Negozi aperti alla domenica. Si o no?
Negozi aperti alla domenica. Tra le proposte al vaglio del governo italiano vi è anche la revisione della liberalizzazione degli orari di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali. Un importante fattore che pesa sulla vita sia dei commercianti che non hanno dipendenti sia dei consumatori.
Gli uni si trovano a subire ancora di più la concorrenza dei grandi centri commerciali che, avendo molto personale, possono permettersi l’apertura H24, gli altri si sono ormai abituati a gestire la “spesa” senza coordinarsi con gli orari dei commercianti.
Il problema è stato portato all’attenzione istituzionale del governo da Roberto Capobianco, presidente dell’associazione sindacale datoriale Conflavoro Pmi, lo scorso 1 ottobre ha presentato una proposta per governare la questione della liberazione degli orari alla X commissione Attività produttive della camera dei deputati. La richiesta è di agire su costo del lavoro, sulla concorrenza sleale e sull’ E-commerce, piuttosto che decidere direttamente sul permesso di tenere i negozi aperti alla domenica.
Detassare i più piccoli
Dato che non solo gli imprenditori, ma anche i lavoratori e i consumatori, non vogliono la chiusura domenicale dei negozi, la soluzione è detassare il costo del lavoro per garantire una retribuzione maggiore a chi lavora nelle festività. Una detassazione che deve essere maggiore per chi ha pochi o nessun dipendente, e minore per i grandi distributori. Una sorta quindi di riequilibrio e di diminuzione del costo del lavoro, che non avviene più con la diminuzione degli stipendi, ma piuttosto con la diminuzione della pressione fiscale ai piccoli imprenditori.
Conflavoro Pmi ipotizza per le imprese un piano di sgravi a scaglioni progressivi basato sul numero degli occupati: più piccola è l’azienda e maggiore è la detassazione. “Non è imponendo la chiusura delle attività commerciali” ha detto Capobianco “che ridiamo dignità ai lavoratori. Conflavoro Pmi è assolutamente contraria. Sarebbe un passo indietro molto pericoloso per l’economia dei vari territori. E poi si creerebbero forti contenziosi, ad esempio tra le attività di due zone limitrofe qualora una fosse considerata turistica, quindi derogata, e l’altra no. Sarebbe concorrenza sleale proprio come accade già con l’E-commerce, altro capitolo, questo, da normare assolutamente, specie dal punto di vista fiscale.
“In pochi anni è cambiato tutto e oggi viviamo in un mondo completamente diverso. Vero è che il ‘Salva Italia’ questa Italia non l’’ha salvata, anzi. Ma ribadiamo che imporre la chiusura per legge alle attività commerciali non risolve alcun problema né garantisce maggiori diritti ai lavoratori. E’ inoltre un diniego del tempo in cui viviamo”.
I problemi
Per Conflavoro Pmi, lavoratore e imprenditore sono parte dello stesso meccanismo, l’uno indispensabile all’altro. I problemi per entrambi sono la pressione fiscale altissima, l’eccessiva burocrazia che genera fallimenti, la corruzione e la concorrenza sleale e, infine, il costo del lavoro elevatissimo, tra i più alti in Europa.
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Sette anni di liberalizzazione totale nel commercio non hanno portato alcun vantaggio: il fatturato è rimasto il medesimo, solo suddiviso su sette giorni invece che sui precedenti sei.
Per i piccolo negozi gli orari di apertura liberalizzati non sono economicamente sostenibili, favoriscono solo i centri commerciali e quindi turbano la concorrenza. La domenica, inoltre, come prevede la nostra tradizione, è il giorno dedicato al riposo, e garantisce pertanto il tempo libero necessario alla cura degli interessi personali, della società e della famiglia.
Nelle domeniche e nelle feste si devono “consumare” soprattutto i beni relazionali tra le persone, prima ancora che quelli materiali. Per questo io propongo una soluzione che penso sia condivisibile: una turnazione intelligente di aperture festive che preveda, tot negozi e centri commerciali aperti dove fare la spesa, secondo un calendario concordato. (come per le farmacie)
Discorso a parte per le zone turistiche.