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Ieri sera, nella splendida cornice del Teatro Città di Legnano “Talisio Tirinnanzi”, si è svolto il concerto di Massimo Priviero, organizzato in collaborazione dal Comune di Legnano e dalla Fondazione Ticino Olona come evento conclusivo del Filantropia Festival 2023.
E’ stato un grande concerto, più di due ore di ottima musica, in cui l’artista e la sua band non si sono risparmiati nemmeno un attimo. Che ci saremmo trovati di fronte a una performance eccezionale lo si è capito sin dal primo brano proposto, “Libera Terra“, con la mente che non può che andare alla canzone che l’ha ispirata: “This Land is Your Land” di Woodie Guthrie. Subito dopo è stata la volta di “Un Solo Popolo“, tratto dall’ultimo album. Lo show è poi proseguito con una scarica di energia pura, inesauribile con brani che sono nella storia di questo cantante: “Dolce Resistenza“, “Il Mare“, “San Valentino” e “Nessuna Resa Mai” o, ancora, la bellissima “La Strada del Davai“, dedicata a Mario Rigoni Stern.
Il concerto, prima dei bis, si è concluso con “Bataclan“, introdotta dal ricordo toccante di quando Massimo l’ha eseguita per la prima volta al Teatro Ariston, per il premio Tenco, qualche anno fa. E’ ispirata a Valeria Solesin, una delle vittime dell’attentato di Parigi del novembre 2015. E’ la storia dell’amore tra una madre e una figlia ed è bellissimo il messaggio che ripete Massimo nel ritornello: “La vita è bella, io non ho paura mai!“. Un grande regalo ci è stato fatto, in ultimo, con la presentazione di un inedito, che speriamo farà parte dell’album a cui l’artista sta lavorando in questi mesi. Lo show è poi terminato con la classica “Splenda il Sole“, trascinante e degno brano di chiusura di uno splendido concerto.
Questa la cronaca di ciò che è successo ieri sera a Legnano. La cronaca, appunto. Nella realtà è stato tutt’altro. Si è trattato di uno di quei momenti che restano nella vita di un uomo e che, quando li vivi, senti che potrebbero segnare un prima ed un dopo. Certo, poi esci dal concerto e la tua vita di tutti i giorni ritorna a bussare alla tua porta con i suoi problemi, le sue routine, la sua quotidianità e quel momento, normalmente, tendi a riporlo nel cassetto; ma se sei abbastanza bravo e fortunato da non lasciarti sopraffare da loro e da ricordare quella sensazione, beh, allora c’è ancora speranza. La speranza che il sogno, che stai inseguendo e che un alito di vento potrebbe portarti via, un giorno potrebbe arrivare “su nel cielo come campane di libertà“.
Mi è venuta in mente la famosa frase che Jon Landau scrisse sulla rivista “The Real Paper” il 9 maggio del 1974: “Ieri sera ho visto il futuro del Rock’n’Roll e il suo nome è Bruce Springsteen“. Io non sono Jon Landau, Massimo Priviero non è Bruce Springsteen e ieri sera non ho visto il futuro del Rock’n’Roll. Quello che ho visto ieri sera è il significato di questo genere di musica ed è tutto contenuto in un verso dello splendido inedito di cui vi parlavo poco fa “I miei amici con mani in pezzi, su strumenti mi dicevan Massi non è tutto là. Il Rock’n’Roll è una poesia di strada, mica la storia di sfigati nei bar“. Il Rock è una poesia di strada, con cui possiamo costruire, mattone dopo mattone, i nostri sogni e, con questi sogni, le storie delle nostre esistenze.
Non era questa la prima volta che andavo a un concerto di Massimo Priviero. Ricordo con particolare affetto quello fatto, qualche anno fa, nel paese dove vivo, poco distante da Legnano. Era uno dei primi concerti che si potevano fare, subito dopo la pandemia. Ne ho parlato già in un’altra occasione e se vi va di andare a rileggerlo secondo me ne vale la pena. Massimo Priviero è un grande artista perché non importa se sta suonando in uno stadio pieno o in un piccolo teatro di provincia: lui sta parlando ad ognuna delle persone che ha davanti a sé e ognuna di loro lo sente.
Sono particolarmente legato a lui anche per un fatto molto personale: quest’estate ha avuto la bontà di scrivere la prefazione alla mia raccolta di racconti “Le Avventure di Colibrì“. Ieri sera ho portato con me una copia del mio libro con lo scopo di farmela autografare; così oggi, sfogliando quelle pagine e riguardandola, non posso che andarne fiero. Quello che, però, ho portato a casa ieri sera non è stata una firma su un libro; è stata, come vi raccontavo, la consapevolezza di aver vissuto un momento che rimane e che può fare la differenza; è stata la certezza, e qui Massimo mi perdonerà se gli rubo le parole, che “venderò cara la mia pelle, fin quando un giorno il mondo non mi ascolterà“.
Articolo aggiornato il 08/10/2023 18:37