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Sergio Ramelli: dopo 40 anni la sua morte fa ancora paura

La sera del 27 aprile nella sala del consiglio di zona 3, in via Sansovino, a Milano, non molto lontano dai luoghi dell’omicidio di Sergio Ramelli, nel 1975, si è svolta una serata in suo ricordo.

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Il titolo scelto è indicativo: “Divide e impera: Milano burning: le radici dell’odio”. Si è  parlato di chi fosse in realtà quel ragazzino di 19 anni che una sera, mentre tornava a casa, fu aggredito a colpi di chiave inglese sulla testa da un gruppetto di studenti di medicina, aderenti ad Avanguardia Operaia.
Sergio Ramelli era un giovane come tanti: andava all’oratorio, gli piaceva studiare, giocava a pallone. Si era ritrovato a essere indicato come fascista per aver scritto un tema contro le Brigate Rosse.
Il tema era finito dalle mani del suo insegnante (pare sottratto) nelle mani di studenti di sinistra dell’istituto tecnico Molinari. Da quel momento, come hanno raccontato le testimonianze, Sergio Ramelli fu sottoposto, a scuola, a quello che al giorno d’oggi chiameremmo bullismo o stalking, se non avesse avuto una connotazione politica. Picchiato, indicato come fascista, vessato, vittima e perseguitato.

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I relatori hanno parlato di persecuzione di stampo razziale, intendendo così la persecuzione nei confronti che colpiva chi aveva idee di destra all’interno di una logica degli estremi opposti, che si fronteggiavano con violenza in una Milano martoriata dagli scontri degli albori degli anni di piombo.  Si era iscritto al Fronte della gioventù per reazione, sperando di trovare protezione dalle botte e dal bullismo cui era sottoposto. Alla fine aveva dovuto cambiare scuola, ma da lì a tre mesi,  erano andati a cercare sotto casa e lo avevano ferito così gravemente che, dopo più di un mese di agonia, era morto. Il 29 aprile 1975.
Durante la serata è stato proiettato parte di un documentario del regista Paolo Bessagli, che include le testimonianze, gli audio originali delle confessioni rese durante il processo dai suoi assassini, avvenuto dopo più di dieci anni dall’omicidio, le interviste alla madre e quelle agli amici, che raccontano la storia di Sergio Ramelli. Vale la pena di guardarlo anche se dura un’ora e mezza. E’ meglio di tante parole scritte.

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La serata, forse per la prima volta in questi 40 anni, è stata trasversale. Sergio Ramelli è stato ricordato dai movimenti di destra, dalla Lega Nord e anche dalla sinistra. In sala c’era Leo Siegel, giornalista e consigliere di zona per la Lega Nord, testimone diretto dei fatti. Prima linea lo aveva indicato come vittima predestinata per il primo anniversario della morte di Sergio Ramelli.

Nel 1976 era consigliere comunale a Milano, con l’Msi. Al suo posto, il 26 aprile 1976, Prima Linea uccise il consigliere provinciale dell’Msi Enrico Pedenovi, un avvocato con una vita con orari più regolari e quindi una vittima più facile da colpire. Il consigliere comunale di Milano Igor Iezzi, della Lega nord, nel suo intervento ha poi raccontato di come, nell’ultimo Consiglio Comunale, sia stata chiesta una sospensione per un momento di ricordo in onore di Sergio Ramelli e ci sia stato un consigliere di maggioranza (ancora oggi dopo 40 anni!) che ha votato contro anche se, poi, la proposta è passata ugualmente.

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Tra relatori e organizzatori della serata, il consigliere di zona Vincenzo Sofo (del laboratorio politico Mille Patrie), Rita Cosenza, Marco Mantovani, che ha militato nel FdG, e altri. C’era anche la consigliera di zona 3 del Pd Caterina Antola e il consigliere regionale Giulio Gallera di Forza Italia.

