Brexit. Il referendum a giugno e David Cameron trema
Brexit – Vuol dire “Britain exit” e si intende il referendum indetto per il 23 giugno 2016, in cui gli inglesi voteranno per l’uscita dall’Unione Europa degli Stati che formano la Great Britain, cioè il Regno Unito. Sondaggi e politologi dicono che la maggioranza attualmente voterà a favore del Brexit. Stiamo parlando di Inghilterra, Scozia, Irlanda del Nord e Galles, quei paesi che non hanno nemmeno adottato l’Euro. David Cameron, il primo ministro inglese, ha ottenuto dal Consiglio Europeo una proposta di accordo con concessioni che diano agli stati dell’isola dei motivi economici e di sicurezza per rimanere nell’Unione.
La prima volta che si è pronunciata pubblicamente la parola Brexit in Italia è stato durante il convegno del gruppo di europarlamentari ENF a Milano. Ne parlarono sia l’on. Marine Le Pen sia l’on. Janine Atkinson dell’Ukip, il partito per l’indipendenza del Regno Unito, di cui è leader Nigel Farage. Parlando di Indipendenza del Regno Unito, Nigel Farage e gli altri politici del Ukip, si riferiscono all’ indipendenza dall’Unione Europea.
La possibilità che la maggiornaza degli inglesi, al referendum del prossimo 23 giugno (il Brexit), possano votare per uscire dall’Unione Europea è considerata seria. David Cameron, il primo ministro inglese, è corso al Consiglio Europeo e ha ottenuto una proposta di accordo da sottoporre agli inglesi per convincerli a rimanere in Europa.
Il primo motivo per cui gli inglesi voterebbero a favore del Brexit è la troppa immigrazione e l’obbligo imposto dall’Europa di mettere i nuovi immigrati economici, quelli che da noi in Italia chiamano profughi, a carico del welfare inglese. Gli inglesi sono molto ben lontani dalla situazione che si è creata in Italia, dove il governo Renzi, sottoposto allo stesso obbligo, invece di ribellarsi e di andare in Europa a pestare i pugni come ha fatto Cameron, non ci ha pensato due volte a scaricare il costo dell’assistenza sanitaria dei clandestini sui bilanci delle Regioni. Alla Lombardia, il governo Renzi deve ancora restituire quanto speso per l’assistenza ai clandestini negli ultimi anni.
Anche Boris Johnson, sindaco di Londra e appartenente allo stesso partito di Cameron, il Partito conservatore, si è detto a favore del Brexit. Su un importante Blog inglese, Forbes.com, il giornalista esperto di economia Marcel Michelson attribuisce la presa di posizione di Johnson alla voglia di diventare Primo ministro al posto di Cameron, e scrive, senza mezzi termini, che è una opinione deteminata dal fatto che Robert Murdoch, con tutti i suoi giornali, è a favore del Brexit. Secondo Michelson, con il Si al Brexit Johnson vuole ottenere il sostegno dei Media di Murdoch nonostante sia nota l’amicizia fra David Cameron, e il suo governo, e l’ex redattore del Sun, Rebekah Brooks. Inoltre, in questo momento, prevede che un candidato conservatore con posizioni anti Europee potrebbe superare, in consenso, sia le tesi indipendentiste dell’UKIP e sia i labouristi. In italia siamo abituati a trame molto più complicate, ma per dirla breve, in Inghilterra in questo momento chi è anti Europa e vuole il Brexit è la maggioranza e i politici, persino quelli del partito del primo ministro Cameron, inseguono l’opinione popolare (saranno populisti anche loro?)
Non solo. Il Brexit, come si era già visto al convegno che ho già citato, potrebbe essere proposto presto anche in Danimarca. In quel caso prenderebbe, forse, il nome di Danishexit. Lo scrive oggi anche il Wall Street Journal, anche se la sua posizione è contraria e tende a sottolineare pericoli e possibili aspetti negativi. Durante il congegno dell’Enf, Marine Le Pen aveva definito il Brexit il primo elemento di una reazione a catena di tutti i paesi europei.
Ciò che dovrebbe stupire è chi si è ribellato alle imposizioni europee è chi ne ha subite meno. Fino a che il progetto Mare Nostrum era tutto a carico dell’Italia e i paesi del sud Europa dovevano arrangiarsi da soli a sostenere la battaglia contro l’immigrazione clandestina, non si ribellava nessuno Ora che il progetto si chiama Triton e devono partecipare tutti i paesi, ognuno prendendosi la una quota di clandestini e di costi, anche se sempre con una pressione migratoria molto più bassa di quella che tocca all’Italia, negli altri paesi si ribellano.
Insomma, in tutta Europa si parla di Brexit come di una concreta possibilità ed è chiaro che è causato da 3 temi: troppa immigrazione, crisi economia e mancanza di sicurezza. Solo in Italia, che dovrebbe essere quella in cui la ribellione avrebbe dovuto esserci stata immediatamente avrebbe dovuto essere ben più forte, si parla di calcio.
Attualmente, l’unica forza politica italiana che si spinge sulle posizioni anti euro e anti Europa, è la Lega Nord. Qualcosina, ma solo a livello di dichiarazioni, lo ha fatto anche il movimento 5 stelle: di concreto, però, da parte loro si è visto poco. Nell’ ENF, Europa delle Nazioni e della Libertà (Freedom), il gruppo europarlamentare che unisce i partiti con posizioni antieuropee (quelli che erano chiamati euroscettici) c’è solo la Lega Nord. La soddisfazione è che Matteo Salvini è uno dei vicepresidenti e che il primo convegno in cui si è parlato di Brexit è stato a Milano.
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