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Guerra santa per il crocifisso in Piemonte

In questi giorni a Torino, i consiglieri di regione Piemonte e quelli del consiglio comunale Torinese stanno affrontando, per il crocifisso, una guerra Santa . La cosa più strana della vicenda è che mentre in consiglio regionale si tiene il crocifisso appeso alla parete considerandolo, oltre che un simbolo religioso e di Fede, anche un patrimonio di storia e cultura italiana, cui si rifanno i valori fondanti di tutte le popolazioni europee, in consiglio comunale c’è chi è disponibile a fare lo sciopero della fame per toglierlo, considerando come offesa a tutte le altre religioni.

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Quando ho saputo della storia, dal consigliere regionale Andrea Cane, mi è venuta voglia di consigliare di lasciar continuare il consigliere comunale torinese e capogruppo Silvio Viale (lista per Torino) che ha iniziato la guerra santa contro il crocifisso, nel suo sciopero della fame, senza dargli troppo peso. Però, dato che la storia invece è finita sulla stampa, ed è diventata una guerra santa di sinistra contro la religione, è meglio parlarne.

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Il consigliere regionale Andrea Cane, della Lega Salvini Piemonte, qualche tempo fa aveva presentato una mozione, poi approvata con il supporto della Maggioranza intera composta da Lega, FI e FDI assieme anche al Gruppo dei Moderati, per riappendere nella sala del consiglio regionale il crocifisso ed è la persona più informata sui fatti, e sulle leggi, per dare una risposta al consigliere comunale Bruno Segre. L’ordine del giorno che ha portato di nuovo il crocifisso a Palazzo Lascaris era intitolato ‘Difesa, rispetto e salvaguardia dell’importanza del Crocifisso’

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Da palazzo Lascaris

Il consigliere regionale Andrea Cane risposto seccamente alla proposta di togliere il simbolo religioso dalle sale del palazzo civico. Nella sua battaglia per il crocefisso nell’emiciclo regionale aveva ricevuto anche il sostegno dei rappresentanti del Popolo della Famiglia.

“Trovo sconcertante la proposta dall’avvocato Bruno Segre di togliere il crocifisso dalla Sala Rossa del Comune di Torino in nome della laicità, per dare spazio a una ‘cancel culture’ che boicotta le tradizioni e rinnega la storia della nostra gente. Parliamo di un patrimonio non solo italiano ed europeo, ma dell’intero mondo che abitiamo, un simbolo portatore di pace, coraggio, solidarietà. Cancellare i simboli della nostra identità, collante indiscusso di una comunità, significa svuotare di significato i princìpi su cui si fonda la nostra società. Rispettare le minoranze non vuole dire rinunciare, delegittimare o cambiare i simboli e i valori che sono parte integrante della nostra storia, della cultura e delle tradizioni del nostro Paese”.


“La rimozione non tiene conto della nostra cultura, che vede il crocifisso come simbolo di tolleranza, pace e rispetto. Ricordo a chi vuole usare questi argomenti per avere un po’ di visibilità, che di recente a Münster in Germania l’antico crocifisso ligneo è stato tolto per una riunione dei ministri degli esteri del G7 per parlare della pace in Ucraina. Gli stessi musulmani tedeschi hanno criticato la decisione, riconoscendo nel simbolo l’effige del superamento della violenza e della morte.

Quindi ribadisco ancora una volta, a nome mio ma anche della Lega tanto che il Ministro Matteo Salvini si è esposto oggi contro la linea di Segre e della sinistra, che il Crocifisso non si tocca, anzi occorre affiggerlo dove non sia ancora presente: lo stesso non rappresenta solo una fede, ma un insieme di storia, di valori, di tradizione che sono propri della nostra cultura intesa anche a livello europeo ed occidentale in generale, che mi batterò sempre per difendere.

Lo facevo circa 20 anni quando ero un rappresentante dei giovani della Lega, continuerò a farlo anche in futuro: già nel lontano 1988 Natalia Ginzburg affermava che ‘Quella croce rappresenta tutti’, oggi invece l’ipocrisia e i fondamentalismi della sinistra contemporanea si combattono solo con il buonsenso e sono certo che i cittadini del Piemonte saranno ancora una volta dalla nostra parte anche il prossimo anno, quando alle regionali del 2024 dovranno scegliere tra chi difende i nostri valori storici e chi invece li vorrebbe buttare in un cassonetto dell’immondizia”.

Dal consiglio comunale di Torino

Secondo il consigliere comunale Bruno Segre invece il crocifisso sarebbe un elemento divisivo e ha chiesto con una mozione di modificare il regolamento 286, aggiungendovi che “nelle sale Dove si riuniscono il consiglio e le commissioni commissionali non possono essere esposti simboli religiosi se Non condivisi da tutti i componenti dell’assemblea”. Ha quindi imbastito una vera guerra di ateismo, mascherandola con delle opzioni di presunto civismo.

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Si deve tener conto che esiste un mondo dove tutte le religioni hanno pari dignità essere tutelate. Risulta necessario rimuovere il crocifisso che chiaramente è un’espressione divisiva di una religione che si ritiene superiore: la bandiera italiana potrebbe sostituirlo quale simbolo dell’unità d’Italia.

Anche il capogruppo e con della lista Per Torino, Silvio Viale, è intervenuto sulla questione ribadendo il principio della sovranità e della laicità dello Stato, dicendo che la sala rossa rappresenta la comunità. Poi ha dato la notizia di aver iniziato uno sciopero della fame come protesta per contestare la decisione di alcuni consiglieri comunali di annullare l’audizione della Curia nella conferenza dei capigruppo sulla permanenza in sala rossa del Crocifisso e, più in generale, sulla presenza di simboli religiosi.

“Politicamente e eticamente lo ritengo un atto di sudditanza, non richiesta, da parte della Presidenza del Consiglio dei Consigli Comunali che hanno sollecitato la revoca. La questione è rinviata venerdì e come segno di dialogo, da mezzanotte sono in sciopero della fame, con un invito una Laica riflessione sul significato della presenza di simboli religiosi nella sala del Consiglio Comunale”.

Il paradosso

In questa storia c’è un paradosso politico grande come un macigno. Infatti chi ha chiaramente una fede Cristiana, e vorrebbe essere un difensore anche della fede, non considera il crocefisso un simbolo religioso, ma un simbolo etnoculturale che rappresenta un insieme di valori in cui si riconoscono tutti, sia che siano credenti sia che non lo siano.

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Invece chi si sta battendo per eliminarlo dai muri delle sale della politica dimostra di considerarlo il simbolo forte della Regione Cristiana cattolica, crede che che la religione cristiana cattolica rappresenti la religione di maggioranza, la considera superiore alle altre religioni ( tutte le religioni si considerano superiori alle altre, in verità, altrimenti non sarebbero religioni) e si spinge fino a volere ascoltare il parere della curia, cioè della Chiesa Cattolica, in una commissione in cui si discute se togliere o meno il crocifisso dei muri.

A palazzo Lascaris hanno deciso da soli di appenderlo al muro, in modo che suggerisca ai consiglieri di attenersi ai valori per cui sono stati eletti. Al consiglio comunale di Torino, invece, c’è chi se ne sente minacciato. E il caso di fare come facevano le nostre nonne che intimavano, come ultima risorsa, l’intervento divino? “O Gesù Cristo, guarda un po’ giù dalla Croce, ogni tanto”.

Nota della redazione
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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima come cronista, critica gastronomica e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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