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Siamo alla seconda puntata del Diario delle vacanze di Allegra a Menfi, in Sicilia, a 1400 km di distanza da sua madre e di suo padre, con degli sconosciuti e senza che i disorganizzati servizi sociali di Voghera attivassero, come aveva ordinato il giudice del tribunale dei minori di Milano in via urgente, il servizio di educatore. Con la scusa della mancanza dell’educatore in loco alla bambina è vietato di telefonare ai genitori, che aspettano ormai da più di 10 giorni di sentire dalla sua voce come si trova e come sta. Qui, a questo link, trovate la prima puntata
Riprendiamo il racconto delle storture del sistema costruito ai danni di Allegra. Ricordo che Allegra è un nome di fantasia che io ed altri giornalisti usiamo nello scrivere gli articoli sulla sua storia per impedire, in rispetto della carta di Treviso, che la piccola possa soffrire in futuro. Ovviamente invece, lei saprà che i suoi genitori stanno lottando per riaverla e che cosa le ha fatto il “sistema”. Lo dovrà sapere per difendersi, in futuro, da queste tipologie di persecuzioni. Il “sistema” tende, infatti, a reiterarle sui figli dei bambini che sono stati loro vittime.
Lo immaginavamo. Ad Allegra viene coscientemente impedito di chiamare i genitori. La sua mamma mi ha detto che, prima di essere portata via a forza da casa 3 anni fa, Allegra era una bimba felice, che pesava a 6 anni 21 chili, e che, se passava una serata o una giornata con i nonni, telefonava in continuazione per raccontare tutti i particolari di quello che succedeva. “mamma, voglio vedere i cartoni animati e la nonna non sa usare il telecomando. Come si fa?”
Il regime delle telefonate settimanali e l’impossibilità di vedere i genitori la ha fatta soffrire parecchio. Ancora peggio sarà ora che le impediscono di sentirli. Più di una volta era capitato che i genitori di Allegra ricevessero delle telefonate della bimba, mentre era in comunità, se riusciva ad arrivare di nascosto al telefono.
Una volta Allegra era riuscita a chiamare e a lasciare il telefono della comunità aperto registrando un messaggio sul telefono della mamma. Si sentivano le urla e i pianti degli altri bambini, e lei, la piccola Allegra, che chiedeva dove la portavano. Allegra è infatti spaventatissima, e ne si capisce il perchè, di essere portata dove i genitori non possano trovarla. Più di una volta, infatti, Allegra, durante gli incontri del diritto di visita dello scorso anno (non è mai stato attivato, da parte dei servizi sociali, un progetto di incontri in spazio neutro nè di reinserimento in famiglia), ha suggerito, sussurrando nelle orecchie dei genitori, di “rubarla”.
Altre volte, al telefono, senza farsi accorgere da un’educatrice straniera che conosce molto poco l’italiano, ha dato indicazioni sui momenti in cui era possibile portarla via senza problemi. Sentire le registrazioni di quelle telefonate era una stretta al cuore. Avrei voluto andarla a prendere io. Non si poteva, però, e non potevo nemmeno scrivere di questi particolari, perchè la spada di damocle di una sentenza che decretasse l’adottabilità di Allegra pendeva sulla testa testa di tutti. Soprattutto sulla testa di Allegra. Ora quella spada di damocle non c’è più e posso raccontare tutto.
Ho conosciuto i genitori di Allegra nell’agosto del 2019, a causa delle condizioni di salute della bambina. Una foto scattata da un educatore e inviata via smartphone al papà della piccola aveva reso palese ai genitori, che non la vedevano da mesi, che la bambina stava male.
Era circa 15 chili a 8 anni, vestita con abiti di recupero (del genere “cassoni della caritas”), quando invece i genitori le facevano avere con regolarità abiti consoni alla sua età e della sua misura. Le ginocchia sporgevano, le bracine senza muscolatura, l’aria affilata, triste e sofferente. Era alla soglia dell’anoressia.
Dopo lo scandalo cui demmo (diversi giornali e giornalisti) ampia voce, e dopo che la storia di Allegra è venuta alla luce, alla bambina cambiarono comunità e la mandarono da Varese ad un’altra comunità per minori, sempre gestita della cooperativa Silvabella, a Castello d’Agogna, in provincia di Pavia. Fu vista da un medico che la trovò troppo magra e le prescrisse una cura ricostituente.
Negli incontri con i genitori, Allegra chiedeva sempre che le portassero da mangiare. Una volta, mamma Alessandra, che fa lo chef nei ristoranti, le aveva preparato 50 scaloppine al limone, uno dei piatti favoriti di Allegra. Le aveva messe sottovuoto e fatte consegnare alla comunità. La settimana seguente la bambina chiedeva nuovamente del cibo come regalo. Mamma Alessandra ha chiesto se aveva già mangiato tutte le bistecche. Non era così. Le bistecche erano state buttate, secondo l’educatore presente alla telefonata.
