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L’abolizione del voto popolare per l’elezione del presidente e del consiglio provinciale non è un fatto isolato, bensì fa parte di un disegno politico che mira alla soppressione dei governi territoriali per conferire ogni potere allo Stato centrale.
Va detto anzitutto che l’abolizione delle province è tale solo sulla carta: le funzioni restano insostituibili (viabilità sovracomunale, ambiente e tutela del territorio, smaltimento rifiuti, agricoltura, caccia e pesca, protezione civile, manutenzione scuole superiori, gestione centri per l’impiego) e i dipendenti pubblici non li tocca nessuno neanche se crollasse il mondo; l’unica cosa che viene effettivamente soppressa è il consiglio provinciale, cioè l’organo elettivo che esercita il controllo sull’operato della giunta. Abolendo non tanto la provincia quanto il consiglio provinciale viene meno la rappresentanza popolare e il controllo sulla spesa pubblica. Il commissario, magari un dipendente pubblico nominato dal governo centrale, potrà anche pagare 100€ una penna ma nessuno lo saprà né potrà opporsi.
In parallelo all’abolizione dei consigli provinciali (non delle province), continua l’attacco alle assemblee regionali. In questo caso è stata fatta leva sulla bassezza umana e sulla decadenza dei principi morali: prima si è consentita l’applicazione di una legge che permetteva ai consiglieri regionali di farsi rimborsare ogni cosa; quindi, mentre era in corso il festival della ricevuta, si è detto che non andava bene più niente e si è contestato tutto: è un modo di fare condivisibile, cambiare le regole a partita in corso?
Non si difendono certo i pezzenti (come altro chiamarli?) che si son fatti rimborsare scontrini raccattati forse nei cestini dei bar, però è lecito chiedersi se l’azione della magistratura sia mossa dall’aver improvvisamente scoperto la consuetudine che si ripeteva da anni oppure se l’intento è quello di screditare agli occhi dell’opinione pubblica i politici regionali e quindi l’istituzione stessa. Tutto il potere allo Stato La storia dovrebbe insegnare come va a finire quando la rivoluzione la fanno i magistrati: ai tempi di Mani Pulite fu usato il pugno di ferro con il pentapartito (Dc, Psi, Psdi, Pli, Pri) ma la sinistra fu trattata con il guanto di velluto: chi si ricorda di Primo Greganti? E negli anni a venire il Pool di Milano, protagonista di quella stagione, traslocò a sinistra: Di Pietro fu ministro nel primo governo Prodi, Colombo si schierò con il centrosinistra alle primarie del 2011, D’Ambrosio è stato senatore del Pd e Borrelli sostenne Veltroni nel 2008. E’ forse assurdo, stante il pregresso, pensare che dietro all’amministrazione della giustizia ci sia il disegno politico di cancellare province e regioni per dare tutto il potere allo Stato?
Articolo aggiornato il 29/11/2015 20:36