Codice Rosso

25 novembre. Contro la violenza sulle donne ma alle volte il problema possono essere anche le donne. Ecco perché

Il 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne e ho scritto un titolo scandaloso ma che ha i suoi bei motivi altrettanto scandalosi. Sono contraria a parlare di me stessa ma questa volta penso proprio sia un dovere. Ecco la storia di come una donna che denuncia il suo persecutore, che ha adottato una tattica molto subdola e maledettamente efficace, ha visto archiviare la sua denuncia per atti persecutori da un giudice donna che, nei tre mesi passati tra denuncia e archiviazione, non ha trovato il tempo per ascoltarla, e con tutta probabilità neppure per leggere la denuncia stessa.

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Sono una donna

Non sono mai stata debole, tantomeno fisicamente, specie da giovane. Sono una donna degli anni 80 e, quando avevo 20 anni uno come Turetta lo lasciavo io per terra, a navigare nel suo sangue. È capitato. Ormai il reato è caduto sicuramente in prescrizione e posso raccontarlo ma a 17 anni, al Parco Sempione, a Milano, ho massacrato di botte e calci, dati anche mentre era già a terra, un tizio che aveva osato tentare di rapinare me e una mia amica. Non me ne sono mai pentita, ma sono passati 43 anni, il nostro mondo è cambiato e sono cambiata anche io.

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Le ragazzine di oggi non hanno probabilmente la stessa tempra che avevamo noi, abituate a difenderci e a difendere la nostra libertà con i denti, le unghie, e anche con un cacciavite nascosto nella manica, quando dovevamo tornare da scuola o dal lavoro da sole, a piedi, di sera, perchè non c’era nessuno che poteva venirci a prendere o accompagnare. Probabilmente è un bene. Significa che la situazione, nel complesso, è migliorata. Però, anche le ragazze della mia generazione che hanno commesso stesso errore di valutazione fatto da Giulia Cecchettin, quello di andare all’ultimo appuntamento dopo la decisione di lasciare l’uomo che, con i suoi atteggiamenti, spaventava, infastidiva o insospettiva, sono diventate delle vittime.

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Il delitto d’onore oggi lo chiamano femminicidio

Ce ne è una lunga serie. Vittime di violenza, ma anche del famigerato “delitto d’onore” che era considerato un’attenuante dell’omicidio per motivi di gelosia e possesso. Era una specie di tolleranza che la giustizia applicava a chi, uomo o donna che fosse, uccideva per motivi passionali. Nello scorso decennio la civiltà ha fatto un passo avanti e l’omicidio per motivi passionali è diventato un’aggravante del reato di omicidio. Aveva bisogno di un nuovo nome e, secondo me facendo un errore, lo hanno chiamato “femminicidio“, perchè per lo più commesso ai danni di donne. Facciamola più semplice e comprensibile. Il delitto d’onore e il femminicidio sono l’interpretazione europea della sharia.

Le donne sono cambiate e sono cambiati gli uomini

Rispetto al 1980 oggi le donne possono fare i militari, i carabinieri, entrare in polizia. Nel passato recente non era nemmeno una opzione pensabile. Anche il rapporto con la violenza è cambiato e c’è un diverso modo di intendere anche questi lavori. Un tempo il militare faceva la guerra. Oggi porta la pace, ma con un po’ più di decisione e molta strategia, anche se stiamo vivendo in un mondo in cui la guerra è una realtà concreta.

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Il tempo passa

2017 il mio esame finale del mio primo corso di autodifesa per la donna con la Guardia Nazionale a Ossona (Mi)

Ritornando alla mia storia, posso confermarvi che la forza fisica diminuisce con l’età tanto quanto crescono lombalgie e saggezza. Negli ultimi anni, dalla mezza età in poi, ho seguito un buon numero di corsi di autodifesa per la donna, con la Guardia Nazionale odv, che mi hanno sostenuto e rafforzato. Oggi dove non può arrivare la forza fisica, arriva l’astuzia e il saper riconoscere, e il più possibile evitare, i problemi. E quando non si può evitarli si tenta di risolverli, restando sempre nell’ambito della legge.

Ed è cosí che, per più di 10 anni, mi sono difesa da un molestatore particolare. Uno che in primo tempo mascherava le sue molestie e i suoi attacchi da contrapposizione politica. Con il passare degli anni però, le molestie del bastardo sono cresciute di intensità. Perseguitava i miei amici, i miei collaboratori, i miei clienti, i miei parenti, spaventandoli con accuse assurde nei miei confronti, usando video e social, mi seguiva mentre mi recavo al lavoro e spargeva calunnie inaudite.

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Il suo scopo recondito era quello di farmi il vuoto intorno, attaccando in modo ossessivo, chiunque avesse un rapporto stretto con me sia che fosse parentale, sociale o lavorativo. Tutte azioni che sono riuscite più di una volta a mettermi in forte difficoltà e a raggiungere i loro scopi. La sua violenza non è ancora fisica, ma è economica, psicologica e sociale. Anche riguardo all’autodifesa, non posso picchiarlo se non in risposta ad un attacco fisico che, per ora, non c’è stato. Nonostante abbia presentato decine di denunce per diffamazione, nessuna è mai arrivata a conclusione. Le archiviano.

