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Oggi in molti hanno detto addio prima che ad un politico, ad un amico dei lombardi: Roberto Maroni. Il concetto di amicizia oggi ha diversi significati: c’è l’amico Facebook, c’è l’amico con cui si condivide la vita e c’è l’amico con cui si condividono gli ideali, che non vedi spesso ma che capisci, approvi o nn approvi, che hai nel cuore perchè si sono condivisi momenti importanti della vita. Quando ci si ritrova, ci si riconosce. E’ difficile dire addio ad un amico negli ideali, perchè una parte della nostra strada e delle nostre speranze finisce con la sua vita terrena. (nella Foto, gazebo a Castano Primo – Milano, 21 febbraio 2013)
E’ così che potrei descrivere la mia amicizia con Roberto Maroni. L’amico negli ideali, quello dei molti momenti vissuti in sintonia, quello che ero pronta a raggiungere al gazebo, anche se non ero nelle mio aspetto migliore, giusto per salutarlo, fregandomene di come sarei apparsa nelle foto. Non è una cosa che faccio e facevo per tutti. Però Roberto Maroni era quell’uomo che, nel momento in cui era ministro del Welfare dello stato italiano, aveva preso una proposta di legge presentata dall’associazione Orsetti padani al parlamento padano di Sant’Angelo Lodigiano, e l’aveva trasformata nella legge sugli asili nido che è diventata occasione di lavoro regolamentato e soluzione di un grande problema per tutte le donne lavoratrici in Italia.
Era il 2003, quasi 20 anni fa. In quei momenti Roberto Maroni, ministro del Welfare, diceva: “Si tratta di una legge che va nel senso della politica di integrazione tra la vita lavorativa e quella familiare, non solo un intervento di politica sociale, una misura che si inserisce nel solco delle politiche attive del lavoro visto che la nascita di asili aziendali o condominiali permetterà di aumentare il tasso di attività del lavoro femminile. L’auspicio è che diventi legge definitivamente entro poche settimane. Speriamo entro l’anno“. Fu così.
Quel testo di legge, meno articolato ma chiaro negli intenti, era stato presentato a fine 2002 al Parlamento Padano dai delegati dell’associazione Orsetti padani, un’ associazione di genitori leghisti, indipendentisti e abbastanza rompiscatole. Tutte le proposte presentate dalle associazioni presenti in quel consesso, presieduto dall’onorevole Enrico Speroni, che ricoprivano vasti interessi sociali della Padania, presentavano mensilmente delle richieste e delle proposte che venivano girate ai parlamentari e ai ministri di riferimento perchè ne traessero delle leggi che migliorassero la vita e i servizi per i cittadini padani.
Fu la prima e forse l’unica volta che un progetto di legge del Parlamento Padano è stato approvato dallo stato italiano. Andò a beneficio di tutti gli italiani, e fu un gran bene. Prima di quel momento gli asili nido erano solo statali, si trovavano principalmente nelle città o nei paesi più grandi, i posti erano contingentati e accessibili a pochissimi. Ed uno dei motivi per cui sono riconoscente a Roberto Maroni. Ha dato un senso al mio impegno e ha realizzato qualcosa che a 20 anni di distanza consideriamo una normalità, dove prima c’era una grande difficoltà.
Il terremoto dell’Emilia del 2012 fu una catastrofe anche per la Lombardia. Quella zona agricolo produttiva dell’oltrePo mantovano era stata distrutta, ma nessuno la prendeva in considerazione. Riguardava anche me. Li avevo la zia Rosa, con la casa distrutta e una malattia progressiva altamente disabilitante. Pareva che il terremoto le avesse messe tutte e due, casa e zia, in un frullatore. L’intricato sistema burocratico sembrava voler sopraffare chiunque.
Avevo dovuto pretendere io la visita dei tecnici della protezione civile perchè venissero a vedere e valutare i danni nella piccola frazione di Santa Lucia, meno di 100 abitanti. Poi elessero Roberto Maroni alla presidenza della Regione Lombardia, e quello che pareva una scala mobile per l’inferno è diventato, battaglia dopo battaglia, un purgatorio con obiettivo paradiso. Non è ancora finita, ma a distanza di 10 anni possiamo dire che la ricostruzione dell’OltrePo Mantovano è quasi completata e lo deve, perchè aveva iniziato lui, a Roberto Maroni.
Il 16 settembre 1996 ero molto giovane, idealista e di una ingenuità disarmante. Ero convinta che tutto ciò che è buono, giusto e migliorativo della vita comune avesse solo bisogno di qualcuno che lo realizzasse. Ero convinta, in modo più o meno consapevole, che le cose in Italia non andassero bene per pigrizia, non curanza e un intimo razzismo anti lombardo e antileghista dei politici romani e che questi sentimenti negativi sarebbero crollati, e annientati, di fronte alla naturale forza e bellezza del progetto della Padania. Non so per quale motivo non mi accorgessi che quei politici romani erano perfettamente consapevoli della forza e bellezza della Padania e del federalismo e ben decisi a non darcela vinta su nessun punto.
Sono passati i decenni ed è stata la storia a spiegarmi i fatti della vita. Dopo aver votato nel 1997, sotto ai gazebo, per l’elezione del parlamento padano, siamo arrivati al 22 ottobre 2017 a votare in Veneto e in Lombardia per l’autonomia. Non è la secessione, non è il federalismo, non si può dire neppure che era la realizzazione dell’articolo V della costituzione italiana, ma è un atto volontario del popolo che presenta fermamente e istituzionalmente la sua volontà. Roberto Maroni, e il consiglio lombardo, avevano avuto la forza di imporre che, per la prima volta, ai lombardi fosse data libertà di espressione sul tema libertà, anche se sotto il nome di autonomia.
Ecco perchè oggi, nel giorno del funerale di Roberto Maroni, rimpiango l’amico, il compagno di ideali, e il fatto che non sia riuscito a vedere realizzato almeno in parte quel sogno, quel progetto che ci raccoglieva tutti intorno al Sole delle Alpi. Mi spiace, mi spiace davvero. Abbiamo perso un grande uomo e un grande rivoluzionario buono.
Articolo aggiornato il 26/11/2022 23:26