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Forza Italia, Popolo della Libertà, Nuovo Centro Destra, Alleanza Popolare: entra in un partito, poi esce e ne fonda un altro e poi un altro ancora tenendo ben salda la bussola sull’unica cosa che conta concretamente: le poltrone. E, alla fine, l’oca di Angelino Alfano si è fermata sulla casella (politicamente perdente) di Alleanza Popolare.
Dal 2008 al 2011, Angelino Alfano è stato ministro della giustizia del governo Berlusconi; poi due anni di pausa (ma sempre sui banchi parlamentari) e torna ministro dal 2013 al 2014 con i governi di centrosinistra di Enrico Letta e Matteo Renzi, per i quali segue il dicastero dell’Interno; dal 2016 al 2018 è invece ministro degli esteri con l’esecutivo di Paolo Gentiloni. Fino al 2013, Alfano ha militato nel centrodestra di Silvio Berlusconi da quando Forza Italia era appena nata(1994), provenendo dalla moritura Democrazia Cristiana.
Alfano non è il primo che cambia partito e non sarà l’ultimo, parimenti non è una novità che a fronte del cambio di casacca c’è qualcosa che si guadagna (per tutti, e in tutti i casi, le motivazioni per il passaggio sono sempre alte e nobili… però casualmente non si resta mai a mani vuote); l’originalità di Alfano sta nell’aver cambiato più volte sia partito che schieramento e ogni volta con l’agilità del trapezista.
Egli, senza tradire il suo elettorato (non ne ha) e senza scontentare i suoi iscritti (non ne ha mai avuti), ha compiuto la mossa politica che tanti altri hanno tentato di fare, senza riuscirci: rimettere in gioco i propri voti in Parlamento con l’ovvio intendimento di aiutare il centrosinistra non solo nei momenti di difficoltà ma anche per consentire al centrosinistra di impostare una politica di più ampio respiro.
Un governo che si regge su pochi voti non può fare provvedimenti di elargizione a pioggia, per i quali occorre grande coesione in quanto molto costosi; ma se un governo non fa, soprattutto alla vigilia del voto, assunzioni di precari nella pubblica amministrazione, aumenti salariali ai dipendenti statali e soldi a cascata per opere pubbliche che magari restano sulla carta, ha poche possibilità di vincere le elezioni.
L’incarnazione dell’ “italiano vero” cantato da Toto Cutugno è Angelino Alfano, tanto è tipicamente italiano correre in soccorso del vincitore e scaricare il perdente.
Articolo aggiornato il 17/11/2023 10:24