Occhiali spaziali: innovazione e tecnologia dalla Terra allo spazio al Centro Ottico Rossini & Licciulli di Parabiago
A Parabiago, al centro ottico Rossini & Licciulli , che si trova al numero civico 44 della statale del Sempione,
Nei giorni scorsi mi è capitato di leggere nel feed di LinkedIN un articolo che promuoveva una serie di corsi introduttivi di Google sull’Intelligenza Artificiale Generativa, quella di Chat GPT giusto per intenderci.
L’Intelligenza Artificiale (o AI come si è soliti abbreviarla usando l’acronimo inglese) è una disciplina che, giorno dopo giorno, pervade sempre più le nostre vite. Non voglio esprimere qui giudizi di merito: da ingegnere mi verrebbe semplicemente da dire che si tratta di uno strumento, estremamente potente, con il quale possiamo quindi compiere cose grandiose, sia in positivo che in negativo. Potremmo usarla per risolvere problemi di cui, altrimenti, non riusciremmo mai a trovare una soluzione, ma una leggerezza nella progettazione dei modelli potrebbe amplificare nostri bias, creando storture ed obbrobri difficilmente immaginabili.
Quel che è certo è che dovremo investire moltissime risorse nella formazione di chi progetterà questi modelli; formazione non solo scientifica/tecnica, ma anche, e soprattutto, etica.
Fatta questa piccola premessa, non voglio tediare le vostre vacanze agostane con queste disquisizioni: ci sarà modo per riparlarne a settembre. AI mi serve oggi come spunto per una storia che mi è venuta in mente questa mattina, nel dormiveglia dell’alba che precede il risveglio. Il racconto di oggi è la storia di un uomo, una persona comune come me o come voi. Una persona sposata, senza figli. Un lavoro, che lo tiene impegnato durante la settimana e che gli dà la possibilità, durante il weekend, di dedicarsi ai suoi hobby. Una persona normale, comune, nel senso più positivo del termine. Potrebbe essere l’uomo della porta accanto. Il suo nome è Dante e non è detto che sia per casualità. Ha avuto una bella vita, con alti e bassi, un po’ come tutti.
A differenza di tutti, però, ha una particolarità. E’ sempre alla ricerca di cose che si adattino, perfettamente, a lui. Beh, che c’è di male in questo direte voi? Nulla, assolutamente nulla. Se non che Dante ha fatto di questa ricerca un’arte, anzi una scienza! Qualsiasi cosa debba comprare, prendere, usare, ebbene, questa deve adattarsi a lui alla perfezione; come due pezzi di un puzzle: l’accoppiamento deve essere perfetto! Dante era un ragazzino negli anni ottanta e ha avuto la fortuna di assistere alla diffusione dei primi personal computer. Chi, come Dante o come me, ha la passione per questo mondo e qualche capello grigio sulla testa, ricorderà quegli anni, quando ogni rivista di informatica aveva al suo interno un CD (prima ancora era un floppy disk) con la raccolta dei software del momento. Ebbene, ci fu un periodo in cui, in questi CD, non potevano mancare i software per il calcolo dei bioritmi.
Spiegate in parole povere, le teorie sui bioritmi, da molti considerate “pseudoscienze“, sostengono che le nostre vite siano regolate da ritmi ciclici biologici i quali influenzerebbero le abilità personali di ognuno di noi. Beh, Dante ne fu subito affascinato e iniziò così fin da ragazzo a studiare questi ritmi ciclici iniziando da qui quel percorso di “ricerca dell’accoppiamento ideale” che perfezionerà sempre più nel prosieguo della sua esistenza.
Anche nella ricerca dell’anima gemella, Dante seguì questa sua “filosofia” di ricerca. Iniziò interessandosi di astrologia e calcolando il suo tema astrale così da poterlo confrontare con le ragazze con cui usciva per capire se qualcuna di loro potesse essere la sua anima gemella. Vide ben presto nel progredire della tecnologia un valido alleato in questa sua ricerca. Le app in stile Tinder furono una manifestazione per lui. Credo fosse l’unica persona a fare swipe, per segnalare se una ragazza gli interessasse o meno, non basandosi sulla foto, ma andando a leggere le caratteristiche del profilo. Era convinto che la sua anima gemella dovesse avere i suoi stessi interessi, gli stessi hobby, gli stessi pensieri, non gli interessava tanto l’aspetto fisico.
