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A Magenta, in casa Giacobbe, nel luogo esatto del sanguinossimo assalto delle truppe franco piemontesi a quelle austro ungariche, il 4 giugno 1859, c’è il museo della Battaglia di Magenta. E’ un piccolo museo ancora in evoluzione, ma con tutto quanto serve, anche la parte multimediale, a raccontare un episodio della storia che ha coinvolto la città e i dintorni e i mille particolari che hanno determinato il destino di tante generazioni. Fa parte dei piccoli musei locali che portano tanto lustro alla Lombardia e merita di essere visitato, conosciuto e promosso.
E’ facile legare un episodio come quello della battaglia di Magenta ai cori nazionalisti del periodo storico del risorgimento così come sarebbe facile, per lo meno per me, partire con un bel discorso della storia vista dalla parte di chi ha perso quella battaglia, perchè, dovendo scegliere fra i due, mi erano più simpatici gli austriaci.
Di fronte ad un museo, però, non son discorsi da fare. Un museo, attraverso gli oggetti esposti, e le loro storie, racconta i fatti senza prendere parte. Quello di Magenta, infatti, non è un museo del risorgimento: è il museo della battaglia di Magenta. Qui sono stati raccolti e ordinati gli oggetti che rimasero sul campo dopo l’assalto a casa Giacobbe e che i contadini magentini raccolsero e passarono in eredità ai loro figli: dei cimeli. Sciabole, spade, spadoni, palle di cannoncino, un tamburo da guerra, portabandiere, else, foderi, proiettili, e le famigerate baionette. Poi quadri e stampe di varie epoche con i visi dei generali che condussero la manovra a tenaglia che segnò la vittoria dei franco – piemontesi e l’inizio della ritirata dell’Austria dal Lombardo Veneto.
Fra gli oggetti del museo, ci sono anche alcuni diorami ( o plastici). Uno di questi mostra il momento dell’assalto a casa Giacobbe da parte dei franco piemontesi. Gli austriaci erano asserragliati nella casa colonica. Dalla torretta partono dei colpi di moschetto che colpiscono e uccidono sul colpo il generale Espinasse, dell’esercito franco piemontese, in mezzo alle sue truppe. Quel momento, di grande emozione, scatena l’attacco furioso dei franco piemontesi, che si lanciano in avanti senza ordine, saltano la massicciata della ferrovia, attraversano il campo e arrivano sotto le mura di cinta di casa Giacobbe. Il muro li protegge dalla traiettoria delle pallottole dei moschetti austriaci, e così riescono ad entrare. Passano all’arma bianca, alle baionette, e non fanno prigionieri. Da quell’assalto prende nome anche il colore rosso Magenta, rosso come il sangue che scorreva lungo le scale di casa Giacobbe durante la carneficina. Ci sono moltissime storie legate agli oggetti presenti nel museo e sono magistralmente raccontate dai volontari delle associazioni che si alternano nella cura del museo. Nella foto vediamo Luca, che gentilmente mi ha accompagnato nella visita del museo, raccontandomene alcune.
Il museo è aperto normalmente nei pomeriggi del sabato, ma nel mese di luglio apre anche alla sera del giovedì, dalle 21 alle 23, a cura delle associazioni come quella cui appartiene Luca, I ragazzi di Magenta. E’ bellissimo vedere dei giovani che offrono il loro tempo libero, le serate, per sostenere la cultura e la conoscenza della storia del proprio comune. Una sola lamentela: sono troppo poche le scuole del magentino che visitano il museo della battaglia e non c’è ancora un circuito definito e conosciuto dei piccoli musei del magentino e dell’altomilanese, fra cui ricordiamo quello di Santo Stefano, quello del Casone, nel comune di Marcallo con Casone, e quello già comunque famoso che si trova in Villa Annoni a Cuggiono. Proprio di questi giorni è la notizia che la regione Lombardia si presta a sostenere i piccoli musei locali con un apposito bando.
Articolo aggiornato il 23/06/2019 15:09