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Questa mattina il primo ministro italiano Paolo Gentiloni è arrivato a Milano, a palazzo Reale, per presenziare all’inaugurazione della mostra itinerante “Il viaggio della Costituzione”. Con Lui il il sindaco Beppe Sala e il ministro Liotti.
Quella di oggi è la prima tappa di un percorso che coinvolge altre 12 città. Il progetto è promosso dalla Presidenza del Consiglio e coordinato dalla Struttura di Missione per gli anniversari di interesse nazionale in occasione del 70° Anniversario della Costituzione della Repubblica italiana. Alla cerimonia c’era il sindaco Beppe Sala, il presidente del Comitato storico scientifico per gli anniversari di interesse nazionale Franco Marini, il ministro per lo Sport con delega per gli Anniversari di interesse nazionale Luca Lotti e del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.
è onorato della scelta di Milano come prima tappa. E’ una città in cui si consolidano le fondamenta della Repubblica. E’ un evento inclusivo come lo è Milano stessa. In accordo con l’Articolo 1 della Costituzione Milano è la città del lavoro, la disoccupazione è diminuita di un punto, il turismo è in crescita e l’amministrazione comunale “farà sempre la sua parte” in termini costituzionali e democratici.
Il Viaggio della Costituzione prende in analisi i primi 12 articoli e la loro attualità. Cita l’art. 3, ricorda Teresa Mattei, la più giovane donna eletta nella Costituente, esempio per i giovani, un riferimento anche alle quote rosa.
“Fate che il volto della Repubblica sia un volto umano” disse Saragat. Marini spera che l’iniziativa raggiunga i giovani, sottolinea che in un mondo di veloci e radicali cambiamenti i primi 12 articoli della Costituzione sono tuttora un punto di riferimento. Dice anche che questi punti non sono mai stati messi in discussione.
Ricorda che la Carta Costituzionale è fondata sui valori della Resistenza e che, nonostante la forte contrapposizione ideologica di un momento di intensa lotta politica i Padri Costituenti hanno raggiunto un compromesso istituzionale sulla forma di governo e sull’identità condivisa.
Il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni sottolinea che la democrazia non debba essere data per scontata perché la scelta degli italiani, chiamati con il referendum del 1946 ad esprimere la loro preferenza per la forma di governo, non fu scontata. La democrazia ha combattuto molte sfide tra le quali ricorda, l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 (New York). Paolo Gentiloni conclude dicendo che la democrazia oggi deve essere difesa anche dal populismo “e non deve essere sacrificata in nome del sovranismo autocratico, che risulta un miraggio”.
La mostra sarà a Palazzo Reale, nella sala delle Cariatidi, fino al 17 settembre. Poi si trasferirà a Catania, Reggio Calabria, Bari, Cagliari, Aosta, Roma, Venezia, Firenze, Trieste, Assisi e Reggio Emilia. Ogni città è associata ad un articolo della Costituzione.
L’iniziativa è carina e di valore, è il tentativo di promuovere la conoscenza dei primi 12 articoli della costituzione italiana. 12 principi che sono i principi fondamentali della repubblica e che nessuno ha mai messo in discussione. O meglio. 11 non sono mai stati messi in discussione, perchè sono l’elenco dei diritti e dei doveri dei cittadini italiani. Uno invece si. l’articolo 5 della Costituzione è stato ampiamente contestato, già dal 1947.
E’ quello che nega la possibilità di un’Italia in stile federale. (Articolo 5. La Repubblica, una e indivisibile). Però è anche vero che, essendo la costituzione un compromesso, lo stesso articolo riconosce e promuove le autonomie locali e adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia. Di questo, e del referendum sull’autonomia di Lombardia e Veneto, che era inerente, Gentiloni si è ben guardato di accennare. Ha inaugurato una mostra che avrebbe dovuto avere delle pretese didattiche, dicendo di fatto delle bugie.
Possiamo derubricare la piccola bugia storica sui 12 principi fondamentali allo stadio di una svista, anche perchè la prima tappa milanese del Viaggio della Costituzione non era dedicata all’art. 5, ma all’articolo 1 della Costituzione, L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Il lavoro lo ha citato, in modo vago, Beppe Sala, della democrazia ha parlato confusamente Gentiloni. Poi, invece di parlare di sovranità popolare Gentiloni ha attaccato il sovranismo autocratico ( ma cos’è?) e il populismo (cioè il popolo) e, infine, nessuno ha letto l’articolo 1 nella sua interezza. Questo povero articolo 1 della Costituzione pareva un ectoplasma come il lavoro stesso. Aleggiava sulla riunione, ma non c’era. Un fantasma.
La lettura dell’articolo 1 della Costituzione non è stata l’unica dimenticanza di questa mattina. Mi hanno risparmiato l’ascolto dell’inno di Mameli, che non è stato suonato. Non mi è dispiaciuto. Anzi, l’ho apprezzato. Però, parlando di resistenza, partigiani, costituente del 1947 e carta costituzionale, il fatto che l’inno non sia stato considerato parte integrante della cerimonia mi ha sorpreso.
Non è stato carino nemmeno il modo in cui siamo stati congedati dalla conferenza stampa. Quando Paolo Gentiloni ha parlato male di populisti (Matteo Salvini e i leghisti), democrazia digitale ( Movimento 5 stelle) e sovranismo autocratico (Berlusconi e forza italia) concludendo seccamente il suo discorso da parroco annoiato e se ne è andato, ci è stato detto semplicemente: “La cerimonia è finita qua. Potete andare.” Amen, ho risposto a mezzavoce.
L’invito per la stampa era alle 11,30 e non c’era nemmeno un crodino. Nemmeno il caffè nel bicchierino di plastica, nonostante tutti i soldi che da Milano mandiamo a Roma. Parlando di Repubblica fondata sul lavoro, e non lo dico per me che sono una novellina, non mi è sembrato un bel modo di trattare chi lavora nell’informazione. Come è stato davvero poco carino, da parte del primo Ministro, fare un’entrata da bersagliere e un’uscita altrettanto di corsa, senza fermarsi neppure a stringere una mano, a rispondere a una domanda dei giornalisti, e farsi scattare una foto.
Non che mi sia dispiaciuto, ma ne avrei approfittato per chiedergli cosa intendeva con sovranismo autocratico, cosa gli faceva pensare che vi fosse una contrapposizione fra populismo e democrazia, e di fare un libero commento sulla relazione fra le due frasi “l’Italia è una repubblica democratica” e “la sovranità appartiene al popolo”. Chissà magari un giorno o l’altro, quando non sarà più primo ministro, me lo chiarirà.
Articolo aggiornato il 05/01/2021 21:51