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Sono passati poco più di 3 mesi dalle elezioni regionali in Lombardia. Una volta organizzati gli uffici e le commissioni consiliari, si può osservare la linea politica su cui il governo della Regione si muoverà.
È anche il momento in cui si può effettuare una prima analisi della situazione attuale, in punto da cui partire. Specialmente in tema di economia. Abbiamo quindi chiesto al consigliere Gian Marco Senna, presidente della IV Commissione del Consiglio regionale, dedicata alle Attività produttive, all’istruzione, alla formazione e all’ occupazione, di illustrarci i punti di partenza delle politiche sull’economia, pensando soprattutto alle piccole e medie imprese.
Premetto che la mia storia personale è la storia di un piccolo imprenditore. Faccio parte della categoria. Arrivo anche da una famiglia di commercianti. Credo quindi di avere una forte sensibilità su questo argomento. La piccola media impresa ha tenuto in piedi questo paese, soprattutto in questi anni di crisi, ed è quella che è stata più martoriata. Quella che ha avuto più difficoltà.
Ho l’onore di presiedere la IV commissione ormai da tre mesi e sono capitato in un brutto momento. Fra le mie funzioni ci sono anche quelle auditive. Ascolto chi vive le le situazioni di crisi nelle aziende Lombarde e posso dire che, nonostante la Lombardia sia un’eccellenza a livello italiano e anche europeo, ha sofferto troppo questa crisi che si prolunga sin dal 2007.
Come presidente di commissione, e come consigliere regionale, vorrei prima di tutto avvicinare l’istituzione regione alle esigenze della piccola media impresa. Parliamo infatti del 94% del tessuto produttivo nazionale, che impiega più del 60% dei lavoratori italiani. Quali sono i problemi della piccola e media impresa che io sento più forti? Una burocrazia al di sopra di ogni livello di guardia e su questo credo che la politica possa e debba fare tanto. Come regione Lombardia dobbiamo fare in modo che tutte le pratiche burocratiche siano snellite.
Ricordiamoci che attraverso la digitalizzazione possiamo fare passi da gigante per migliorare i rapporti fra la pubblica amministrazione e le imprese. Ci vuole, poi, sicuramente un abbassamento della pressione fiscale. E’ un compito che la regione fa fatica a gestire, non abbiamo molte competenze. Poi credo che si possa dare una mano anche a livello di approccio dei bandi regionali e dei bandi europei, snellendo le operazioni e facendo in modo che anche le strutture più piccole siano aiutate.
Diciamo che rimanere in piedi, per la piccola e media impresa, è stato qualcosa di eroico. Abbiamo parlato della necessità di snellire la burocrazia , abbiamo parlato di una pressione fiscale fuori controllo, e questo è un altro dato di fatto oggettivo, La Corte dei Conti valuta la pressione fiscale sulle imprese al 72%, presa nella sua complessità e globalità. Non ci sono solo l’irap è l’Irpef. Ci sono le imposte comunali e quelle regionali.
E’ un insieme di balzelli legato alla burocrazia. Un altro grossissimo problema è quello dell’accesso al credito. A livello regionale si fa fatica a supportare questo aspetto, perché è logico che servono denari. Il sistema al quale abbiamo aderito come Europa, Basilea 2 che poi diventerà anche Basilea 3, dà dei parametri molto stringenti soprattutto alle nostre società che, per tradizione e per cultura, sono sottocapitalizzate.
Sottocapitalizzate, però, non vuol dire che non siano sane. La crisi, in questi anni, si è mangiata quelle aziende che hanno fatto fatica a rinnovarsi, ma anche quelle che potevano avere delle grosse opportunità ma che hanno chiuso, a causa della difficoltà di accedere al credito, alle volte anche per cifre tutto considerato piccole. Questo nonostante avessero delle possibilità di svilupparsi molto, ma molto, ampie. Come Regione Lombardia dovremmo mettere in atto tutte le possibili operazioni che aiutano la piccola media impresa ad ottenere un buon livello di accesso al credito.
Dall’altra parte abbiamo delle banche private che si basano sempre più su dati e algoritmi e sempre meno sulla relazione umana. Compito nostro sarà quindi quello di essere la cassa di compensazione tra le imprese e le esigenze sempre più stringenti delle banche. Banche che, però, negli anni sono state caricate di soldi e non li hanno ridistribuiti sui settori produttivi. Ne ha fatto le spese soprattutto chi, presentandosi come piccola azienda, ha pochissima probabilità di ottenere fondi.
Più di quello che penso conta quello che vedo. Nel senso che non è difficile camminare per le strade di Milano e notare che ci sono due città. C’è il centro, la Milano dei negozi luccicanti, la Milano che funziona, la Milano del post Expo. Su questo non si può negare che ci siano stati dei miglioramenti. Poi, però, c’è la Milano delle periferie, la Milano dei ghetti dove sono state fatte scelte sbagliate sia dal punto di vista urbanistico sia da quello della gestione commerciale.
Quando torneremo a governare Milano bisognerà tornare ad investire seriamente sulle periferie. Questo è un dato di fatto oggettivo. Non si sta investendo e non si sta cercando di ridare ai piccoli commercianti di periferia la possibilità di sopravvivere, magari abbassando le imposte comunali e non pensando a fare cassa a tutti i costi.
Attraverso il presidente Aler e l’assessore Bolognini si sta facendo un lavoro che non è mai stato fatto per quello che riguarda il recupero delle case Aler. Anche lì! Ci sono state delle scelte scellerate che hanno portato ad avere dei ghetti, con zone di forte occupazione abusiva dove, non me ne vogliano i buonisti, c’è una quantità di extracomunitari che ormai ha surclassato numero dei residenti storici.
Ci sono persone anziane che hanno sempre vissuto in quei quartieri e li hanno visti trasformarsi e degradarsi. Questo non è giusto, perché il prezzo della minore integrazione lo stanno pagando, come al solito, i più deboli.
Articolo aggiornato il 26/07/2020 19:49