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Vi chiederete che cosa c’entra la filologia: è una domanda che io stesso mi sono posto in tutt’altri ambiti iniziando a studiare la figura di don Giuseppe De Luca, prete romano (così amava definirsi).
Questi, attraverso una “reductio ad unum” cioè superando le distinzioni tra una filologia laica ed una religiosa in Italia, riuscì a “sprovincializzare” la cultura italiana del primo novecento sia che fosse laica ma viepiù clericale e curiale. Così, anche per suo merito, si pervenne a quella “maturazione” che consentì di arrivare ai tempi del Concilio Vaticano 2° con i presupposti per farne quella grande assise “aperta” verso il mondo contemporaneo. Con altre parole, la cifra della straordinaria figura intellettuale del “prete romano” fu nell’avere, con lo studio, “predisposto e diffuso una visione culturale dei problemi politici, religiosi e umani del suo tempo”.
Ora, da cittadino del mondo in cui “ogni uomo è mio fratello”, colgo l’occasione dei referendum ad Ossona, per potere ripensare il “percorso” della Lega Nord (per tanti versi opportuna e pregnante di significati) usando il metodo del grande “prete romano” e cioè “tenere alta l’indagine storica e letteraria e risollevare erudizione e filologia”. E tutto ciò, in parole normali, potrà voler dire che tutto si può fare, ivi compresa la indizione di referendum, a condizione che la “gente lombarda”, nella cultura, si riappropri coscientemente della propria identità o, che è lo stesso “ritrovi le proprie vere, integrali radici”.
Pertanto “la lega Nord”, se vuole autenticamente “mettersi a servizio” (questo il significato intimo di politica) del “popolo padano” non può sottrarsi essa stessa alla primordiale domanda: da dove vengo, dove vado, chi sono oggi? Ed ancora: con i miei slogans “puritani e interessati” punto effettivamente alla realizzazione del “bene comune” o ritorno improvvidamente al “particulare” di gretto machiavellismo?
Rispondersi si può… solo che si voglia ripercorrere la cultura, la storia d’Europa e soprattutto d’Italia a partire non solo dagli anni della (per tanti versi illuminata) presenza austriaca nel Lombardo-Veneto, ma dai “travasi”, dagli “apporti anche di sangue” che hanno “perfuso” e rifondato anche economicamente, a partire dal 1860, le regioni d’Italia. Certamente è giusto che il lombardo assuma il baluardo di Pontida come radici sue profonde ma fermarsi lì, sarebbe fare “karakiri” sulla identità attuale che è chiamata, nell’era del “villaggio globale” a confrontarsi in valenza planetaria.
Articolo aggiornato il 12/01/2022 21:12
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Caro Giuseppe, mi è piaciuto molto il tuo articolo. Giux ci ha visto giusto, anticipandomi che mi sarebbe piaciuto.
E' prudente, delicato e pieno di domande, dalle quali traspare la curiosità e il rispetto. Non c'è un solo accenno di pregiudizio, ma delle giuste domande. Spero di poterti dare man mano le risposte