La lunga ombra della mafia cinese si stende su Milano e il governo cinese non collabora ad identificare i colpevoli
Milano. La mafia cinese ha un suo sistema a Milano? Parliamo di un bruttissimo sequestro avvenuto nel novembre del 2020 nella zona di via Paolo Sarpi, la China town milanese. Una ricca imprenditrice cinese del settore della ristorazione, di Novara, viene sequestrata e costretta ad effettuale un bonifico da 80mila euro da un suo conto corrente cinese ad un altro conto corrente cinese. La polizia di Stato lo scopre e inizia le indagini. Si trovano i colpevoli che nel frattempo avevano colpito ancora, ma le istituzioni cinesi non dicono chi è e dove si trova il proprietario del conto corrente su cui sono stati versati i soldi rubati.
La storia
Tutto inizia con un incidente stradale. Una signora cinese di 40 anni, a bordo di una porche cayenne, lo scorso 21 novembre finisce contro un semaforo. E’ in stato confusionale. Soccorsa dal 118 viene portata al pronto soccorso dell’ospedale Fatebenefratelli. Il tempo di farle gli esami del sangue e la donna si allontana dall’ospedale. La ritrova una volante della polizia di Stato in via delle Moscova, non è molto lontano dall’ospedale e barcolla visibilmente. Ha ancora al braccio la farfallina con l’attacco per le flebo e il braccialetto dell’ospedale. I poliziotti però si accorgono anche che ha i segni di legature e scotch intorno ai polsi.
La riportano in ospedale e la convincono a raccontare cosa le è successo. E’ ancora sotto l’effetto di una droga, ma riesce a dare indicazioni. Il giorno prima, il 20 novembre 2020, intono alle 15, si era recata ad un appuntamento con dei cinesi conosciuti solo per telefono e consigliati di un parente, per effettuare un investimento da 50mila euro. Un incontro di affari avvenuto in uno spoglio appartamento di via Fioravanti, nel quartiere cinese.
La 40enne ha raccontato di essere stata aggredita e picchiata non appena entrata nell’appartamento e che 4 suoi connazionali l’avevano obbligata a fare un bonifico da un conto cinese ad un altro conto corrente sempre in Cina per 80mila euro, sotto la minaccia di coltelli e di una piccola pistola. Poi l’avevano costretta a bere un liquido da una ciotola arancione e l’avevano abbandonata nell’appartamento, legata. Lei si è ripresa solo il giorno seguente, è riuscita a liberarsi e ad uscire dall’appartamento. La porta era aperta. Ha raggiunto la sua auto e si è avviata per strada, ma essendo ancora sotto l’effetto della droga, è finita contro il semaforo.
Le indagini della Squadra Mobile
Dal momento in cui la polizia ha compreso che si trattava di un sequestro di persona sono partite le indagini. La polizia scientifica ha trovato subito l’appartamento. E’ di proprietà di una donna cinese che l’affitta a connazionali per incontri d’affari. L’appartamento era spoglio e corrispondeva esattamente alla descrizione fatta dall’imprenditrice. Sul pavimento c’era anche la ciotola arancione con ancora tracce della droga utilizzata, sono state rilevate diverse impronte digitali, delle tracce di DNA e nella camera da letto c’erano delle tracce di sangue.
Nella zona ci sono diverse telecamere i cui filmati sono stati esaminati attentamente. Gli uomini della Sezione Omicidi della Squadra Mobile e sono riusciti ad individuare l’auto e la targa dei sequestratori e a seguirne gli spostamenti attraverso via Bramante e via Sarpi verso l’Emilia Romagna, analizzando le migliaia di immagini di varchi e telecamere stradali. I sequestratori erano arrivati a Parma lo stesso giorno del sequestro.
A febbraio 2021, mentre le indagini erano in corso attraverso il sistema digitale interforze compare un match per le impronte digitali di due serie trovate nell’appartamento. Arriva dalla casa circondariale di Bologna, dove sono rinchiusi 4 cinesi per aver sequestrato e estorto denaro ad un’imprenditore cinese residente nella zona.
Li hanno però scoperti subito e le loro impronte digitali sono state inserite nello SDI, dove immediatamente è stato evidenziato il riscontro con quelle trovate nell’appartamento di via Fioravanti. Le impronte appartengono solo a 2 dei 4 arrestati per il sequestro di Bologna, ma gli altri 2 sono fortemente indiziati perchè riconosciuti nelle immagini del video, dai vestiti e con il riscontro di alte testimonianze raccolte durante le indagini, cui non sono mancate neppure le intercettazioni telefoniche.
Il video
I colpevoli dei sequestri
Nel video si vedono le indagini del giorno del rapimento, che inquadra i cinesi sospettati in modo tutto considerato chiaro. I 4 vivono fra le provincie di Parma e Bologna e ora sono rinchiusi nella casa circondariale di Bologna con l’accusa di sequestro di persona ed estorsione, dove è stata loro notificata anche l’accusa del sequestro di Milano.
Sono 4 cinesi indicati come intermediari di affari nel mondo cinese. I due di cui sono state trovate le impronte digitali e il dna sono un 44enne e un32enne e sono accusati di sequestro di persona e altri reati legati ai fatti successi, mentre gli altri due, riconosciuti anche da alcuni cinesi di via Paolo Sarpi, sono un 37enne e un 29enne e sono indagati per supporto logistico al sequestro di persona, e altro.
Il governo cinese non collabora
La prova di quanto avvenuto si ha dagli screenshot della ricevuta del bonifico che l’imprenditrice cinese sequestrata è stata obbligata ad effettuare. Naturalmente per poter incastrare tutti i colpevoli di questa bruttissima storia è necessario sapere a chi è intestato il conto corrente su cui è stato versato il denaro, ma la parte finanziaria non ha potuto essere approfondita perchè dopo un anno le istituzioni cinesi non hanno ancora risposto alle richieste della polizia italiana.
Insomma non collaborano o non gliene frega niente se i loro cittadini vanno in altri paesi a taglieggiare, sequestrare i loro connazionali. Magari il conto corrente è intestato a qualcuno dei 4 colpevoli e la storia quindi si chiuderebbe con la loro cattura. Però il silenzio delle istituzioni cinesi fa pensare a qualcosa di diverso. un silenzio che oltre che menefreghista dà l’idea di un silenzio colpevole
L’ombra della mafia cinese, delle triadi?
Sono certa che, anche senza il suggerimento nel titolo, tutti, leggendo la storia dell’imprenditrice cinese hanno pensato alle triadi cinesi, quelle mafie composte da taglieggiatori approdate nel nostro paese insieme agli investimenti cinesi. Lo schema del sequestro è palese. Un buon articolo dello scorso settembre su Repubblica, mafia cinese a Milano, pone le stesse domande, raccogliendo una serie di casi simili.
Di uno avevamo parlato anche sul nostro quotidiano: ma jong. ù bisca clandestina a Milano. Il denaro è molto più di quello che un buon cittadino italiano può mettere insieme in una vita di lavoro onesto. Non è difficile indovinare che il problema sia un nuovo problema di mafia, che fa sequestri taglieggi e rapina, credendo di farla franca perchè in Italia.
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