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Una storia nella storia, una violenza nella violenza. C’era chi solidarizzava con l’omicida albanese di Cornaredo per aver difeso a pistolettate la compagna aggredita da uno spacciatore marocchino al bar e si rischiava di vedere nell’omicidio quasi la legittima difesa di una donna, salta fuori una brutta storia che lo mostra nella veste di violentatore di donne.
La ricostruzione dei fatti e la divulgazione della notizia, avviene ad indagini completate, quando la procura emette l’ordinanza di arresto e le forze dell’ordine la eseguono. Nei casi di violenza sessuale è quasi sempre così per proteggere la vittima, chiunque essa sia. In questo caso al vittima è una donna che presta servizi sessuali a pagamento e recluta i clienti in discoteca.
Lo scorso 3 maggio la donna, originaria di Haiti in una discoteca di Corso Como a Milano ha conosciuto un gruppo di 4 albanesi. Uno di loro, il 23 anne le promette mille euro per un rapporto sessuale da consumare in un hotel di lusso del centro di Milano. i due si allontanano dalla discoteca ma lui, invece di un hotel di lusso, la porta in motel di Corsico.
Si registrano e ottengono una camera dove avviene un primo rapporto sessuale consenziente poco performante. L’ uomo ha bevuto e si sa che l’alcool non aiuta certo il sesso. Ci riprova ma a quel punto la donna dice basta e lui inizia invece a costringerla. Intanto viene raggiunto dal fratello 23enne e da un altro 21 enne albanese. I tre cominciano a violentare la donna a prenderla a schiaffi e a morsi.
Quello che l’albanese non sa è che al momento della registrazione in hotel era partito un “alert alloggiati” che indicava il 23enne come persona agli arresti domiciliari a Sedriano (Mi). Nella notte, quindi, la radio mobile dei carabinieri raggiunge il motel, inviata dalla centrale operativa, e bussa alla porta della camera . Nonostante l’accesso e l’identificazione dei 4 da parte dei carabinieri, la donna in quel momento non ha detto nulla ai carabinieri. È stata zitta, impedendo così qualunque possibilità di intervento. Le bastava dire una parola per esser libera, ma non la ha detta.
Il 23enne era inoltre in possesso di un certificato di fine pena, che indicava come il periodo di arresti domiciliari fosse finito e fosse in realtà libero da restrizioni. Lo SDI, il sistema digitale interforze, non era ancora stato aggiornato con la sua posizione e quindi i carabinieri lo hanno semplicemente invitato ad andare in caserma, al mattino seguente, per effettuare la registrazione del documento.
Al mattino, il 23enne ha lasciato gli altri due albanesi con la donna e si è recato in caserma. Poi è ritornato al motel e i 3 hanno continuato a violentare e picchiare la haitiana fino alle 17, quando se ne sono andati. A quel punto la donna ha chiamato aiuto e i carabinieri sono intervenuti. La hanno portata alla clinica Mangiagalli, dove è presente uno staff specializzato nella rilevazione dei segni caratteristici delle violenze sessuali. Lo staff ha confermato la storia della donna e la violenza sessuale. A quel punto sono partite indagini e procedimenti.
I 3 erano già stati identificati in modo certo, e accusati. Non essendo peró avvenuto un arresto in flagranza, come sarebbe successo se la donna avesse chiesto aiuto subito, i 3 sono restati liberi in attesa del processo. Il 23enne si è nel frattempo trasferito a Cornaredo dove il 23 ottobre ha sparato allo spacciatore marocchino, uccidendolo. Il decreto di carcerazione per la violenza sessuale di gruppo ha raggiunto il 23enne mentre era già in carcere per l’omicidio.
Articolo aggiornato il 16/11/2022 16:02