Alla fine, quando la trovò, non poté che congratularsi con l’algoritmo. La sua ricerca aveva dato il risultato perfetto. La compagna che aveva trovato era veramente l’abbinamento perfetto e non solo perché si chiamava Beatrice! A guardarli insieme, lo vedevi lontano un miglio che erano veramente le due parti della stessa mela: non riuscivi a dare una spiegazione, ma eri certo che quei due fossero fatti l’uno per l’altra!
Nella vita di Dante, l’algoritmo aveva assunto un ruolo sempre più importante. Si può facilmente affermare, senza timore di esser smentiti, che non ci fosse decisione alcuna che Dante non prendesse in accordo con l’algoritmo. Lasciate che vi spieghi meglio. Avete presente quando navigate su qualche sito web, vi registrate a qualche servizio online, oppure state sottoscrivendo un contratto? Insomma ogni volta che vi stanno chiedendo dei dati personali? In queste situazioni le persone di solito si dividono in due gruppi: chi dice no a qualsiasi forma di profilazione e chi non ci bada e accetta le opzioni di default o magari mette si a tutte le opzioni senza nemmeno leggere.
Ebbene, Dante non apparteneva a nessuna di queste due categorie. Dante, coscientemente, metteva si a qualunque forma di profilazione gli stessero proponendo. Il suo era un SI, straconvinto! La sua fiducia nell’algoritmo era talmente solida che si affidava ciecamente a lui. A chi glielo chiedeva, diceva che più permetteva all’algoritmo di conoscerlo e più l’algoritmo sarebbe stato in grado di trovare cose che lui stesso magari non sapeva di volere o di averne bisogno. Le sue ricerche su Internet erano di fatto dei percorsi guidati dall’algoritmo. Quelle che noi normalmente consideriamo come mail di spam, per Dante erano manna dal cielo: le apriva tutte con la convinzione che dentro potesse esserci qualcosa che gli potesse interessare.
Del resto che fosse predestinato ad una vita del genere, lo si poteva già intuire dal suo nome. Ricordate che vi dicevo come il nome Dante non gli fu dato per casualità? Ebbene, di cognome, il nostro amico, faceva Accomo e lui era solito presentarsi non come fanno tutti dicendo prima il nome e poi, eventualmente, il cognome, ma al contrario. Così quando lo incontrai per la prima volta e mi presentai: “Piacere, Davide”, lui di rimando: “Molto lieto, Accomo Dante”, ma lo disse senza separare il cognome dal nome, perché, in definitiva, lui si sentiva proprio così, accomodante. Non nel senso di persona che cede facilmente e che si adatta, ma piuttosto come chi ricerca quelle situazioni e quelle cose che più gli si adattano, quelle, cioè, dove si trova più comodo.
Dante visse così fino all’età di cinquant’anni. Fu, dal suo punto di vista, una bella vita, piena di soddisfazioni. Come detto, aveva una moglie con cui andava perfettamente d’accordo. Chi li conosceva per bene, avrebbe fatto fatica a ricordare la benché minima discussione fra i due: semplicemente vedevano il mondo nella stessa identica maniera. Aveva un bel lavoro, che gli dava enormi soddisfazioni. Aveva iniziato a lavorare come programmatore e si era man mano spostato verso una carriera di data scientist: in questo modo, sono parole sue, avrebbe potuto “lavorare all’algoritmo perfetto“.
Dante visse così fino all’età di cinquant’anni. Le sue giornate erano guidate dall’algoritmo ed erano totalmente prevedibili. Forse, la maggior parte di noi, avrebbe potuto trovare questa vita un poco noiosa, ma aveva i suoi lati obiettivamente positivi. Viviamo in un mondo in cui siamo sommersi dalle informazioni; onestamente, nessuno di voi si è mai sentito sopraffatto da tutto ciò? Troppe informazioni possono bloccarti nel prendere una decisione. L’algoritmo è, oggettivamente, di aiuto. Può digerire miliardi di informazioni senza essere influenzato dai nostri stati d’animo. Sicuramente può prendere decisioni in maniera più oggettiva di noi. Se ci pensate bene, Dante non aveva proprio tutti i torti, la sua scelta di ricerca dell’abbinamento perfetto, della soluzione più comoda per lui (per restare in tema con il suo nome) aveva delle solide basi. E, infatti, visse la sua bella vita fino all’età di cinquant’anni.
