7 motivi per cui il Gatto con gli Stivali sarebbe stato un ottimo Service Manager
Premessa fondamentale: nutro una smisurata passione per i gatti. Siate, quindi, consapevoli che il mio pensiero potrebbe risultare considerevolmente viziato da questo mio bias. Del resto se pensate che ho una simpatica gattina che tutte le mattine mi accompagna per quattro rampe di scale fino al garage dove ho la macchina e la sera, al rientro dall’ufficio, mi aspetta ai piedi del primo gradino per riaccompagnarmi su fino in casa, è abbastanza facile comprendere come questa passione abbia sia radici profonde che motivazioni attuali. Premesso questo, resta però il fatto che non credo che la mia sia una teoria del tutto infondata. Provate a seguire il mio ragionamento.
Prendiamo in considerazione, ancora una volta, i dettami di ITIL® 4; uno dei cardini di questo framework sono i sette principi guida, che risultano essere validi sempre, qualsiasi sia l’Organizzazione che consideriamo e qualunque siano le sue dimensioni. Vediamoli uno per uno, nell’ottica della fiaba di Perrault:
Focus sul valore
Questo principio guida afferma che tutto quello che viene svolto deve essere di una qualche utilità per tutti gli stakeholder, nel senso che ogni azione che non apporta valore dovrebbe essere eliminata e non più svolta. In tutto ciò che fa il nostro amico Gatto, non risulta esserci nemmeno l’ombra del più piccolo spreco: ogni azione è finalizzata al valore, che consiste nel fare la fortuna del suo padrone, il Marchese di Carabas.
Di fatto, ogni mossa, dall’andare a caccia di selvaggina, al costringere il giovane squattrinato a spogliarsi dei suoi abiti e buttarsi nel fiume, fingendo di annegare, fino all’uccidere l’Orco malvagio, hanno come fine ultimo (e anche risultato) quello di rendere il suo padrone il più appetibile fra i pretendenti alla mano della principessa. Anche dal punto di vista del re e della figlia possiamo trovare un accrescimento del valore. Magari questo giovanotto non sarà una cima, ma loro non sono in grado di accorgersene e portarselo in casa significherebbe allearsi con il mitico Gatto con gli Stivali: non ci potrebbe essere affare migliore.
Difficilmente ho visto nella mia carriera un Service Manager così focalizzato sul valore del servizio che stava gestendo; se siamo onesti, dobbiamo riconoscere che qualche passo falso, prima o poi, tutti noi lo abbiamo fatto: il Gatto con gli stivali, invece, no!
Partiamo da dove ci troviamo
Qui il Gatto con gli Stivali dimostra tutta la sua grandezza. Proviamo ad inquadrare meglio la situazione. E’ stato affidato al terzo figlio di un mugnaio che, detto in tutta franchezza, non dà l’idea di essere proprio un fulmine di guerra. I suoi due fratelli han ricevuto uno il mulino e l’altro l’asino. Certo, sono stati più fortunati di lui, però dimostrano subito intraprendenza e comprendono che l’unione fa la forza: uno macina e l’altro trasporta. Il nostro giovane, invece, che fa? Si commisera e pensa di mangiarsi il gatto. Capito l’andazzo e soprattutto in che mani sia capitato, il nostro Gatto prende in mano la situazione.
Comprende che quello cha ha a disposizione è solo questo giovanotto, il cui unico, probabile, talento è il bell’aspetto. Così parte da questo ed elabora un progetto con cui far accasare il giovane con il migliore dei partiti possibili: la figlia del re. Tutto questo con un investimento minimo (probabilmente il massimo che questo giovane possa permettersi: un paio di stivali, un cappello, un sacco ed una corda). Investimento minimo, massimo risultato.
A chi di noi non è mai capitato di salire a bordo di un nuovo progetto e rendersi subito conto di avere a disposizione mezzi veramente scarsi? La tentazione può essere quella di buttare via tutto, fare grossi investimenti e ricominciare tutto da capo. Magari, invece, basterebbe dare un’occhiata più approfondita a ciò che si ha: il sistema non sarà il più bello, ma c’è; il team non sarà quello della miglior scuderia di Formula 1, ma forse con un po’ di formazione e di motivazione in più potrebbe diventare molto performante; i processi sono vecchi e farraginosi, ma possiamo facilmente prendere esempio dai migliori e adattarli alle nostre esigenze. Strumenti, risorse, processi: abbiamo tutto ciò che ci serve per costruire il nostro cammino.
