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TTIP e TISA: gli accordi internazionali che paralizzano l’economia nazionale

TTIP e TISA: gli accordi internazionali di libero scambio che paralizzano l’economia nazionale e non tutelano i diritti e gli interessi legittimi dei cittadini. Accordi da non firmare!

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Pochi sanno che a Bruxelles vi sono 1.700 individui, facenti capo a grosse imprese economiche e finanziarie internazionali, addetti al controllo e al suggerimento della legislazione comunitaria, soprattutto per ciò che riguarda le Direttive rivolte agli stati della UE.

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TTIP e TISA: gli accordi internazionali che paralizzano l'economia nazionale

Lo dice in un rapporto la Corporate Europe Observatory (Ceo), che è un gruppo di ricerca internazionale, con sede centrale in Olanda (e, dal 2009, anche a Bruxelles), con ramificazioni internazionali (soprattutto Usa, India e Scandinavia), e che denuncia da anni l’influenza di cui godono gruppi di pressione economici e finanziari nel processo decisionale dell’Unione europea.
I provvedimenti adottati in sede comunitaria, come è noto, hanno peso sempre più rilevante anche all’interno della legislazione dei singoli Stati, finendo per incidere su materie transnazionali come il commercio, gli investimenti, l’agricoltura, il degrado ambientale, i cambiamenti climatici, l’energia, la povertà, le emarginazioni, la fame nel mondo.

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In un suo articolo, Andrea Baranes scrive:
“Il mondo finanziario in massima parte responsabile dell’attuale crisi, continua a lavorare indisturbato, mentre al culmine del paradosso sono Stati e cittadini che la stessa crisi l’hanno subita a ritrovarsi con il cerino in mano e a dovere accettare sacrifici e austerità. La burocrazia europea procede a ritmi impressionanti quando si tratta di imporre vincoli e controlli, se non una vera e propria ingerenza, sugli Stati sovrani, i loro conti economici e le loro politiche. Ma dall’altra parte la bozza di Direttiva sulla tassa sulle transazioni finanziarie rimane impantanata tra infinite discussioni e veti incrociati. La separazione tra banche commerciali e banche di investimento, che tutti gli studi riconoscono come un passo essenziale per evitare il ripetersi di disastri come quello degli ultimi anni, è ancora un vago progetto”.

Ho già scritto in precedenza che i poteri forti sono rappresentati dai mercati finanziari. Le stesse persone che si identificano con questi mercati, sono le stesse che possiedono le multinazionali o siedono nei loro CdA, che controllano il petrolio, il mercato delle armi, le risorse minerarie, le materie prime delle nazioni sottosviluppate.
Sono quelle corporazioni che hanno creato la crisi del 2008 e che ha soffocato l’economia del nostro Paese e dei PIIGS. Sono quelle oligarchie che da anni insistono per ottenere accordi internazionali sul commercio e sui servizi con i Paesi dell’UE e di tutto il mondo (vedi NAFTA-Accordo nordamericano per il libero scambio, DOHA ROUND-negoziato commerciale multilaterale, fallito a novembre del 2011, TTP-Trans-Pacific Partnership), che promuovono la globalizzazione per rafforzare il predominio sugli Stati che hanno ceduto la sovranità politica, economica e monetaria.

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Questi mercati, che tanto piacciono ai neoliberisti come il governo attualmente in carica, ci stanno per imporre un trattato internazionale USA-UE sul commercio di capitali, beni e servizi, denominato TTIP (Transatlantic Trade of Investiment Partnership) e un altro trattato denominato TISA (Trade in Services Agreement), stipulato tra gli USA e altri 50 Stati, che assorbirebbe il 70% del commercio internazionale dei servizi. I negoziati di questi accordi, fra la Commissione europea e gli USA, avvengono in gran segreto e vanno avanti da luglio 2013.
Gli accordi si basano sulla necessità di eliminare le barriere tariffarie (TB), ma anche quelle non tariffarie (NTB). Le barriere non tariffarie sono costituite dalle divergenze normative tra gli Stati, che potrebbero danneggiare queste grandi imprese nella realizzazione dei profitti attesi. Tali accordi vanno oltre le tradizionali questioni commerciali (ad esempio, il protezionismo agricolo) e toccano vaste aree non correlate al commercio, tra cui le condizioni di lavoro, le regole ambientali, le politiche sull’espropriazione e la capacità di imporre controlli sui conti capitale in caso di crisi finanziarie.

Il contenzioso sulle controversie che dovessero sorgere tra le grandi imprese e gli Stati, sarà affidato ad un collegio arbitrale internazionale, composto da arbitri superpagati dalle multinazionali, che fanno solo gli interessi dei colossi, multando quello Stato che intendesse proteggere i diritti più fondamentali dei suoi cittadini, quali la salute e le condizioni di lavoro, o che favorisse i produttori locali. Un meccanismo di risoluzione delle controversie che avvantaggia il potere più forte.
L’Unione Europea ha una legislazione molto restrittiva in materia di somministrazione di ormoni agli animali e dispone molti controlli, ma in diversi paesi europei, compresa l’Italia, esiste comunque un commercio di sostanze illegali utilizzate nell’allevamento. Negli Stati Uniti, invece, la legislazione è diversa e più permissiva: per esempio, l’ormone della crescita può essere impiegato nell’allevamento dei bovini, perché secondo la Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia governativa responsabile dei controlli sui farmaci e sul cibo, non comporta rischi seri né per l’uomo, né per gli animali.

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In Europa vige il principio di precauzione, ex art. 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Il principio di precauzione permette di reagire rapidamente di fronte a un possibile pericolo per la salute umana, animale o vegetale, ovvero per la protezione dell’ambiente. Infatti, nel caso in cui i dati scientifici non consentano una valutazione completa del rischio, il ricorso a questo principio consente, ad esempio, di impedire la distribuzione dei prodotti che possano essere pericolosi ovvero di ritirare tali prodotti dal mercato. Negli USA si pratica il principio “della prova scientifica di nocività”.

Questi negoziati devono essere resi noti e devono essere trasparenti. Vogliamo sapere cosa si decide sulla testa dei cittadini, quali conseguenze si potrebbero ripercuotere sulla nostra salute, sull’ambiente e sulla tutela dei lavoratori, ma, soprattutto le ricadute sulla nostra economia nazionale, avendo smantellato gran parte del sistema produttivo privato e pubblico italiano. Non vogliamo diventare terra di conquista di multinazionali, che produrranno nei Paesi a costi di manodopera bassi e ci imporranno le loro regole antidemocratiche e i loro prodotti senza l’indicazione di origine della produzione o degli ingredienti sulle etichette, e che distruggerebbero la biodiversità dei nostri prodotti.
Chi vuole firmare per la trasparenza di questi accordi troverà la petizione a questo link di Chang.org.
Per approfondire: circolodegliscipioni.orgstopTTIPitaliawww.estense.comwww.aspeninstitute.it (Fonte foto: Gobierno de Chile su Commons wikipedia)

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Silvana

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