Era un giorno di marzo, fine marzo. Una giornata di inizio primavera. Un poco di sole in cielo e qualche piccola nuvola all’orizzonte. Dante era alla fermata dell’autobus numero 21, in attesa. Ovviamente la scelta di questo autobus non era stata casuale, ma frutto di profondi studi: nonostante il tragitto del 21 fosse di un paio di chilometri superiore a quello del tram 34, l’autobus era più veloce e gli permetteva di impiegare ben sette minuti in meno nel percorso verso l’ufficio. Contando anche che la frequenza con cui passava era superiore a quella del tram, aveva calcolato che le probabilità di arrivare prima in ufficio, anche uscendo di casa un paio di minuti dopo, erano decisamente superiori scegliendo l’autobus 21. Come dicevamo, Dante era in attesa alla fermata dell’autobus, intento a leggere le notizie sul suo smartphone: notizie ovviamente selezionate e riassunte dall’algoritmo di turno.
Improvvisamente, una folata di vento gli fece volar via il cappello. Dante, senza nemmeno pensarci, prese ad inseguirlo. Il cielo si annuvoló d’improvviso. Il vento continuava a soffiargli via il cappello ogni qual volta stava per metterci le mani sopra. Incurante del traffico e del tempo che stava sempre più peggiorando, Dante inseguiva il suo cappello in questa lotta impari contro il vento. Qualche volta fu anche sul punto di venire travolto dalle auto in corsa, ma lui non se ne rese conto. Così come non si rese conto che aveva iniziato a piovere copiosamente. Il suo unico scopo era quello di non perdere di vista il cappello.
Aveva percorso già qualche centinaio di metri in questo inseguimento e i suoi vestiti erano ormai zuppi di pioggia. Improvvisamente il cappello, spinto dal vento, incappò in una donna che passava di lì e si fermò proprio ai suoi piedi. Il vento all’improvviso si quietò. La donna raccolse il cappello, gli diede una leggera riassettata e lo porse a Dante, che nel frattempo era giunto davanti a lei. Provò a ringraziarla, ma il fiatone per la corsa appena fatta gli troncò le parole in gola, così si limitò a sorriderle. La sconosciuta contraccambiò. Nel mentre, proprio come il vento, anche la pioggia improvvisamente smise di scendere. In cielo, in lontananza, Dante riuscì a scorgere uno splendido arcobaleno.
Dante era lontano solo qualche centinaio di metri dalla sua solita strada, ma aveva la sensazione di esser stato trasportato in un’altra vita o in un’altra dimensione. La donna che aveva accanto, sulla quarantina avresti detto, era quanto di più diverso da lui si potesse immaginare: nel fisico, nel vestire, nei modi di fare, di pensare e, Dante lo imparò ben presto, di vivere la vita. Iniziarono a parlare insieme e non si trovarono d’accordo sulla benché minima cosa. Non importava: continuarono a camminare insieme e a parlare. Difficilmente si sarebbero potuti trovare due pezzi di un puzzle che si accoppiassero peggio di loro due. Eppure, anni dopo, Dante e quella donna continuavano a camminare insieme e a parlare, ognuno portando avanti le sue idee. L’algoritmo per Dante era soltanto un lontano ricordo. Da quel momento aveva deciso di prendere la vita come veniva, giorno per giorno, affidandosi alle sue sensazioni e non più alle ferree regole dell’algoritmo. Se qualcuno gli chiedeva spiegazioni o il perché di un tale cambiamento, Dante rispondeva allargando le braccia: “Nell’istante in cui lei mi ha ridato il cappello, ho visto l’arcobaleno e continuo tuttora a vederlo sul nostro cammino!”
Articolo aggiornato il 21/08/2023 14:53