Oggi la bambina è in Sicilia, in vacanza con una coppia di affidatari. Sottolineo che la bambina è stata loro consegnata senza che i genitori conoscessero la loro identità e senza che il servizio sociale di Voghera si attivasse per trovare sul luogo delle vacanze, cui hanno dato il nulla osta, l’obbligatorio servizio di educatori che il giudice Brambilla (del tribunale dei minori di Milano) ritiene necessario per assistere alle visite e alle telefonate fra bambina e genitori.
Vi pubblico la foto inviata dopo che ho scoperto, grazie all’associazione Mamme Coraggio, che Allegra si trova a Menfi ( ad Agrigento). Guadatela bene. Le si vede persino una fossetta alla bocca dello stomaco. Allegra non è una bambina naturalmente magra. E’ una bambina che ha un palato sviluppato, che ama il cibo buono, ma che quando è triste tende a mangiare meno. Il cuoricino sul viso serve a non renderla riconoscibile, ma purtroppo nasconde anche la sua espressione che da sola basterebbe a chiarire le cose.
Ieri è arrivata ai genitori un’altra puntata del Diario di Allegra da parte dell’assistente sociale Caprioli del Comune di Voghera. Un testo inviato anche attraverso il servizio tutela dell’associazione Adolescere. D’altra parte, prima di scrivere gli articoli su Allegra io ne invio sempre il possibile contenuto alla presidente della associazione Adolescere che si occupa del servizio tutela minori di Voghera e dei comuni del circondario.
La dott. Armandola non mi risponde quasi mai, ma si vede che non ha nulla da ridire sui contenuti che le mando. D’altra parte, non faccio altro che raccontare quello che succede, e se la cooperativa Silvabella , la comunità I piccoli germogli e le assistenti sociali del Comune hanno qualcosa da replicare, o da aggiungere, hanno tutti i mezzi per farlo prima della pubblicazione dell’articolo, proprio grazie al fatto che li avviso in anticipo su quanto scriverò.
Ho sottolineato alcuni punti di questa lettera. Nel primo si parla delle foto con le bambine conosciute in loco. Non le pubblicherò, per ora, ma intendo farlo, sempre proteggendo l’identità delle bambine. Nelle foto si notano alcune cose interessanti, come il fatto che sono bambine di corporatura normale, ma magre, e che la gamba della più magra ha una circonferenza almeno 4 volte maggiore di quella di Allegra.
Un’altra cosa che si nota, rispetto alle prime foto, è che hanno cambiato spiaggia e che le nuove conoscenze non hanno mascherine e che la distanza è troppo ravvicinata, specie considerando che sono bambine appena conosciute in loco. L’analisi delle foto scattata in acqua e delle ombre smentisce categoricamente un’altra frase scritta dalla dottoressa Caprioli. La foto è infatti scattata nell’ora più calda, tra mezzogiorno e la una del pomeriggio.
Viste le prime righe della lettera è difficile dar credito a quello che dice in seguito. Non si vede come si possa credere a chi afferma che una bambina in quelle condizioni possa alimentarsi regolarmente e possa essere felice e contenta, dal momento che sicuramente non lo ha fatto mentre era in comunità. A dimostrare la poca conoscenza della situazione da parte delle assistenti sociali c’è la frase sui bambini della Comunità, sottolineata in rosso.
Allegra infatti non può avere amici in quella comunità. Con lei c’erano solo altri 8 bambini. 6 sono sotto i 4 anni di età e 2 sono dei maschietti di circa 12 anni. L’unica amica che ha avuto Allegra nel periodo in cui era a Castello d’Agogna, e di cui parlava ampiamente negli incontri e nelle telefonate con i genitori, era una compagna di classe straniera che frequentava la scuola comunale, cioè prima del lock down. Quindi è chiaro che l’assistente sociale non conosce la comunità in cui era inserita Allegra e mente con leggerezza su quanto Allegra ha detto nella videochiamata che sostiene di aver fatto con la bambina.
L’assistente sociale non ha ancora capito, probabilmente, che i genitori di Allegra sanno tutto quello che riguarda la bambina che le istituzioni si incaponiscono a mantenere lontana da loro. Un po’ le dà proprio la bambina, quando ne ha l’occasione, e per il resto sono le informazioni trovate dalla rete di persone e di contatti delle Mamme Coraggio.
