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Aziende che chiudono e ditte dismesse sono scenari diffusi e non più una rarità; chi vive in un condominio vede che aumentano il numero di famiglie che non vogliono fare spese straordinarie perchè hanno perso il lavoro o sono in cassa integrazione; lo spostamento della clientela dai supermercati tradizionali ai discount è un’ulteriore indicatore del fatto che di soldi ne girano meno. La crisi economica c’è e si vede, si sente; anche chi ha un lavoro teme di perderlo e il timore è fondato perchè ogni attività produttiva che chiude ne porta altre con sè, poichè i fornitori non vengono pagati e, di fatto, sono costretti ad accollarsi “de facto” i debiti di chi chiude. La situazione è brutta anche per i lavoratori, i quali cadono come birilli al seguito della cessazione di attività.
Eppure non per tutti è così. Una famiglia il cui padre è impiegato nella pubblica amministrazione, la moglie insegna nella scuola statale, il figlio è assunto in comune e la sorella titolare di uno sportello alle poste: costoro sentono il peso della crisi? Si può tranquillamente dire di no: per loro lo stipendio è garantito e puntuale. E gli stipendi? Fino a 20 anni fa, la sicurezza del pubblico impiego era bilanciata da uno stipendio mediamente più basso rispetto al
privato ma adesso non è più così: i salari migliori sono quelli pubblici. Chi lavora veramente – cioè nel privato – fa più fatica, deve dare una resa maggiore in efficienza e si sobbarca il rischio quotidiano di non avere certezze nè garanzie per il futuro e con la sua manodopera deve pagare lo stipendio a gente che non solo ricopre mansioni improduttive
ma per giustificare quelle scrivanie bisogna pure inventarsi un timbro da mettere su un certificato la cui utilità pratica è relativa e opinabile.
Non si capisce perchè gli effetti della crisi la debbano pagare solo alcuni lavori, quelli privati; a questo punto lo Stato inizi a licenziare o mettere in cassa integrazione tanti dipendenti pubblici quanto sono i licenziamenti delle ditte private (diminuendo così la spesa interna e creando i presupposti per l’abbassamento della pressione fisale), oppure diventiamo tutti dipendenti pubblici: o ci sono soldi, tutele e garanzie per tutti o altrimenti se alcuni devono
essere super-protetti e altri no, allora questa situazione non va bene e occorre bilanciarla. Oggi chi investe il proprio capitale in un’impresa è un incosciente: perchè rischiare quando la prospettiva è il pubblico impiego, cioè soldi tanti e fatica poca?
Articolo aggiornato il 29/04/2015 17:23