Alla Scala la battaglia fra Roberto Maroni e Matteo Renzi
Milano – Hanno passato la serata fianco a fianco, nel palco reale della Scala, ma il gelo fra il presidente della Lombardia Roberto Maroni e il premier romano Matteo Renzi si può misurare con i lanci di agenzia, che sembrano staffilate con lame di ghiaccio, con cui hanno tentato di infilzarsi. E non si può dire che i colpi non siano andati a segno. Non c’è stato nessun attentato islamico ma il pericolo vero era la glaciazione che traspare anche dalle fotografie pubblicate dai giornali attraverso l’espressione dei due protagonisti.
Il primo commento, molto duro, lo ha fatto Roberto Maroni mentre parlava con i giornalisti al suo arrivo alla Scala che, lo hanno informato che Matteo Renzi aveva cambiato idea e deciso di recarsi alla Prima della Scala, e aveva parlato di orgoglio. “Non e’ il premier che onora la Scala, ma viceversa. E lo stesso vale per chiunque partecipi a questa splendida Prima. Renzi ha fatto bene a venire, sarebbe stato un brutto segno l’assenza delle Istituzioni romane”, ha detto Roberto Maroni. Durante la stessa conversazione uno dei cronisti ha fatto presente che il presidente della Repubblica invece non era arrivato. Il presidente della Lombardia ha commentato l’assenza dicendo: “dove c’e’ Renzi non c’è Mattarella e viceversa. Questo avrà un significato politico? Non so, vedremo”.
In ogni caso Maroni ha ribadito il fatto di non esser mai stato preoccupato né prima né durante la serata. Alla fine dello spettacolo ha rilasciato altre dichiarazioni proprio sulla gestione della sicurezza e a chi gli ha domandato se si era sentito al sicuro nonostante l’allarme terrorismo ha risposto: “Assolutamente si’. A maggior ragione con il nuovo prefetto Marangoni, con il quale siamo in buone mani”.
Da sottolineare l’uso, da parte di Roberto Maroni, della definizione “Istituzioni romane” parlando di Renzi, che, per un uomo posato e riflessivo come è il presidente della Lombardia, equivale al riassunto di un belligerante e ben chiaro discorso. Con due parole ha messo al suo posto il premier, ricordandogli quale siano le numerose differenze fra le istituzioni romane e le istituzioni lombarde.
Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, nello scontro da guerra fredda fra i due presidenti, è rimasto un po’ schiacciato, e delle sue dichiarazioni sulla serata ne è risaltata una sola, pubblicata dall’Ansa. “Superata la paura, sono orgoglioso” ha detto Giuliano Pisapia.
Alla serata ha partecipato anche l’assessore regionale alla cultura e identità di regione Lombardia Maria Cristina Cappellini che ha commentato lo spettacolo. “Un grande ritorno sul palco della Scala per la Giovanna d’Arco di Verdi, una scelta importante e pienamente condivisibile che, in un momento storico complesso e tormentato come quello che stiamo vivendo, assume un significato ancora più forte. La vicenda di Giovanna d’Arco, purtroppo, è quanto mai attuale vista la fase storica che stiamo attraversando.
La figura di Giovanna d’Arco questa sera ci deve far riflettere una volta di più sulla nostra storia di europei e di cristiani, sulla nostra identità e su quelle radici che l’Unione europea ha colpevolmente mancato di riconoscere ufficialmente”.
Lo stesso Roberto Maroni, lasciando in un angolo per un momento le diatribe con Renzi, si è dichiarato entusiasta. “Una bellissima opera, una metafora molto attuale. Dal punto di vista musicale, eccezionale. Come la scenografia, semplice e suggestiva”. Renzi ha dichiarato che l’opera è stata molto bella.
La Giovanna d’Arco, scritta da Giuseppe Verdi e rappresentata sotto la direzione del maestro Riccardo Chailly e con la regia di Moshe Leiser e Patrice Caurier, ha ricevuto ben otto minuti di applausi, e vi stata un’ovazione in piedi per il coro, per Anna Netrebko e per Francesco Meli. Tra i loggioni, proprio come un tempo e come da tradizione, sono echeggiati i “bravi” dei musicofili.
Tra le fila seminascoste dei loggioni son partiti anche dei “Viva Verdi”, che quasi certamente non erano un invito al ritorno della monarchia dei Savoia, ma comunicavano comunque quel desiderio di libertà che Giuseppe Verdi, con la sua musica, ha sempre trasmesso ai milanesi. D’altra parte fa parte del gioco: la Prima della Scala di Milano ha sempre contenuto dei messaggi politici forti. E’ rivoluzionaria, anarchica, indipendentista, non certo renziana.
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