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A Parabiago, al centro ottico Rossini & Licciulli , che si trova al numero civico 44 della statale del Sempione,
Chi segue la politica da tanti anni ricorda l’attuale Presidente della Repubblica quando, nel 1994, fece la legge elettorale che, prendendo il nome dal nostro, fu definita “Mattarellum”. Ai tempi era presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi (altro genio: ebbe l’intuizione dell’euro) e la maggioranza era composta da quello che si definiva Pentapartito ma senza i Repubbblicani: Dc, Psi, Psdi, Pli e alcuni indipendenti.
Nato a Palermo nel 1941, docente di diritto parlamentare, fu eletto per la prima volta alla Camera nell’83 con la Democrazia Cristiana; è stato pure vicepresidente del consiglio dei ministri con Massimo D’Alema, nel 1998. Ma la sua vita governativa è fatta di tante poltrone, anche diverse tra loro: nel 1987 Giovanni Goria lo nomina ministro dei
rapporti con il Parlamento; due anni dopo Giulio Andreotti lo vuole alla pubblica istruzione; con Amato, nel 2000, è invece alla Difesa. Se i ministeri venissero assegnati per competenza, Mattarella dovrebbe
essere un pozzo di scienza.
La dote di avere grandi capacità in svariati campi, anche notevolmente diversi tra loro, deve essere ereditaria perchè anche il padre, Bernardo, fu ministro ai trasporti nel governo Pella (1953), al commercio estero con Segni (1955), alle poste con Zoli (1957), all’agricoltura con Leone (1963), al commercio con Moro (1964).
Nascere e vivere in Sicilia vuol dire fare i conti con un tessuto sociale dove la mafia è fortemente radicata. Lo scrittore Danilo Dolci, da molti ritenuto un mero agitatore politico, nel 1966 sostenne che i deputati democristiani Bernardo Mattarella e Calogero Volpe intrattenevano rapporti continui con la mafia e fu condannato per diffamazione a due anni di reclusione e 250milaLire di multe (la pena fu condonata). Il fratello Piersanti, ai tempi governatore della Regione Sicilia, nel 1980 fu ucciso dalla mafia mentre stava tentando di varare una giunta con il Partito Comunista.
Quando è stato chiamato a svolgere l’incarico di Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella era giudice della Corte Costituzionale. E qui verrebbe da ridere perchè, stante la consuetudine di venerare e difendere la Costituzione anche quando nessuno l’attacca, poi la si aggira nella pratica: la nostra Carta prevede votazioni per il Presidente della Repubblica con quorum decrescente al fine di cercare, almeno inizialmente, la più ampia convergenza; non, come ha fatto il premier Renzi, per stabilire prima a quale votazione la maggioranza del momento possa eleggere il Capo dello Stato, lasciando agli altri partiti il dilemma se prendere o lasciare. Inoltre, la Costituzione stabilisce il voto segreto invece i parlamentari hanno palesemente (e per certi versi ridicolmente) reso identificabile il proprio voto mediante il modo con il quale sono stati scritti e combinati nome/cognome del candidato eletto; la Presidente della Camera si è
indecorosamente prestata al gioco leggendo la scritta sulle schede pedissequamente, rendendo così possibile la conta e la verifica dei votanti. Pertanto, se la coerenza è ancora un valore in Italia, il nuovo Presidente Mattarella avrebbe rifiutare il mandato poiché, nei fatti, è stato eletto in maniera difforme da quanto previsto dalla Costituzione.