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E’ già qualche anno che esiste il divieto di buuqa. Lo si trova entrando negli uffici di regione Lombardia, negli ospedali, e in altri uffici pubblici. Alcuni cartelli indicano il divieto di entrata con il viso coperto, altri fanno riferimento direttamente al burqa.
Non è una novità e non si riferisce solo alle donne mussulmane che utilizzano burqa o il niquab. Riguarda anche i caschi da motociclista, i passamontagna, o anche delle semplici sciarpe avvolte intorno al viso. Si tratta di un divieto che fa parte delle prescrizioni inserite nella legge regionale sulla sicurezza, tramite una delibera che ha applicato l’art. 5 della legge 153/1975. La novità di oggi è la riposta al ricorso al Tar della Lombardia presentato da alcune associazioni che si occupano di diritti degli immigrati.
Secondo Asgi, Naga, Apn e la Fondazione Piccini il divieto sarebbe stato discriminatorio nei confronti delle donne mussulmane. Il Tar ha dato loro torto. Non c’è discriminazione. Il divieto è considerato un sacrificio necessario per garantire la sicurezza pubblica.
Scontente le associazioni ma soddisfatto il presidente roberto Maroni che ha commentato la notizia. “Il Tribunale di Milano ha dato ragione alla Regione Lombardia sul divieto di entrare con il volto coperto nei luoghi pubblici. E’ stato un nostro atto coraggioso, anche in quel caso molto criticato da una certa parte politica, ma i fatti confermano che abbiamo ragione noi. Questa è la strada”.
Articolo aggiornato il 18/07/2020 11:31