Avanzare iterativamente raccogliendo feedback
Credo sia il punto in cui il Gatto con gli stivali dimostra il suo massimo valore come Service Manager. Si è fatto dare un paio di stivali e un cappello (perché la presenza in certi campi è tutto) e un sacco con una corda. Usa questo sacco per catturare un coniglio e portarlo a corte. Giunto lì e fattosi ricevere dal re in persona per consegnargli questo dono da parte del fantomatico Marchese di Carabas, scopre la passione del sovrano per la selvaggina. Su questo feedback, torna a caccia nei boschi e porta nuova selvaggina al re, non tanto per ingraziarselo, ma per creare nella mente del sovrano l’associazione che il Marchese di Carabas è qualcuno che può soddisfare le sue passioni.
Spesso noi Service Manager ci limitiamo a dare un’occhiata veloce e superficiale ai risultati delle surveys, controllando solo il punteggio, o, banalmente, se sono positive o negative. Difficilmente le usiamo per costruire la nostra strategia futura nei confronti del cliente o, per dirla in altra maniera, far comprendere agli utenti che noi siamo quelli che, attraverso i servizi, possono aiutarli a soddisfare le loro esigenze.
Collaborare e promuovere la visibilità
Il Gatto con gli stivali è riuscito nell’impresa di creare una squadra fortissima, in cui ogni membro lavora attivamente per raggiungere l’obiettivo finale di far sposare il giovane squattrinato alla figlia del re. Detto con una terminologia più ITIL® 4, ogni stakeholder (il re, il Gatto, i servitori nel castello dell’Orco, i contadini e i taglialegna che lavoravano i campi e i boschi dell’Orco, financo l’Orco stesso) è impegnato nel co-creare valore (fare la fortuna del suo padrone, convincendo la figlia del re a sposarlo) per l’utente del servizio (il terzogenito del mugnaio). In questo suo sforzo immenso di promuovere collaborazione, non smette, però, mai di dare visibilità al suo servizio: la fortuna del fantomatico Marchese risulta già evidente prima ancora che lui l’abbia effettivamente conquistata.
Certo, qualcuno potrebbe obiettare che il modo con cui ricerca ed ottiene la collaborazione di contadini e taglialegna sia abbastanza borderline, ma credetemi, ho visto manager e dirigenti comportarsi in maniera ben peggiore, ricevendo applausi e pacche sulla spalla. Quindi, a costo di passare per una persona poco “politically correct“, applausi a scena aperta al Gatto con gli Stivali!
Pensare e lavorare in modo olistico
Il termine olistico deriva dal greco “olos“, che significa “tutto, intero, totale”. Pensare in maniera olistica significa non vedere le singole parti come separate, ma come un unico insieme. Ogni parte è intrinsecamente legata ad ogni altra. Il nostro Gatto è colui che, sin dalle prime righe della fiaba, ha perfettamente stampato nella sua mente il disegno d’insieme. Lo vediamo in ogni scena, compiere ogni singola azione per ricostruire il quadro generale.
A me piace pensare di avere una visione olistica nel mio lavoro, ma devo ammettere che spesso mi capita di vedere singole parti che sembrano compiere una traiettoria nettamente divergente da questo disegno d’insieme: vi è mai capitato che un vostro collaboratore o un partner sia concentrato solo sul proprio interesse personale e non sul disegno finale?
Mantenere semplicità e praticità
E’ forse il mio principio guida preferito: amo sempre ripetere a chi lavora con me “Falla semplice, non stare a complicarti la vita“. Anche in questo, il Gatto con gli Stivali è un vero maestro. Come può un piccolo gatto sconfiggere un terribile ed enorme Orco feroce? Semplicissimo, facendo leva sull’ego dell’avversario; lo adula, lodando la sua abilità nel trasformarsi in qualsiasi animale feroce, ma poi, al momento giusto, insinua il tarlo del dubbio nella mente del suo avversario. “Sei davvero bravo a trasformarti in tutti questi esseri enormi e feroci, però saresti altrettanto bravo a trasformarti in un animaletto piccolo piccolo come un topolino?“. Un genio! L’Orco cede alle lusinghe e il Gatto con gli Stivali ne fa un sol boccone!
