Storia e CulturaI racconti di Davide TrentarossiMagazine

Incontri inaspettati

Inutile negarlo, siamo animali sociali e la nostra esistenza è fatta di incontri; spesso facciamo carte false pur di incontrare la persona giusta per la nostra vita, professionale o affettiva che sia. E altre volte, invece, ci imbattiamo negli incontri inaspettati. In genere sono questi, quelli che lasciano un segno molto forte in noi, magari anche perché ci aiutano a tracciare una sorta di bilancio della nostra vita. Ad ogni modo, ogni incontro, ricercato, atteso o inaspettato lascia un segno nella nostra esistenza e forse è proprio da qui che nasce l’importanza di circondarsi di persone di successo.

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Chiunque di voi abbia mai seguito corsi di networking a livello universitario e post-laurea, o anche molto più semplicemente corsi di crescita e sviluppo personale è già venuto a contatto con l’importanza di questo assunto. E’ un dato di fatto che, se vuoi avere successo, devi circondarti di persone di successo evitando quelle negative e lamentose. Lo stesso Napoleon Hill metteva in pratica questo principio in una maniera molto originale. Sosteneva che, di tanto in tanto, nella solitudine della sua casa era solito ‘convocare’ dirigenti d’azienda e personaggi importanti del passato immaginandoseli al suo tavolo e conversandoci con naturalezza. A parte casi estremi come questo, è comunque vero che chi ci circonda, ha indubbiamente un’influenza sul nostro umore, sul nostro modo di comportarci e di essere e, in definitiva, sui risultati che otteniamo. La metodologia usata da Napoleon Hill, per quanto bizzarra, non è poi così inusuale. Nei giorni scorsi è successo anche a me qualcosa di molto simile. Lasciate che ve lo racconti.

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Era mattina presto e stavo andando in ufficio. Stavo percorrendo la tangenziale di Milano quando mi prese all’improvviso una voglia di caffè in Autogrill. Nello stesso preciso istante, fece la sua comparsa alla mia destra un cartello “Area di Servizio a cinquecento metri”: freccia a destra, scalo la marcia e imbocco l’uscita. Parcheggio ed entro a prendere un caffè. La giornata era tersa, i raggi del sole iniziavano ad illuminare la mattinata e a riscaldare l’aria intorno; decisi, così, di gustarmelo all’aperto, vicino alla macchina. Avvicinandomi all’auto notai un uomo appoggiato alla portiera, non chiedetemi l’età perché non riesco mai a capire l’età delle persone dal loro aspetto. Aveva un’aria molto familiare, ma non riuscivo a ricordare chi fosse. Mano a mano che mi stavo avvicinando, notai che mi sorrideva e, una volta vicino, esclamò:

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Ciao!
Buongiorno – risposi timidamente – devi scusarmi, hai un’aria estremamente familiare, ma proprio non riesco a ricordarmi chi sei.
Ah bene – si mise a ridere – Pensare che tu sei quello che scrive: “Non riflettere sul ‘dove’ mi hai incontrato, concentrati sul ‘quando’!… giusto per citarti.
No, non ci credo. – dissi incredulo; ora tutto assumeva un senso.
Proprio così – rise soddisfatto – chi la fa, l’aspetti!

Rimasi qualche minuto a fissarlo, in silenzio e anche con un briciolo di ammirazione. Avevo, lì di fronte, il me stesso del futuro. Occhio e croce, avrà avuto una decina d’anni più di me, ma, come vi dicevo, non sono molto bravo in queste stime. Incredibile, qualche mese prima avevo incontrato me stesso con trent’anni di meno e ora, invece, mi trovavo davanti il me più grande. Potevo finalmente chiedere, fare domande, scoprire il mio futuro…

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Toglitelo dalla testa – mi stava leggendo nel pensiero – Non ti dirò proprio nulla. Non sono venuto qui a svelarti il futuro (non sarebbe giusto e, alla fine, credo nemmeno tu voglia saperlo). Voglio solo provare a farti ragionare un poco.
Ok, non svelarmi nulla, ma una cosa te la voglio chiedere ugualmente. L’altra volta, l’incontro è stato casuale o, per lo meno, io non mi ero reso conto di aver invitato, consciamente, il Davide di quando avevamo vent’anni. Questa volta, però, mi pare di capire che sei stato proprio tu ad avermi cercato. Dovrei dedurre che, quando sarò te, avrò imparato a controllare questi “eventi”?
Esatto. Sei stato proprio bravo, devo ammetterlo. Dopo il nostro primo incontro al concerto di Massimo Priviero tu hai iniziato a interessarti alla cosa, ti sei documentato e hai preso a sperimentare. Ora, ogni tanto, mi diverto a venirvi a trovare. Non solo, ti ricordi da ragazzo i libri di Richard Bach che amavamo leggere? Ebbene, sto diventando bravo abbastanza da avere un maggior controllo anche sui sogni e spesso riesco persino a decidere cosa o chi sognare.
– Wow, spettacolo!

