Web, bufale e Demental Coach: l’elogio della folla
Da quando il web e il duepuntozero si sono elevati a fonte informativa accessibile a tutti, la televisione ha subito il declassamento. Attenzione, però, perchè confusione e demental coach sono i pericoli dietro l’angolo.
L’abbattimento del monopolio che il tubo catodico aveva consolidato attraverso una pluridecennale attività di tentacolare medium informativo è avvenuto, all’alba del nuovo millennio, ad opera del web. Un passo epocale, salutato dalla società civile come la fine di un medioevo culturale perpetrato dai padroni del vapore, ovvero coloro che detenevano il potere televisivo.
Mentre ogni piega del mondo diventava duepuntozero, il progresso informatico e telematico ha portato il web prima nelle case e poi nelle tasche della stragrande maggioranza dei cittadini del globo. Le sue potenzialità sono da sempre sbalorditive: disponibilità immediata di qualsiasi fonte informativa, estrema facilità di accesso ai più disparati contenuti, costi sempre più modesti e praticità assoluta.
A ciò si aggiunge la constatazione di ciò che il web può rappresentare a livello culturale e antropologico: concretizzazione del diritto alla libera ricerca delle fonti di informazione, pluralismo culturale, possibilità di accesso al fatto nudo, crudo e non geneticamente modificato da alterazioni politico-ideologiche. Fine, dunque, del monopolio televisivo e avvento della libertà di acculturazione attraverso il ricorso al contenitore dello scibile umano.
Il rischio, tuttavia, è complementare al beneficio: c’è il reale pericolo che la democratizzazione informativa promossa dal web degeneri in una mera forma di oclocrazia culturale, e che alla ricchezza del molteplice si sostituisca la confusione dell’incontrollato. In altri termini, potrebbe passare il concetto che lo studio di un determinato argomento, inteso in senso tradizionale, sia un inutile ingombro, a fronte della meno faticosa spremuta di contenuti – molto spesso non verificati – che il web offre, urbi et orbi, in pochi clic. Da qui, una disordinata fuga di opinioni.
A fare le spese di questa deriva, in atto da diversi anni, sono gli utenti più giovani e meno provvisti di autonomia critica e culturale, che divengono facili – e, spesso, spontanee – prede degli scafati facitori di fake cronistici (colossali bufale di cui i social network abbondano). Divulgatori che – attraverso la propria attività di influencer al soldo della politica o per interesse pecuniario – svolgono il ruolo di credibilissimi demental coach con un discreto seguito di ingenui consensi.
Il via libera alla trattazione degli argomenti, talora disgiunta dalla cifra scientifica necessaria perché svolta spesso in contesti e da soggetti improvvisati, può portare ad una divulgazione superficiale e poco ponderata, che si sostanzia in una collezione di facili like e thumbs up. Scienza, politica e costume rappresentano facili occasioni di disimpegno e saporita polemica su social, blog e spazi vari.
Se sia vera gloria, è difficile stabilirlo. L’elogio della folla, tuttavia, avrà ragionevolmente luogo quando la stragrande maggioranza degli utenti medi si renderà conto che il facile accesso alla conoscenza è strumento di vero progresso culturale solo se guidato e disciplinato da una ricerca orientata con criterio.
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