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Ci sono argomenti difficili di cui parlare e su cui ognuno ha la sua visione intima e che è giusto non giudicare mai. Oggi pomeriggio una tragedia ha toccato una famiglia di Casorezzo, residente in via Pascoli.
La famiglia si è quindi sentita dire che era finita, che aveva vinto il tumore e che non avrebbero passato gli ultimi mesi a consolare N. nella speranza che potesse succedere un miracolo che concedesse loro un po’ di più di tempo. N. è giunta al punto della sua battaglia in cui si capisce che non c’è più la speranza di riuscire a battere il nemico. Quel nemico su cui ormai nessuno può più dire bugie. Ha fatto un scelta. Una scelta basata sul dolore, sul non farcela più, sul vedere il proprio futuro senza uno sbocco, e sul non voler vedere la propria sofferenza riflessa sul viso di chi amava. Forse anche sul desiderio di non lasciarsi dominare dal destino.
Ci sono persone che dicono che, nel caso capitasse a loro, farebbero la stessa scelta; altri invece che preferirebbero sfruttare ogni secondo che resta a loro disposizione, in qualunque condizione. Un tempo la forza di affrontare la malattia e la morte ce la dava la certezza della fede. Più si soffriva più grande era il premio che ci aspettava. Si passava ugualmente un calvario. Oggi che la fede non è più così una certezza così forte, si fa una scelta forse più consapevole, ma anche più dolorosa per i malati e per chi sopravvive loro. Forse anche una scelta fatta troppo presto. In questi casi, però, si va oltre il giudizio. Non si può dire cosa sia giusto e cosa non lo sia, forse non esiste nemmeno il concetto di giusto o non giusto in questo caso, e non si può dire dove arriverà la comprensione di Dio che è l’unico che potrà capire.
Articolo aggiornato il 19/12/2015 22:01