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Massimiliano Cauchi e il suo tesoro da 15 milioni di euro. Uno dei tanti ancora da scoprire?

Milano. La squadra mobile della polizia di Stato di Milano ha trovato, lo scorso fine settimana, il nascondiglio del tesoro nascosto dal narcotrafficante Massimiliano Cauchi. 15 milioni di euro in contanti. Tanti particolari del piú grosso sequestro in denaro in contanti avvenuto in Italia a carico di un narcotrafficante.

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Questo sequestro segna la fine della carriera di Massimiliano Cauchi, e apre la strada ad altre indagini e ad alcune considerazioni sul narcotraffico in Italia. Piaccia o no leggerlo, ma abbiamo uno scomodo vicino, il Marocco: produce quasi industrialmente la droga importata e venduta in Italia dalle organizzazioni mafiose.

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Il video girato dalla squadra mobile di Milano durante il ritrovamento del tesoro del narcotrafficante.

La storia del sequestro milionario

Partiamo da quanto successo la scorsa settimana quando gli uomini della squadra mobile della polizia di Stato hanno trovato il tesoro accumulato da Massimiliano Cauchi. L’uomo, 46 anni, nato a Scicli, provincia di Ragusa, in Sicilia, era già stato arrestato nel 2018, dalla procura di Bologna. Avevano trovato le prove del suo coinvolgimento nel traffico internazionale di droga. E’ stato condannato ma poi messo agli arresti domiciliari, che scontava a Milano, dove ha la residenza e la base dei suoi affari. Agli arresti domiciliari è rimasto fino alla scoperta del tesoro. Ora è stato riportato in carcere.

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Impressionante il valore del tesoro

Quasi 15 Milioni di euro in contanti che si trovavano in 28 scatoloni nascosti dietro ad una parete finta nella camera da letto dell’appartamento affittato dal padre di Massimiliano Cauchi, Giuseppe, in via Casoretto 53 a Milano. Poi altro denaro in contanti in una cassaforte e più di 160 mila euro nascosti in un soppalco nell’officina dove il padre Giuseppe faceva il meccanico.

Davanti alla parete c’era anche un armadio

Per trovare l’intercapedine, gli investigatori hanno confrontato le mappe catastali con la planimetria reale dell’ appartamento e hanno così scoperto c’era una differenza di circa 40 centimetri con le mappe della casa. Non è stata l’unica perquisizione. Ne sono state compiute in diversi appartamenti che erano nella disponibilità di persone vicine al “Narcos”. Data la presenza nell’ organizzazione di Carmelo Pennisi, un muratore, e considerando che l’escamotage era già stato usato, la squadra mobile della polizia di Stato ha effettuato le perquisizioni cercando soprattutto muri finti. Alla fine ha trovato il muro giusto.

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Gli arresti

Sono stati arrestati in 4: Massimiliano Cauchi è tornato in prigione, poi è stato arrestato anche suo padre Giuseppe, e in carcere è finito anche il loro muratore di fiducia, Carmelo Pennisi, che costruiva le intercapedini, insieme ad una quarta persone. Un’altra è agli arresti domiciliari e una quinta è all’obbligo di dimora.

Cosa faceva Cauchi

In questa storia c’è molto di più della notizia nel ritrovamento del tesoro, che è riuscito comunque riuscito ad impressionare anche un magistrato della tempra di Alessandra Dolci, oggi a capo della Dia, la Direzione investigativa Antimafia di Milano. Massimiliano Cauchi fino a due anni fa era quasi incensurato. I precedenti del potente narcotrafficante italiano sono poca cosa. Aveva messo un piedi un fiorentissimo traffico di hashish. Importava in media 3 tonnellate di hashish ogni anno, dal Marocco. I soldi sequestrati sono il risultato di importazioni e vendite di un paio di anni di affari.

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Sottolineo che è anche un evasore fiscale

Ovviamente sono soldi su cui non è stato pagato un solo euro di tasse. Il danno che quest’uomo ha commesso ai danni della comunità è enorme. E’ una considerazione mia, ma oltre a rendere disponibile la droga, metodo per rincoglionire le persone, ha anche depauperato il suo paese.

Momenti della conferenza stampa in questura a Milano

I metodi degli importatori

L’ hashish comprata in Marocco, era confezionata e caricata su degli yacht da diporto, e portata in Italia. Lo sbarco avveniva in Liguria, nella zona di Bocca di Magra o anche a Genova. La scoperta dell’organizzazione dei narcotrafficanti è di 2 anni fa.

