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La regina della cucina milanese è la cotoletta. Vi parlerò un po’ di questo piatto sublime prima di darvi la ricetta classica, tramandata da generazioni.
Deve essere rigorosamente di vitello tagliata dal carré, con l’osso, deve provenire da un vitello giovane (civett), deve essere di spessore costante, frollata almeno un giorno, accuratamente mondata da ogni “legamento” con l’osso, sfibrata appena col batticarne. La cotoletta così preparata si passa nell’uovo sbattuto, non salato, e quindi nel pangrattato, premendolo bene dalle due parti con il palmo della mano affinché rimanga ben attaccato alla carne.
Si cuociono nel burro spumeggiante in una padella larga e piatta, dove stiano comode, e si lasciano ben colorire da una parte sino a che si è formata una crosticina spessa, poi si girano e si fa fare la crosta all’altra parte. Abbassare allora il fuoco e far cuocere l’interno. Solo alla fine della cottura si salano altrimenti il sale formerebbe umidità e la crosta si staccherebbe. Nei tempi antichi l’impanatura era diversa, al pangrattato, rigorosamente casalingo e freschissimo, si univa del grana grattugiato. Oppure la cotoletta era prima passata in burro fuso, poi nel pangrattato, poi nell’uovo sbattuto e ancora nel pangrattato.
Da molti anni gli storici della cucina dibattono sulla paternità della cotoletta: alla milanese o alla viennese?
La diatriba potrà forse apparire di poco conto, al massimo degna di amabili conversazioni a tavola; ma nel secolo scorso a Milano le polemiche a proposito sono state acerrime e, a momenti, anche sanguinose, a causa delle evidenti implicazioni patriottiche.
A sostegno dei milanesi a un certo punto è intervenuto, con una missiva indirizzata al conte Attems, aiutante di campo di Francesco Giuseppe, un uomo che proprio tenero con i lombardi non si può affermare sia mai stato: il maresciallo Radetzky. Nella lettera Radetzky afferma di aver scoperto a Milano la famosa cotoletta e ne descrive minuziosamente la ricetta.
La polemica a questo punto sembrò placarsi, poiché i milanesi interpretarono l’affermazione del feldmaresciallo come un riconoscimento di identità culturale che spesso passa anche attraverso le tradizioni culinarie. Si racconta che il conte Attems, dopo aver ricevuto la missiva di Radetzky, abbia esclamato costernato: “Ahinoi, può nuocere di più all’impero una cotoletta che le mie prigioni di Silvio Pellico – basta una cotoletta e fortificare l’animo del ribelle lombardo e a disfare la vittoria di Custoza!”
Ingredienti: 4 cotolette di vitello con l’osso, alte un dito.:1 uovo freschissimo, pane appena grattugiato,burro, sale
Incidere la fascia esterna delle cotolette affinché non si arriccino durante la cottura, poi batterle leggermente. In un largo piatto fondo sbattere l’uovo poi passarvi la carne, quindi metterla in abbondante pangrattato premendo bene con il palmo delle mani affinché si attacchi perfettamente da entrambi le parti. In una larga padella che le contenga tutte in piano sciogliere gr. 100 di burro e appena è spumeggiante mettervi le cotolette e cuocerle a fiamma media sino a quando si è formata la crosta, poi girarle dall’altra parte e far fare anche lì la crosta. Solo ora salare e continuare la cottura per altri 5/6 minuti per cuocere bene l’interno. Servirle da sole con accompagnamento di purea di patate o sul risotto con il loro sugo. (Fonte foto: Osolaborioso su commons.wikipedia.org)
Articolo aggiornato il 09/06/2022 18:06