Beni comuni e diritti. Analisi e pensieri
L’espressione Beni Comuni è direttamente concatenata ai diritti fondamentali e raggiunge una dimensione anche più ampia.
Ultimamente abbiamo sentito spesso parlare di acqua bene comune, energia, ambiente e territorio, ma anche di istruzione, salute, lavoro, casa, mobilità, comunicazione e informazione, alimenti, Stato, servizi pubblici, uguaglianza, inclusione, benessere sociale e psichico, solidarietà, sono tutti beni comuni e diritti. Ecco. Essi sono minati dalla cultura dell’individualismo, “demonizzati” dalla cultura neoliberale fino a diventare beni di esclusione da privatizzare e mercificare.
Oggi quasi tutte le risorse naturali sono proprietà di qualche multinazionale, il mercato delle armi connesso alla finanza e quello del petrolio ci tengono sotto scacco, il datore di lavoro ci ricatta e ci schiavizza per poche centinaia di euro al mese. La spazzatura ci sommerge perché anche i rifiuti sono preziose merci di profitto e del loro riciclaggio se ne fa speculazione. Essi potrebbero rappresentare una risorsa se lo Stato investisse direttamente per produrre utilities come energia, gas naturale, acqua, fertilizzanti.
Molti paesi del terzo mondo soffrono ancora a causa di dittature che hanno negato ai loro popoli beni e diritti più elementari e necessari come l’acqua, il cibo, l’istruzione, la salute, la casa, il lavoro. Senza questi l’uomo non possiede una dignità per essere considerato tale. Sappiamo che negli ultimi anni questi problemi si sono estesi anche ai paesi “occidentali” e li viviamo sulla nostra pelle. I politici nulla hanno fatto per risolvere i problemi della crisi economica, ma hanno applicato ricette che hanno aggravato la malattia, elogiando all’Europa dell’egoismo individuale in modo irresponsabile, fino a diminuire anno dopo anno i nostri diritti. Da un lato il popolo e le sue angosce e dall’altra un’élite di poche migliaia di persone che accumula ricchezze inimmaginabili, sottratta ai lavoratori col ricatto e ai risparmiatori con l’inganno, mentre la nostra classe politica spadroneggia nelle Istituzioni e aggredisce i redditi dei più deboli sottoposti a sacrifici immani, offrendo in cambio programmi virtuali.
Alcuni di voi si ricorderanno quando negli anni novanta vennero privatizzati servizi come le telecomunicazioni e le ferrovie dello Stato, per citarne alcuni, quando si moltiplicarono le tv commerciali con telespettatori indotti a scegliere il “miglior” programma che sostituiva alle nostre coscienze tutta la spazzatura mediatica, degenerante della condotta umana. Sì, molti di noi, anziché aprirsi al mondo, si intrattenevano con la soap opera preferita, con programmi di veline svolazzanti sempre più svestite, con beceri talk show dove azzuffi tra galline consumavano la cultura, mercificavano e vanificavano valori e dignità. Mentre i governi inneggiavano alla privatizzazione del pubblico brutto e cattivo. Molti giovani, che domani dovranno trovare ingresso nel mondo del lavoro, sono alienati dalla movida, dall’alcool, da droghe, dalla tossicità di farmaci inappropriati, dalla dipendenza del gioco, dalla disoccupazione dilagante. Modelli di comportamento che accrescono le manie di protagonismo e conducono alla depressione.
Per tutelarci dagli effetti della privatizzazione è nata la figura del Garante che non ha garantito un bel nulla. In nome del puro profitto non abbiamo più un referente reale, ma spesso veniamo collegati a un call center, magari in uno dei paesi dell’est Europa, e inoltriamo i nostri reclami a una voce sfruttata da soggetti senza scrupoli, senza riuscire a risolvere un bel nulla, se non pagando un prezzo che aggrava la nostra impotenza e accresce la nostra frustrazione che si tramuta spesso in depressione.
I risparmi dei lavoratori e dei pensionati, accumulati con sacrifici, sono spariti nel nulla in pochissimi anni e la Cassa Depositi e Prestiti, che gestisce il piccoli risparmi, ne fa uso elargendo prestiti a privati che acquistano aziende per pochi denari e ottengono concessioni di servizi pubblici dello Stato, mentre la loro fruizione da parte dei cittadini diviene sempre più difficoltosa e a volte inaccessibile. L’obiettivo primario dell’imprenditore privato non è quello di garantire i servizi al cittadino, ma quello di realizzare il massimo profitto.
Con la privatizzazione delle banche e con la speculazione finanziaria, la politica si è progressivamente sempre più asservita ai poteri forti e ai mercati finanziari, rendendosi sempre più distante dal cittadino e dai suoi bisogni. Una politica che negli ultimi venti anni ha ridotto drasticamente il diritto al lavoro massacrando le piccole imprese con una produzione globalizzata, sminuendo il lavoro di piccoli produttori, sacrificando la mobilità dei pendolari divenuta disagevole perché i trasporti pubblici sono “aziendalizzati” da privati che hanno drasticamente ridotto il numero di treni regionali rendendoli carri di deportati. Gli ospedali pubblici sono stati soppiantati da cliniche private finanziate con denaro pubblico, le Unità Sanitarie Locali (USL) sono state ridenominate Aziende Sanitarie Locali (ASL) con l’ingerenza dei privati convenzionati e dirigenti pagati a peso d’oro per speculare sulla salute delle persone lasciando allo Stato il costo della manutenzione delle strutture.