Di fatto, il quadretto rasserenante dipinto dall’assistente sociale è caduto dal muro immediatamente e ha dato la sensazione di una colossale e palese presa per i fondelli, non solo dei genitori, ma anche della bambina stessa e degli affidatari, di cui stanno delineando una figura negativa.
Facevano prima e sarebbero state più oneste a scrivere la verità. Cioè che Allegra ha chiesto più volte al giorno di chiamare i suoi genitori e che non mangia abbastanza ( se ne saranno accorti anche gli affidatari, o no?), ed è per questo che è stata organizzata una videochiamata con un’assistente sociale in urgenza. E’ palese che le cose sono andate così. Se le assistenti sociali avessero detto al giudice del tribunale dei minori la verità su Allegra e sugli errori che hanno commesso, ora Allegra sarebbe in vacanza con i suoi genitori, invece che in Sicilia con degli sconosciuti.
Non credo che le assistenti sociali abbiano interrotto le loro vacanze, con i loro figli e la loro famiglia, solo per occuparsi di una bambina di cui non sanno nemmeno che è tornata ad essere troppo magra e su cui preferiscono scrivere balle invece di seguirla di persona , se non fosse stato assolutamente urgente. Quindi Allegra sta chiedendo insistentemente di rivedere e parlare con i suoi genitori.
Il decreto emesso dal giudice del tribunale dei minori di Milano riporta una serie di frasi illogiche, senza senso, raffazzonate, contraddittorie con tutta una serie di date sbagliate. Dice che i genitori sono conosciuti dal cps dal 2008, ma non dice che sono stati i servizi sociali di Voghera ad obbligarli a farsi valutare dal cps, ( centro psicosociale, cura e assiste i malati psichici).
La sentenza riporta la parola “diagnosi” effettuata dal Ctu ( consulente d’ufficio del giudice del tribunale dei minori, in questo caso), il dottor Giorgio Maccabruni, che è uno Psicologo Psicoterapeuta, Specialista in Criminologia Clinica, Responsabile del Servizio di Psicologia Clinica dell’Ospedale E. Bassini ed è stato giudice onorario del tribunale dei minori di Milano. Non è uno psichiatra. Nella sentenza gli è attribuita una diagnosi effettuata sui genitori, di vari disturbi della personalità. Talmente vari che ad un punto li definisce persino come presenti ma sconosciuti.
(N.d.r., se leggendo il link sul disturbo della personalità vi rendete conto di averli tutti, non preoccupatevi. Siete in ottima e numerosissima compagnia, almeno 3/4 dell’intera popolazione mondiale). Il Ctu, comunque, non fa diagnosi. Deve limitarsi alla descrizione della situazione. Il dottor. Maccabruni avrebbe invece emesso una diagnosi così complessa e difficile incontrando i 2 genitori solo un paio d’ore e la bambina per 40 minuti. Un pediatra ci mette di più a capire se un bambino ha la rosolia o la sesta malattia.
Dopo aver portato via Allegra da casa, i genitori sono stati sottoposti a esami delle urine e all’esame del capello. L’esame del capello è risultato negativo per ambedue. Nella sentenza gli assistenti sociali hanno fatto rilevare che l’esame era negativo ma ambedue avevano i capelli corti. Stiamo parlando di uno chef ( la mamma) e di un barista e sommelier ( il papà). Il parrucchiere settimanale è un obbligo. Comunque l’unica cosa trovata è un “positivo per contaminazione” ( probabilmente del campione. Era un falso positivo) della mamma ad alcuni metaboliti di cannabis, cocaina e alcool.
Gli esami erano negativi. Per quel poco di positivo che c’era in quegli esami non sono indicate le percentuali. Però, “positivo per contaminazione” vuol dire che le percentuali sono di molto inferiori a quelle considerate “da uso”. Inoltre ci sono le contraddizioni. Il papà ha fatto o non ha fatto l’esame del capello? Ecco cosa dice la stessa sentenza, poche righe sotto…
Il realtà il padre ha fatto l’esame del capello ed è risultato negativo a tutto. Inoltre era negativo anche a quello delle urine e l’equipe del cps, nella sua valutazione del caso, ha motivato la non necessità della presa in carico da parte del Ser.t dei due genitori perchè non ha riscontrato alcuna dipendenza da stupefacenti, alcool o medicinali.
Hanno chiesto ai due genitori di fare esame del capello e una serie di esami delle urine. Le sostanze sono smaltite dalle urine in circa una settimana, nel capello si depositano per sempre. Esiste qualche sistema per fare in modo che tracce di sostanze e dell’alcool siano nelle urine e non nel capello, per quanto corto sia?