Nel settembre 2018, a Milano, in un box di via Palmanova, nella intercapedine ricavata sempre da un un muro finto, la squadra mobile di Milano ritrovó 1100 kg di hashish perfettamente confezionata, in modo da proteggerla dall’ umidità e dall’acqua. Attaccati alle confezioni c’erano ancora i resti dei palloncini che i narcotrafficanti usano come boe galleggianti. Infatti quando si avvicinano altre navi, durante i trasporti, i narcotrafficanti gettano il carico in acqua e poi, scampato il pericolo, grazie a queste boe lo ritrovano e lo recuperano.

Nel Box di via Palmanova

Nel settembre 2018, in via Palmanova, fu arrestato Fabio Papa per la detenzione di 1.100 Kg. di hashish e 589 gr. di cocaina. Il valore del carico superava i 10 milioni di euro. Fu un bruttissimo colpo per l’organizzazione dei narcotrafficanti. Papa era praticamente uno sconosciuto, per le forze dell’ordine. I suoi precedenti risalivano ai primi anni 90, quando era praticamente un ragazzino. Dietro al finto muro, oltre alla droga c’era anche un navigatore gps nuovo, ancora imballato, utilizzato per le navi.

Durante le indagini il nome di Massimiliano Cauchi era saltato fuori in diverse occasioni. Su di lui la squadra mobile di Milano ha raccolto molte voci. In certi ambienti, raccontano le fonti della polizia di Stato, si diceva che aveva a disposizione tanto denaro che bastava per lui e per tutta la sua famiglia nelle generazioni future. Però c’era poco di concreto, di provabile. Non era mai stato beccato fino al 2019.

Non ha fatto storie. Sapeva probabilmente che sarebbe uscito presto. Ad attenderlo c’era il tesoro. Doveva solo aver pazienza. Era agli arresti domiciliari a casa sua, in viale Monza, tranquillo. Massimiliano Cauchi stava fermo e zitto, ed era molto attento, dicono nella polizia.

Il video della conferenza stampa settembre 2018

Troppi soldi perchè nessuno parli

Troppi soldi generano invidia e malcontento persino quando sono guadagnati onestamente. Figuriamoci se non attirano antipatie quando chi li ha li nasconde dietro ad un muro, invece di usarli. Così il primo ex socio comincia a parlare, la compagna si confida al telefono con un’amica, e la sezione antidroga della squadra mobile della questura di Milano inizia le perquisizioni. La compagna si lamentava, al telefono, delle poche disponibilità finanziarie e del fatto che il suo Massi non faceva praticamente più nulla.

Un aggiornamento del 24 giugno 2020

 Si è chiuso con un patteggiamento della pena il processo per Massimiliano Cauchi, il 46enne arrestato nell’ottobre 2019 con l’accusa di aver importato in Italia 1 tonnellata e 100 chili di hashish dal Marocco a bordo dello yacth “Elizabeth G”, ormeggiato nel porto di Rapallo, in provincia di Genova. Il gip di Milano, Anna Calabi, ha ratificato l’accordo di patteggiamento già raggiunto dal difensore dell’uomo con il pm Francesca Crupi. Altri tre imputati hanno patteggiato pene comprese tra i 4 anni e 8 mesi e 3 anni e 6 mesi. ( fonte askanews )

Non è finita. Va smantellato il narcotraffico dal Marocco

Dalle indagini sono emersi molti particolari da cui si può si può ragionevolmente pensare che non sia finita. La storia Massimiliano Cauchi ci dice che in Italia rischiamo di trovarci in una situazione simile a quella della Colombia degli anni ’80. Non si sa cosa deciderà di fare il governo italiano ( ammesso che decida qualcosa) di fronte all’evidenza di quegli scatoloni pieni di denaro sottratto alla economia legale e sana, sono solo una piccola parte del guadagno che genera il commercio di droga in Italia. Non è difficile immaginare che non sia l’unico narcotrafficante di questa portata.

Le Iene in Marocco nel 2016

Da un servizio televisivo delle Iene del dicembre 2016 dedicato alla coltivazione della Cannabis si comprende come il Marocco e il commercio di hashish costituiscano un grave problema. Si nominavano già le tratte marine dirette, e il coinvolgimento della mafia nell’organizzazione del trasporto. “I trafficanti sono tutti italiani”, diceva un coltivatore nel 2016, e parlava anche della questione politica. Anche se la coltivazione della cannabis è proibita il giro di affari è talmente ricco che il governo la tollera.