I negozi di periferia, che vivacizzavano la socialità dei clienti del quartiere sono spariti e hanno lasciato posto a locali vuoti, spesso occupati da agenzie del credito, agenzie immobiliari o agenzie assicurative che nel frattempo si sono moltiplicate a dismisura. Ogni giorno spariscono migliaia di ettari di terreno agricolo e sorgono grossi complessi residenziali e noi siamo costretti a rivolgerci alla grande distribuzione governata da mercati finanziari e speculativi che ci impongono modelli di alimentazione dal sapore omologato di cibi precotti e di scadente qualità, consumati nei grossi centri commerciali. Le famiglie del ceto medio basso vi trascorrono il week end concedendosi qualche cinema e un pasto in un fast food di una catena multinazionale con alimenti farciti di additivi che rendono i bambini obesi e poco propensi al movimento. Si spendono così gli ultimi spiccioli rimasti dopo aver pagato balzelli di ogni genere e l’affitto. Un tempo, quando la società non era così gravemente malata, si godeva di gite fuori porta o picnic all’aria aperta, dove i bambini potevano inventarsi giochi in movimento. Anche i giochi da tavolo che pure sviluppavano capacità strategiche per l’accesso al mondo, non si usano più.
No. Forse oggi quei giochi non ci divertirebbero più. C’è la play station con tutti i video games che trattengono bambini incollati ad una scrivania, canali che trasmettono cartoon 24ore, trasmissioni che alienano la mente. Oggi i giocattoli sono tutti uguali, prodotti da multinazionali, giochi sofisticati che cancellano la nostra immaginazione, ogni spazio cognitivo del nostro cervello. Non importa se non sappiamo più scrivere le parole correttamente, perché sul nostro computer c’è un correttore automatico che ci solleva anche da questa responsabilità.
Ecco, siamo diventati degli irresponsabili e ci facciamo travolgere da modelli televisivi che ci portano ad acuire l’individualismo e scegliere la via del protagonismo. Il merito è sostituito dall’appartenenza a un ceto sociale garantito. La solidarietà è diventata una parola vuota e obsoleta, quella solidarietà che invochiamo e non troviamo.
Bene, oggi ci viene presentato un conto. Un conto molto salato che dobbiamo pagare a caro prezzo, con la perdita dell’occupazione, di una scuola sempre meno garantita, con una prevenzione sanitaria inesistente che causa malattie spesso indotte da frustrazioni e stress e perdiamo la capacità di soddisfare le nostre curiosità, i nostri interessi più nobili.
E tra non molto gli ultimi beni ancora di proprietà dello Stato, e quindi dei cittadini, andranno in quelle mani private che ci rendono solo dei consumatori, mentre ci depredano i sogni, le aspettative, la dignità, la spensieratezza e il lavoro. L’uomo senza un lavoro non vive. Occorre ricollegarsi con la propria coscienza e meditare sul futuro che ci attende, un futuro molto prossimo di poche speranze. Meditiamo! Se i politici che ci governano ci rendono un popolo di consumatori, se le nostre ore di lavoro vengono sottopagate perché siamo schiavi della produzione globalizzata e le aziende nazionali chiudono, allora siamo in mano a dei traditori dello Stato che non ci rappresentano più. Siamo in presenza di spergiuri sulla nostra Costituzione arroccati nella loro Torre d’Avorio.
La tecnologia informatica ha portato senza dubbio tanti benefici, ma ha aumentato la disoccupazione riducendo gli occupati da 10 a 1, la stessa cosa è successa con la delocalizzazione delle industrie, ma nel contempo entrambe non hanno ridimensionato il prezzo di vendita dei prodotti il cui costo di produzione si è drasticamente ridotto. Si è invece moltiplicato il profitto di questi “imprenditori internazionali” che hanno accumulato quantità enormi di risparmio sottratto ai consumatori.
Ecco, se questa è la realtà, il pianeta è destinato ad estinguersi fra non molto. Ma se si vuole farlo sopravvivere a questo ignobile attacco, occorre che la ricchezza sottratta all’economia dei Paesi e accumulata in agenzie finanziarie in paradisi fiscali venga rimessa nelle tasche di chi potrà spenderla affinché l’economia sana riprenda la strada dello sviluppo e della convivenza sociale. E se la manodopera è in sovrabbondanza e si crea disoccupazione, allora bisogna ripartire le ore di lavoro utili alla produzione fra tutti i potenziali lavoratori, senza per questo ridurne la retribuzione. E’ l’unico modo che potrà consentirci di salvare il pianeta. Tutto il resto, programmi miracolosi della politica, battibecchi recitati, accordi di governo per legittimare la casta e i suoi gregari e mantenere lo status quo servono ad appannare la realtà.
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