E’ si. La mamma, definita cocainomane, alcolista, cannaiola e tanto altro, in realtà dona il sangue all’Avis con regolarità.” Nel 2017 mi hanno detto che uno dei miei esami era positivo per contaminazione all’alcool e alla cocaina. Era impossibile, ma non avevo i soldi per una perizia di parte. Così ho avuto questa idea. Mi sono offerta come donatrice Avis. Mi hanno fatto gli esami del sangue e accettata come donatrice. E’ dal 2017 che dono il sangue con regolarità. E’ stata una scelta dettata dalla necessità, ma sono stata felice di essere diventata una avisina. Una delle poche cose positive di questa storia”.
L’ente tutore di Allegra è il sindaco di Voghera, Barbieri, che è convinto che il suo sia un ruolo solo formale e di non essere il vero tutore di Allegra e delle altre centinaia di bambini di cui il comune paga le rette nelle comunità (circa un milione di euro ogni anno). La mamma e il papà di Allegra sono già andati al Ser.t a farsi monitorare e a chiedere di essere presi in carico.
Non volevano accettarli. “Non possiamo prendervi in carico. Vi ho già detto che non siete nè alcolisti nè tossicodipendenti” è stata la risposta. Dopo molte insistenze, hanno accettato di monitorare le loro urine, ma solo quando la mamma ha insistito per mostrare loro il decreto del giudice del tribunale dei minori, che avrebbe dovuto essere inviato con urgenza agli uffici competenti. Ora i genitori sono sotto monitoraggio urinario da quasi un mese.
Torniamo indietro un attimo al Diario di Allegra. Sottolineata in rosso tre volte trovate la frase “Attendiamo il responso del Cps di Voghera per il sostegno alla genitorialità, come da noi richiesto in data 4 /8/2020”. Le assistenti sociali hanno richiesto il sostegno alla genitorialità al Cps ( centro psicosociale) che non ha preso in carico i genitori perchè sani.
I Servizi sociali di Voghera aspettano dal 4 agosto e aspetteranno ancora parecchio, perchè non è il Cps che effettua i servizi di sostegno alla genitorialità , ma è il consultorio familiare. Eccone la prova qui sotto.
I Servizi sociali di Voghera sono così poco professionali che non sanno distinguere fra un cps e un consultorio familiare oppure fanno apposta? Scegliere la risposta è difficile, io propendo sul fatto che facciano apposta. Il motivo è in una di quelle frasi, qui sottolineate in rosso, nella sentenza, dove si scrive
Gli psichiatri del Cps ci hanno detto che i genitori di Allegra sono sani. Il Ser.t ha detto che non sono né tossicodipendenti né alcoolisti. Il Ctu doveva fotografare la situazione della famiglia, invece ha posto una diagnosi di disturbo della personalità. Però siccome il disturbo della personalità non impedisce di allevare figli, bisogna trovare qualcosa di più pesante per impedire a Allegra di tornare a casa sua. Quindi invece di mandare i 2 genitori al consultorio familiare per il sostegno alla genitorialità, li mandano al CPS così poi scriveranno nella relazione al giudice del tribunale dei minori che i coniugi sono stati presi in carico dal CPS… e il giudice sa di che cosa si occupa il CPS.
Non datemi della complottista, paranoica e schizoide. Io mi sono limitata a leggere la sentenza del giudice del tribunale dei minori incrociandola con le decisioni e le scelte che i servizi sociali di Voghera stanno applicando nei confronti di Allegra. Il quadro è questo, non posso farci nulla. Anche a me piacerebbe credere nella giustizia, nel buonsenso delle persone, nella professionalità e nella loro mancanza di cattiveria, ma ci sono ancora tanti altri particolari che confermano la mia “diagnosi” giornalistica di follia del sistema. Li userò in seguito, perchè continuerò a scrivere di Allegra e dei suoi genitori.
Intanto però questo articolo finisce in una lettera che spedirò oggi stesso al presidente del tribunale dei minori di Milano, corredandolo delle foto di Allegra non schermate e con il suo vero nome. Non intendo segnalare il giudice del tribunale dei minori o piantare qualsiasi altro tipo di grana giuridica. Però voglio che il presidente del tribunale dei minori di Milano sia consapevole che, mentre nella struttura che presiede confondono date, scrivono sentenze illogiche, incasinano documenti, carte e allungano i tempi, una bambina di 9 anni si sta lasciando morire di fame e di tristezza perchè vuole stare la sua mamma e il suo papà, non con altri. Non potrà quindi mai dire di non aver mai saputo nulla di Allegra. Insomma, signor presidente del tribunale dei Minori di Milano, le faccio presente che prima di qualsiasi pratica burocratica vengono l’umanità e la vita dei bambini!
Articolo aggiornato il 14/02/2023 16:13