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Una situazione grave e scoraggiante

Ascoltando le parole di Alessandra Dolci, capo della direzione investigativa antimafia di Milano, ci si scoraggia ancora di più. E’ vero, le transazioni dei narcotrafficanti avvengono in contanti, perché non sono tracciabili, ma eliminare i contanti può davvero avere un effetto sul traffico di droga? Oppure servirà solo a rendere più difficile la vita di chi si comporta normalmente e non importa né hashish né altre droghe? Il conto si fa presto.

La presentazione dei conti

Un chilo di hashish nel 2016 in Marocco costava 1 euro. In Italia l’hashish è venduta in strada a 5 euro al grammo. L’incasso è di 5mila euro al chilo. 3 tonnellate di hashish costano 3mila euro e rendono 5milioni di euro di fatturato. Il guadagno a tonnellata per il trafficante, contando trasporto e ridistribuzione di guadagni nel sistema degli spacciatori e anche i sequestri da parte delle forze dell’ordine, dovrebbe aggirarsi intorno ai 3 milioni di euro a tonnellata, esentasse.

Un danno enorme per lo Stato e per la comunità

Per lo Stato e la comunità il danno è enorme. Il popolo dei drogati è composto da persone infelici che ricorrono alla droga per sentirsi meglio. Non hanno le risorse morali per trovare modi più sani per sentirsi bene, ma hanno le risorse economiche da spendere in droga. Se non le hanno se le procurano attraverso lo spaccio di altra droga oppure tramite furti, scippi e rapine. L’organizzazione di prigioni, di servizi sociali e di strategie di recupero dei drogati ha un costo altissimo.

15 milioni di euro in 2 anni

Il costo del peso sociale del traffico di droga è ben superiore a quei 15 milioni di euro che Massimiliano Cauchi ha messo in cassa in 2 soli anni. Sono soldi che ora finiranno nel Conto Giustizia ma, come ha detto in conferenza stampa anche la dott.ssa Dolci, a Milano, la città e la provincia danneggiata dalle importazioni di Massimiliano Cauchi, non rimarrà probabilmente nemmeno un euro. In cosa saranno spesi quei 15 milioni? Io avrei un paio di idee, a parte la ridistribuzione a pioggia a chi investe in attività lecite e positive.

Intervenire sui produttori che intrattengono affari con le mafie

Personalmente, vista la situazione vedrei bene un intervento del governo italiano che dia l’alt alla tolleranza del governo marocchino sulla esportazione di hashish e della marijuana. La lotta alla Mafia, perché di questo si tratta, potrebbe passare da un discorso chiaro al Re del Marocco, quelli che iniziano con “o la capisci, o te la facciamo capire”. Una proposta provocatoria potrebbe essere quella di un raid aereo nei momenti della infiorescenza della cannabis, con cui scaricare ettolitri di diserbante (ecologico) sulle vallate del Marocco.

L’alternativa è la legalizzazione

L’alternativa al bombardamento è la legalizzazione dell’ hashish, utilizzando strategie simili a quelle utilizzate per il gioco d’azzardo, e pretendendo il pagamento delle tasse da Massimiliano Cauchi, dai suoi colleghi e dagli spacciatori. Questa scelta renderebbe “l’affaire” hashish economicamente molto meno interessante. Considerando però gli insuccessi della strategia con le slot machine, mi sento favorevole al bombardamento con il diserbante, che avrebbe anche il vantaggio di ottenere che gli italiani fumino meno, per mancanza di materia prima. Sarebbe quindi anche un vantaggio per i polmoni di tutti.

Nota della redazione
I giornalisti di Co Notizie News Zoom lavorano duramente per informare e seguono l'evoluzione di ogni fatto. L'articolo che state leggendo va, però, contestualizzato alla data in cui è stato scritto. Qui in basso c'è un libero spazio per i commenti. Garantisce la nostra libertà e autonomia di giornalisti e il vostro diritto di replica, di segnalazione e di rettifica. Usatelo!Diventerà un arricchimento della cronaca in un mondo governato da internet, dove dimenticare e farsi dimenticare è difficile, ma dove la verità ha grande spazio.

Articolo aggiornato il 21/02/2022 00:06

Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima come cronista, critica gastronomica e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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Testata registrata presso il Tribunale di Milano n. 47/2020 del 3/06/2020 Direttore responsabile Ilaria Maria Preti
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