Minacce di Morte a Matteo Salvini. “Finirai appeso per i piedi”
L’orologio della storia pareva essere tornato indietro a Milano, fino agli anni difficili della lotta politica che riempiva di violenza le strade della città: minacce di morte verso il leader della Lega Nord Matteo Salvini sono comparse sui muri dell’istituto magistrale Carlo Tenca, dal lato di via Montello: tra i graffiti comparsi si leggeva in maniera chiara e inequivoca la scritta “Salvini appeso a testa in giù”. Al momento non è dato sapere quando siano state fatte quelle scritte.
Forse un rischio concreto
Non è stato chiarito se la scritta fosse una goliardata di qualche studente oppure se si trattasse di un’intimidazione seria: potrebbe ridursi a una ragazzata, anche perchè si tratta di muri scolastici e quindi frequentati da giovani, ma è tuttavia da evidenziare che il muro si trova in via Montello, una strada in passato nota alla cronaca per la presenza radicata della malavita, tanto che nel 2012 un casolare venne addirittura sequestrato dalle forze dell’ordine: non si può quindi escludere che la scritta sia riconducibile forse alla malavita o comunque a un contesto sociale fortemente degradato e pericoloso.
Esecuzione a morte
Di particolare crudeltà la scena evocata dalle parole, che richiamano senza ombra di dubbio all’esecuzione di Benito Mussolini (personaggio che non c’entra nulla né con la Lega Nord né con la storia personale di Salvini), il quale fu proprio appeso per i piedi nella pubblica via, il 19 aprile 1945 in piazzale Loreto, dopo la fucilazione avvenuta a Dongo (Como).
Congresso Lega Nord confermato Salvini
Intanto la strada del politico continua e pare sempre più sicura la sua candidatura a primo ministro: il 21 maggio, al congresso federale della Lega Nord, Matteo Salvini ha ottenuto l’82,7% dei consensi degli iscritti ed è stato così riconfermato alla guida del movimento fondato da Umberto Bossi e ora guidato dallo stesso Salvini dal dicembre 2013; si tratta di una conferma che ha lasciato con l’amaro in bocca lo sfidante Gianni Fava, assessore all’agricoltura in regione Lombardia, il quale aveva dichiarato che avrebbe ritenuto una vittoria ottenere il 20% ma ha dovuto accontentarsi del 17,3% dei voti: alla luce delle sue parole, è stata una vera e propria “auto umiliazione”, avvenuta
nonostante Fava avesse usato la carta dell’indipendenza della Padania per cercare di racimolare qualche voto in un partito dal cuore autonomista. Tuttavia, la pesante sconfessione dei militanti leghisti nei confronti di Fava non dovrebbe avere ripercussioni nella giunta lombarda, come invece sarebbe logico avvenisse.
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