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Milano. Questa mattina, presso la Questura di via Fatebenefratelli, il dirigente della Polizia postale e delle telecomunicazioni Lombardia Salvatore La Barbera e il vice questore aggiunto Rocco Nardulli hanno presentato risultati dell’ operazione Ontario, che ha portato all’identificazione di 22 pedofili italiani che si scambiavano fotografie e materiale video online utilizzando il sistema di messaggistica istantanea per smartphone Kik.
Le indagini sono partite dalle segnalazioni inviate dalla società canadese Kik Interactive inc che gestisce l’applicazione di messaggistica istantanea per smartphone. La società che si era resa conto di quanto transitava sui suoi server, ha allertato il Centro di coordinamento protezione nazionale dei bambini che fa capo alla Reale Polizia a Cavallo Canadese, le famose Giubbe Rosse. Questa ha tracciato, fra le altre, 22 utenze che partivano dal territorio italiano e ha allertato la polizia postale del nostro paese. La Polizia Postale di Milano ha quindi filtrato ed elaborato oltre 15.000 connessioni internet riuscendo infine identificare i 22 cittadini italiani che sì scambiavano, utilizzando falsi profili su Kik e accedendo a internet tramite reti WiFi aperte, video e fotografie pedopornografiche.
Il periodo preso in esame fra in marzo e giugno 2018. I pedofili non erano collegati fra loro. Si tratta di uomini tra i 25 e i 60 anni. Generalmente sono dei disoccupati, a parte in un caso il cui il computer appartiene ad una collaboratrice domestica che abita con la famiglia di cui è dipendente, nella provincia di Milano. Gli investigatori credono però che in realtà le fotografie e i video trovate nel computer appartengono a qualche suo familiare o amico che aveva accesso al computer. Quattro dei pedofili sono stati arrestati ed erano incensurati. Altre 18 persone sono state denunciate in stato di libertà, 3 di loro avevano dei precedenti per lo stesso tipo di reato. 2 degli indagati si trovano in provincia di Milano
Le perquisizioni si sono svolte in Lombardia, Lazio, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Campania e Marche e hanno portato al sequestro di 26 smartphone, 7 notebook, 18 hard disk, 4 pen drive USB e 4 tablet. In totale sono stati ritrovati 20mila fra immagini e video pedopornografici per un peso complessivo di oltre 10 terabyte. Tutto questo materiale era scambiato con il metodo del baratto, che sembrerebbe utilizzato per individuare le persone che possono avere un interesse a questo tipo di visioni. Solo in un secondo tempo queste persone sono indotte ad entrare in “giri” a pagamento.
Attualmente le indagini sono volte a tentare di identificare le vittime, tutti i bambini e bambine coinvolti in atti sessuali con adulti, per strapparli alla schiavitù. Il materiale ancora sotto analisi virgola ma non sembra vi siano video girati in Italia. Alcuni luoghi sono stati identificati e si trovano in Asia e in qualche zona del Sudamerica.
Chi detiene foto pedopornografiche rischia dai 3 ai 6 anni carcere, a seconda del tipo di materiale di cui è in possesso. Maggiori sono le pene per chi lo distribuisce e per chi lo produce. Sono reati contro dei Minori e in Italia la condanna può arrivare all’ergastolo. Difficile sfuggire per molto tempo, perché le polizie di Stato di vari paesi hanno creato un circuito internazionale che si occupa di individuare i casi di pedofilia.
Articolo aggiornato il 24/06/2020 18:56