Di fronte alla legge e allo stato, mi sono sentita spesso come se la mia vita e la mia salute non avessero alcun valore e come se fossi l’unica a comprendere e a vedere la gravità e la violenza della situazione di cui ero vittima. In pratica, mi sono sentita considerata come una scema esagerata che si lamenta per il nulla.

Il clou. Il Giudice donna che archivia una denuncia per atti persecutori

In questa situazione pesantissima ed estremamente condizionante della mia vita, ho sempre saputo di avere la possibilità di risolvere senza tante storie. Non avete idea delle volte che mi sono detta: “Adesso scendo, lo pesco quando mi segue e mi filma per strada ( lo fa sempre) , lo branco e gli do 4 cannellate sulla schiena che lo stendo immobile per almeno sei mesi.” oppure: “ora lo aspetto in un punto nascosto in mezzo al bosco, e lo sistemo in modo tale che ne troveranno i pezzi solo quando sarà un reperto archeologico”. Purtroppo sono quelle cose che a causa di età e di lombalgia, e saggezza acquisita, non posso fare.

Quindi al terzo episodio di molestie nel giro di pochi giorni, ho scritto una lunga denuncia per atti persecutori, con il riassunto e con l’indicazione delle prove più significative, e la ho presentata ai carabinieri. Mi attendevo, conoscendo le procedure della legge sul Codice Rosso, di essere sentita entro le 48 ore. Campa cavallo. Ho atteso mesi, e intento continuavano le persecuzioni, e le molestie, senza che io fossi contattata da nessuno. Trascorsi sei mesi mi hanno chiamato i carabinieri, per consegnarmi la comunicazione dell’archiviazione. La firma, in calce, è quella di un giudice donna . Il Vaffanculo mi è scappato mentre ero ancora in caserma.

Ecco quello che succede davvero

Le molestie continuano ancora, c’è stato anche un increscioso episodio in cui pur avendo chiamato il 112 e chiesto l’intervento delle forze dell’ordine per liberarmi del molestatore, non è uscito nessuno. Nè carabinieri nè la polizia locale, che era la più vicina al luogo dell’intervento. Per fortuna, il molestatore se ne è andato quando si è reso conto che avevo davvero chiamato il 112, ma non ha concluso la sua opera molestatoria. E’ infatti corso a denunciarmi per minacce, perchè avevo osato ribellarmi alla sua violenza, quando mi filmava per strada mentre mi insultava e denigrava e ha usato quello stesso video, pubblicato più volte su youtube, come prova per sostenere la sua tesi, nella denuncia stessa, il bastardo.

Quello che vede la gente: scarpette e panchine rosse, servizi di cronaca dopo l’omicidio e i talk show del giorno dopo

Nessuno prende sul serio questo tipo di persecuzioni fino a che non finiscono nel sangue e nella violenza e diventano fatti di cronaca. Purtroppo è la dura realtà. E’ indubbio che la violenza sia l’epilogo di lunghe storie di vessazioni perchè l’ossessione di chi pretende che una donna si comporti secondo gli schemi che lui si è prefissato, cresce sia che la donna si adegui alle richieste sia che non lo faccia, perchè il maniaco trova soddisfazione, e si sente qualcuno, nel perpetrare le molestie e le persecuzioni, non nell’ottenere il risultato che si prefigge. La violenza è l’ultimo atto. Poi, vada come vada. In alcuni casi lo fermano in tempo, in altri no.

I sensi di colpa dell’uomo normale, la questione politica e il 25 novembre

Potrei aggiungere che un altro problema della violenza sulle donne, intesa come fenomeno sociale, è il senso di colpa che, su questo argomento, colpisce gli uomini per bene e li spinge a sponsorizzare bellissime iniziative che, dal lato pratico, non servono a nulla. Oppure li spinge a negare il fenomeno per timore di essere assimilati, come uomini, a chi li compie. Non sono loro, non è il genere maschile, non sono gli uomini normali e civili che hanno un rapporto normale con le donne, ad essere sotto accusa.

A mio parere, se tutti gli uomini hanno potuto cambiare il modo di vedere le cose, negli ultimi decenni, ma alcuni non lo hanno fatto, è perchè questi alcuni hanno dei disturbi comportamentali di tipo patologico. Però, classificare scientificamente la tendenza alla violenza di genere come una malattia, la renderebbe malattia per tutti gli umani, di qualunque etnia ed educazione. Classificare gli uomini violenti come matti, equivarrebbe a dar dei matti a tutti coloro che in un modo o nell’altro applicano la sharia. Non credo che ci sia, al momento, chi abbia le “palle” politiche per farlo.

Nota della redazione
I giornalisti di Co Notizie News Zoom lavorano duramente per informare e seguono l'evoluzione di ogni fatto. L'articolo che state leggendo va, però, contestualizzato alla data in cui è stato scritto. Qui in basso c'è un libero spazio per i commenti. Garantisce la nostra libertà e autonomia di giornalisti e il vostro diritto di replica, di segnalazione e di rettifica. Usatelo!Diventerà un arricchimento della cronaca in un mondo governato da internet, dove dimenticare e farsi dimenticare è difficile, ma dove la verità ha grande spazio.

Articolo aggiornato il 26/11/2023 11:12

Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima come cronista, critica gastronomica e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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Testata registrata presso il Tribunale di Milano n. 47/2020 del 3/06/2020 Direttore responsabile Ilaria Maria Preti
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