Ma chi ha fatto un grande passo è stato l’avvocato Davide Steccanella, che si può definire uomo di estrema sinistra e che nel 1989 fu l’avvocato di due degli accusati dell’omicidio di Sergio Ramelli. Steccanella è anche l’autore di un libro sul periodo degli anni di piombo. E’ sua la sintesi della storia del processo e anche la lettura del tipo di omicidio.

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E’ difficile spiegare ai giovani e ai giovanissimi quello che succedeva. Soprattutto è difficile spiegare perchè succedeva. E’ difficile anche per noi, che abbiamo tra i 50 e i 60 anni, leggere la storia d’insieme di quel periodo che abbiamo vissuto, con le stesse paure e le stesse esperienze di violenza vissute da Sergio Ramelli.

La sala del consiglio di zona 3 a Milano, per la serata in memoria di Sergio Ramelli

La serata, anche se con molte difficoltà e tesi che non sempre hanno convinto del tutto, ha avuto le sue conclusioni: la strategia degli opposti estremisti negli anni 70 ha creato una strisciante guerra civile, con i democristiani che si proponevano come governo e ottenevano il consenso facendo leva sulla paura che i gruppi extraparlamentari ispiravano. E’ stata una rievocazione, da tanti punti di vista, del periodo più buio degli anni di piombo, quando la lotta e la violenza politica non avevano ancora un fine diretto. Erano giovani di sinistra contro giovani di destra e alcune volte il contrario. Bisognava costruire l’odio e chi era identificato come fascista ne era la vittima… La spiegazione è quella data dalla sinistra che, ora, accetta, in parte, la responsabilità della morte di Ramelli.

Sergio Ramelli è stato ucciso per le sue idee. Idee non ancora mature, appena abbozzate, con una scelta di parte dettata più dalla casualità che da una scelta precisa di campo. Però, il fatto che sia stato ucciso perchè indicato come fascista, come se il fascismo fosse un fatto razziale, lo porrebbe al di fuori dalla sequenza di violenza e dal progetto delle forze politiche di sinistra di quegli anni.

Io personalmente non ho trovato questa spiegazione molto convincente. So che scrivendolo vado a cercarmi dei guai, intellettuali, ma secondo me il continuo perseverare dell’odio nei confronti del fascismo, un movimento storico morto con il suo fondatore, deriva dalla volontà di continuare a tener viva la sua parte antagonista, i partigiani, come se la sinistra non avesse altro cui aggrapparsi.

Come se la guerra civile di 70 anni fa non fosse mai finita e continuasse a rinnovarsi di 25 aprile in 25 aprile. I fascisti e i partigiani non esistono più, c’è però chi si identifica nei partigiani e, avendo bisogno di un nemico da odiare e colpire, identifica chi ha idee diverse dalle sue come fascista. Non è un caso, infatti, che chi si lancia oggi contro la Lega Nord e Matteo Salvini, ma anche contro i movimenti di destra, abbia gli stessi atteggiamenti e lo stesso vocabolario di chi ha ucciso Sergio Ramelli; questa è una riflessione mia, però la possibilità e il timore di un ritorno degli anni di piombo aleggiava sulla serata e potrebbe diventare un pericolo reale. Lo abbiamo visto la notte scorsa.

Il 29 aprile, nella chiesa dove si è svolto il funerale di Sergio Ramelli vi sarà una Messa, e poi seguirà un concerto in piazza, in sua memoria, sperando che sia la volta buona che, ricordando una vittima innocente, si riesca a seppellire, una volta per tutte, gli anni di piombo, quella maledetta guerra e tutti i seguenti 25 aprile.

Nota della redazione
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Ilaria Maria Preti

Giornalista, metà Milanese e metà Mantovana. Ho iniziato giovanissima come cronista, critica gastronomica e politica. Per anni a Tvci, una delle prime televisioni private, appartengo alla storia della televisione quasi nella stessa linea temporale dei tirannosauri. Dal 2000 al 2019 speaker radiofonica di Radio Padania. Ora dirigo, scrivo e collaboro con diverse testate giornalistiche, coordino portali di informazione, sono una Web and Seo Specialist e una consulente di Sharing Economy. Il futuro è mio

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