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Politica. La storia dei parlamentari che hanno inviato il modulo di domanda per avere i 600 euro di bonus sta prendendo gli aspetti di una bufala e di una presa per i fondelli di dimensioni pazzesche. Questo perchè i nomi non saltano fuori, e invece, se fosse vero, avremo già dovuto saperli.
Però gli indizi che sono seminati lungo il sentiero del tormentone imbastito dal Governo portano tutti tentativi di identificare parlamentari dell’opposizione. Lo scopo lo chiarisce il sottosegretario Manlio di Stefano, non nuovo a lasciarsi involontariamente scappare frasi che danno indicazioni su notizie importanti.
Verso le 10 di questa mattina ha postato infatti un tweet, da cui si comprende perfettamente quale è lo scopo del mantra dei 600 euro. A quanto pare la diffusione della notizia serve per promuovere il Si al referendum di settembre, di cui i sondaggi dicono che sarà un flop, e per fare arrabbiare la gente.
Per il momento fra i politici di professione si conosce solo il nome della consigliera comunale della lista di sinistra e di maggiornaza Milano progressista Anita Pirovano. Quindi un politico della parte “di governo”. Lei ha detto di non vivere di politica e di avere una partita iva, di lavorare e di aver chiesto per questo il bonus.
Se è vero però che un consigliere comunale di un piccolo comune prede un gettone di presenza, solo ed esclusivamente per il consiglio comunale, che va dai 14 euro ad un massimo di 30 euro, e quindi raramente supera i 120 euro l’anno di introiti, a Milano la cose sono diverse. I consiglieri comunali di Milano hanno un gettone di presenza di più di 80 euro a seduta e sono pagate allo stesso modo anche le sedute delle commissioni consiliari che sono più di 10 ogni mese. Ogni Consigliere comunale di Milano, se lavora davvero, ha un introito di 2mila euro netti al mese.
Gli altri nomi, quelli dei parlamentari, quei famosi 3 leghisti, 1 di italia viva e 1 ex dei 5 stelle rimangono degli sconosciuti. Dicono che non ne fanno il nome perchè la richiesta non era un reato e va rispettato il diritto alla privacy. Va bene, ma se i nomi non saltano fuori, e non è quindi possibile verificare la verità del fatto, non c’è nemmeno la notizia. A parte naturalmente il fatto già provato da Manlio di Stefano, cioè che “far fuoriuscire” la notizia dei 600 euro del bonus incassati dai politici di professione con partita Iva è strumentale alla propaganda per il referendum di settembre.
In ogni caso i giornalisti non sono legati al diritto di privacy, ma solo al dovere di scrivere la verità. Quindi, come sono saltati fuori i partiti di appartenenza dei 5, devono per forza saltare fuori anche i loro nomi. Altrimenti chi ha dato il via al rincorrersi delle notizie ha di fatto scritto una bufala, e si può legittimamente pensare che il direttore dell’Inps, reputato attualmente il “colpevole della parziale fuga di notizie”, abbia mentito.
Dopo aver appreso che con il tormentone dei 600 euro di oggi il governo sta nuovamente tentando di prendere in giro gli italiani, bisogna fare i conto anche con la realtà che non è la prima volta. Quei “fortunati” cui i 600 euro sono arrivati sul conto e che ne avevano bisogno a causa della fortissima crisi economica che si sta vivendo a causa della pandemia sanno bene che si è trattato solo di una specie di pacca sulla spalla, un contentino che non risolve il problema, un briciola di pane caduta dal tavolo del potente, un osso lanciato al cane seduto dietro la sedia.
Non sono neppure arrivati tutti. Dovevano essere 600 euro al mese per tre mesi, e sono arrivati solo marzo e aprile, ma in ritardo di due mesi. La rata di maggio, che siano 600 o 1000 euro come dice il governo, non la ha vista nessuno.
Articolo aggiornato il 10/08/2020 19:46