La Lega Nord ha ragione sulla legge Merlin, ma nessuno lo riconoscerà
E’ difficile se non impossibile dar torto al segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, quando propone di tassare le prostitute e abrogare la legge Merlin; tuttavia non credo che la proposta avrà seguito per via dell’educazione sessuofobica impartita dalla società: il sesso viene visto non come divertimento reciproco ma come qualcosa di trascendentale che deve restare confinato nella sfera privata. Intanto sono state raccolte le firme per indire un referendum sull’argomento e a breve sapremo se nel 2015 si voterà su questo.
La chiesa alla base del sessuofobismo
La cultura religiosa in generale e non solo quella cattolica, chiede ai fedeli di arrivare vergini al matrimonio e condanna l’adulterio; tuttavia non si trova nei Sacri Libri una condanna divina all’attività sessuale fine a sè stessa la quale, se consenziente e vista come vicendevole scambio di piacere, non si capisce perchè debba essere proibita. Una ragione si trova invece sul piano logico pensando alla facilità con la quale numerose malattie possono essere trasmesse nel rapporto sessuale: aids, gonorrea, candidasi, epatiti virali, pediculosi, scabbia, sifilide, tigna…. pare quindi più ragionevole pensare che, quando non c’erano strumenti di prevenzione e cura adeguati, il modo più semplice per arginare contagi di massa fosse vietare il rapporto sessuale in quanto proibito da Dio.
Vizi privati e pubbliche virtù
Il risultato della cultura sessuofobica imperante è stato quello di rendere clandestini i rapporti esterni alla coppia: senz’altro così se ne diminuisce il numero, ma il problema sanitario resta alto, visto che l’attività del meretricio non è vincolato a periodici controlli medici; inoltre, il legame che si viene a creare con l’utente tende ad avere natura conflittuale in quanto chi si vende limita tutto allo scambio di denaro, mentre per chi “compra” dover pagare svilisce non solo il portafoglio ma anche la passione. Non c’è quindi da stupirsi se molti rapporti di questo tipo finiscono male, con rapine o pestaggi. Infine, siccome dove girano tanti soldi è impensabile che non ci sia chi li gestisce, se lo Stato rinuncia a farlo subentra la delinquenza a occuparsene, gestendo l’arrivo di giovani ragazze dall’estero e dividendosi le zone d’esercizio nelle città. Il guadagno che non prende lo Stato, lo prende così la mafia. La proposta di organizzare le prostituzione e tassarla come attività
lavorativa, garantirebbe entrate economiche per lo Stato, indebolirebbe le finanze della malavita e, mediante l’uso di adeguate prevenzioni e controlli, eviterebbe il diffondersi di malattie. Per la vittoria dei “Sì” a un referendum sulla prostituzione, occorrerebbe però cambiare la cultura popolare dominante, ma questo un partito non lo può fare; la Lega Nord ha lanciato il sasso, e questo è già molto.
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Come si può fare con la Convenzione ONU 1949/51 sulle case chiuse, che l’Italia, a differenza di altri Stati come la Germania e l’Olanda, ha definitivamente ratificato nel 1980 e l’articolo 75 comma secondo della Costituzione Italiana che vieta i referendum abrogativi sui trattati internazionali?
In più, la prostituzione in Italia è già tassata, grazie ai dettami dell’articolo 36 comma 34bis della Legge 248/2006, come chiarificato dalla Cassazione con le Sentenze n. 10578/2011 e 18030/2013.