Ricordo un episodio che mi è capitato quest’estate. Abbiamo una casa in montagna che affittiamo come casa-vacanze. Per ottimizzarne la gestione utilizziamo un sistema per aprire la porta di casa tramite una comodissima app per smartphone, che però richiede la costante connessione ad Internet per poter funzionare. Ebbene, è capitato un paio di volte che, probabilmente a causa di un temporale o non so che altro, il modem si fosse come impallato e quindi di fatto noi non potessimo raggiungere i comandi di apertura della porta da remoto.
In quei momenti eravamo lontani e, senza Internet, senza controllo su quei dispositivi. Fortunatamente avevamo un amico, residente in zona, a cui abbiamo chiesto la cortesia di spegnere e riaccendere il contatore generale della luce, sperando che questa sorta di reset ci potesse essere di aiuto. Così è stato! Chiaramente questa non è certo la soluzione più semplice e pratica da attuare. Ci è bastato però sostituire il salvavita con un modello a riarmo automatico in modo tale da poter ovviare a problematiche del genere. Semplicità e praticità devono essere sempre il faro che guida le nostre azioni.
Ottimizzare e Automatizzare
Ecco, qui forse è dove il nostro Gatto dimostra un poco i suoi limiti, anche se forse sarebbe più corretto dire “i limiti del suo tempo”. Al tempo in cui è ambientata la fiaba, infatti, era molto difficile anche solo immaginare qualche forma di automatismo. Tuttavia, ripensandoci bene, la mia affermazione di poco sopra non rende giustizia al nostro eroe: qualche automatismo il Gatto con gli Stivali è riuscito a introdurlo. Proviamo a pensare all’inizio della fiaba quando va a caccia di selvaggina da portare in dono al re.
Ci potremmo aspettare un felino che va nei boschi a caccia di lepri, conigli, uccelli e invece che fa il nostro Gatto. Si fa procurare dal suo padrone un sacco e una corda. Prende un rametto e costruisce una rudimentale trappola per le sue prede. Forse rinuncia un poco al divertimento, ma certamente automatizza e ottimizza, quindi, anche questo settimo e ultimo principio guida di ITIL® 4 viene rispettato.
Oggi, le possibilità di ottimizzazione a automazione sono enormi, non abbiamo che l’imbarazzo della scelta; eppure mi capita spesso di vedere procedure manuali macchinose ancora in essere per semplice pigrizia o resistenza al cambiamento da parte degli attori coinvolti. La regola d’oro per un bravo Service Manager, dovrebbe essere: laddove hai un processo ben identificato e standardizzato, cerca eventuali ulteriori forme di ottimizzazione, riduci ai minimi termini ogni intervento umano e automatizza. Riduci così i costi, minimizzi la possibilità di fare errori e, cosa più importante, migliori il lavoro delle persone, che risultano sempre meno impegnate in attività ripetitive, in cui il valore che potrebbero apportare è poco superiore allo zero.
Conclusione
Come nel mio precedente articolo Arance e Service Manager, ho voluto affrontare, da un punto di vista non proprio convenzionale, un tema, quello del Service Management, che mi sta molto a cuore. Da qualche tempo, infatti, sto seguendo alcuni corsi sulla metodologia ITIL® 4 e trovo che spiegare i suoi concetti chiave raccontandoci sopra una storia sia molto utile; per lo meno è utile a me, da un lato per vederne un’applicazione pratica e dall’altro per fissarli nella mia mente in maniera più semplice ed efficace. Mi rendo conto che il rischio di banalizzare sia dietro l’angolo e spero sinceramente di non esserci caduto. L’augurio che mi faccio è che, nel leggerli, abbiate provato almeno lo stesso divertimento che ho provato io nello scriverli.
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