 516 a 2.065 euro. La pena è aumentata se il fatto è commesso in tempo di guerra o se il denaro o l’utilità sono dati o promessi per una propaganda col mezzo della stampa.
Altri 10 anni di condanna li prevede l’aggravante stabilita dall’articolo 270 del codice penale per chi promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico. Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da cinque a dieci anni
La presunzione di innocenza
La Procura ha sottolineato che il procedimento penale si trova ancora nella fase preliminare. Per il principio di presunzione di innocenza, la responsabilità degli indagati potrà essere confermata solo da una sentenza definitiva. Vale la pena, specie in questo caso di sottolinearlo il più possibile, proprio per la gravità del fatto e delle conseguenze che potrebbe avere. L’autorizzazione alla diffusione del comunicato stampa contenete le notizie che stiamo divulgando è stata concessa dal Procuratore della Repubblica per ragioni di pubblico interesse. Meglio sapere che certi fatti hanno conseguenze serie.
A questo proposito sottolineo un fatto importante. Anche i giornalisti raccolgono spesso notizie riservate: la differenza con le spie è proprio nel “pubblico interesse” della notizia e nel fatto che quando veniamo a sapere qualcosa, non la vendiamo agli stati stranieri in cambio di criptovalute, ma la divulghiamo a razzo ovunque si riesca.
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