Sergio Ramelli, 29 aprile 1975- 2015. Quando uccidere un fascista non era reato
40 anni fa vietarono il suo funerale…. oggi ? Sto scrivendo di Sergio Ramelli. Apparteneva al Fronte della Gioventù. Chi leggerà capirà immediatamente di chi si tratta: il ragazzo di 17 anni aggredito a Milano a colpi di chiave inglese, la famigerata Hazet 36, che all’epoca, nel 1975, andava di moda come strumento di punizione per i “fascisti”.
Soltanto due degli aggressori, Marco Costa e Giuseppe Ferrari Bravo, colpirono Sergio, gli altri facevano da palo. Gli aggressori erano studenti di medicina facenti parte del servizio d’ordine di Avanguardia operaia soprannominato dagli altri gruppi “brigata coniglio”. Non conoscevano Sergio; avevano solo desiderio di mettersi in mostra. Non ho intenzione di scrivere dei suoi giorni di agonia e non scriverò la sua storia. Un libro la racconta dettagliatamente. Sergio Ramelli, barbaramente colpito e lasciato agonizzante su un marciapiede era reo di avere un’ideale, era reo di aver scritto un tema, a scuola, sulle BR.
Sergio Ramelli, ragazzo scomodo
Era un ragazzo scomodo in quegli anni, era preso di mira, picchiato più volte, minacciato più volte, ma non ha mai smesso di “credere”. Sergio è un “morto scomodo” qui a Milano; un morto da dimenticare. Ma ogni anno un CORTEO silenzioso si unisce in suo ricordo, l’anno scorso eravamo in 3000, abbiamo sfilato da Piazzale Susa sino davanti a casa sua, dove qualche giorno prima gli antifascisti avevavo spaccato il vetro della lapide con il nome di Sergio. Si sa, i vili non cambiano mai.
Questa storia mi ha sempre toccato il cuore. Immagino Sergio Ramelli come un giovane studente con la passione della politica. Lo immagino quando tornava a casa nel pomeriggio e cercava di rassicurare la mamma che tutto andava bene. Lei, sono certa, sapeva perfettamente quali pericoli correva il suo ragazzo. Non posso immagine il dolore nell’aver visto quel figlio agonizzante sotto casa e poi la speranza di riaverlo in famiglia. Una mamma sa sempre come vanno le cose, anche se non si è mai pronti alla morte di un figlio. Non so se la madre di Sergio ha mai perdonato.
E’ difficile pensare al perdono quando ti strappano un figlio in maniera così brutale. I camerati in tutti questi anni le sono sempre stati vicini. Credo aspettasse sempre con tristezza ma anche tanta gioia “il 29 aprile” quando tutti quei giovani arrivavano sotto casa, in silenzio, sfiorando l’asfalto della strada senza quasi far sentire la loro presenza. Poi, l’urlo di migliaia di persone: “Presente”. Un brivido, un nodo mi si stringe la gola anche ora che sto scrivendo. Un ragazzo barbaramente ucciso a cui è stato vietato un funerale 40 anni fa, perché era fascista.
Quest’anno le cose andranno diversamente. Ci sarà una Messa e una serata in suo ricordo. Quest’anno è il 40esimo anniversario della sua morte. Quest’anno più che mai sentiamo fortemente questa commemorazione, ma non dimentichiamo nulla, non dimentichiamo le frasi vomitevoli di alcuni slogan nei cortei della sinistra, «Tutti i fascisti come Ramelli – con una riga rossa tra i capelli». Andremo in piazza in un altro modo questa volta, senza il corteo silenzioso ma sempre uniti dagli stessi valori dagli stessi ideali, il nostro presente sarà più forte di quelli scorsi passati, comunque siano andate le cose noi saremo “presenti”. “Uccidere un fascista non è reato”
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