In effetti, da ragazzo, sono sempre stato un assiduo divoratore dei libri di Richard Bach. Fino al momento dell’episodio al concerto di Massimo Priviero, però, avevo sempre ritenuto che questi incontri con i nostri alter ego a età differenti fossero un semplice stratagemma letterario. Al concerto avevo, invece, sperimentato sulla mia pelle che era possibile. Così da quel momento avevo iniziato a studiare come poterlo fare in maniera guidata e anche come controllare i propri sogni. La sua presenza qui di fronte a me era la prova che non è stato (e non sarà) tempo perso. Poi, come un fulmine a ciel sereno, il mio io del futuro mi riportò alla realtà:

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La domanda che sto per farti è abbastanza impegnativa e, in certi casi, potrebbe anche far pensare male. Nel tuo caso, invece, puoi stare tranquillo: mi vedi qui, con molti più anni di te, quindi non ti preoccupare, la tua vita sarà ancora lunga. Diciamo però che non sei più giovanissimo e, forse, sarebbe anche il caso di tracciare una sorta di bilancio di quel che hai fatto finora: hai qualche rimpianto?

Eccola: la domanda delle domande! Come se non me lo fossi mai chiesto qualche centinaia di volte negli ultimi anni. Quando però fa parte del tuo dialogo interiore, hai comunque la possibilità, non di mentire, ma certo di sorvolare su qualche aspetto magari non troppo “piacevole”. Non puoi mentire a te stesso, ma puoi comunque edulcorare un poco la pillola. Non lo puoi, però, fare se la domanda ti viene posta da una persona in carne ed ossa che ti sta davanti, anche se questa persona è il tuo io del futuro.

Coraggio, in fondo è semplice: riavvolgi il nastro della tua vita e chiediti: l’ho fatta a modo mio?

No, se devo essere onesto (e con se stessi non si può fare altrimenti), non posso dire di aver fatto tutto a modo mio. Spesso l’ho fatto, questo è vero, ma diverse volte, anche importanti, non è stato così. Ehi, un momento, perché mi sta facendo questa domanda? Deve per forza conoscere la risposta e, a giudicare dalla sua serenità, ha passato l’esame. Quindi, ciò significa che anche io passerò l’esame, non so quando ciò accadrà, ma lui rappresenta la mia certezza.

Sai quando ho capito di aver passato l’esame? – continuava a leggermi nel pensiero. – Nel momento esatto in cui ho smesso di pensare al risultato finale! Se ti concentri su quello che vuoi fare e non sul risultato che ne può venire non potrai mai uscirne sconfitto. Al contrario, potrai focalizzare tutte le tue energie per dare il massimo e, qualunque sarà l’esito, finalmente non ti vedrai più né come il gigante dei tuoi sogni e nemmeno come il nano dei tuoi incubi. A quel punto avrai vinto: non ci potranno essere rimpianti, perché avrai fatto ciò che volevi e come lo volevi tu.

Hai ragione, il terrore della sconfitta è ciò che mi ha sempre bloccato. Ma non è tutto, il meccanismo è ancora più subdolo, perché quando gli concedi di bloccarti una volta, il suo potere aumenta e la prossima volta avrà vita più semplice nel convincerti che non potrai raggiungere il risultato.

E’ proprio così, ma esiste un metodo infallibile per interrompere questo circolo vizioso. Devi smettere di concentrare le tue energie contro qualcosa o qualcuno e iniziare a indirizzarle a favore di un progetto, un libro, un corso di formazione o qualunque altra cosa tu abbia deciso di fare. Forse non lo hai ancora compreso fino in fondo, ma devi concedere un’opportunità alla vocina che stai sentendo dentro di te: sei sulla strada giusta!

Detto questo, mi si avvicinò, pose una mano affettuosamente sulla mia spalla e poi si incamminò verso i campi. Dopo qualche istante, all’improvviso, si voltò e:

Se ci pensi bene, questa cosa tu l’hai già compresa. Non te ne sei ancora reso conto, ma la stai già facendo tua.
Tu credi?
Ne sono certo. Tempo fa hai iniziato a scrivere. So che già lo sai, ma te lo voglio confermare: non sei né un novello Manzoni né Paulo Coelho. E nemmeno Fabio Volo, aggiungo io! Però, hai delle buone storie da raccontare e stai pian piano imparando a raccontarle. Dovrai continuare a studiare, applicarti e sperimentare, ma in questo tu hai già vinto, proprio perché non ti sei concentrato sul risultato. Volevi scrivere e, semplicemente, ti sei messo a farlo. Tutto il resto, risultato compreso, è secondario. Un romanzo, un racconto o una storia possono avere anche un solo lettore come destinatario: se tu comprendi questa cosa e scrivi la storia per lui, allora il risultato non può che considerarsi raggiunto! Non lo dimenticare mai: un libro di successo può anche essere stampato in una copia soltanto!

Nota della redazione
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Davide Trentarossi

Nato a Milano, l’8 maggio… di qualche anno fa, ma cresciuto in provincia. Ho scoperto molto tardi la passione per la scrittura. Sono laureato in Ingegneria Informatica. Amo viaggiare, e questo mi ha portato a lavorare in giro per il mondo. Molti aeroporti sono stati il mio “Second Office”. Dall’Australia al Sud America, da Mosca a Miami, oltre all’Europa. Amo viaggiare leggero: nel mio trolley il computer su cui appuntare le idee per un nuovo libro, l’inseparabile smartphone, per restare connesso al resto del mondo e un paio di cuffie per ascoltare la musica, un’altra grande passione. Visita la mia pagina su Amazon: https://www.amazon.it/Davide-Trentarossi/e/B081QT913W/

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